Il Castrum di Ferraria
Con l’insediamento medievale di Ferraria si ha la certezza storica e archeologica
che sui Monti della Tolfa si praticasse l’estrazione e la fusione del ferro e della galena
argentifera. Il<<Castrum>> di Ferraria è posizionato a Sud—ovest di Allumiere su di una collina denominata localmente e
sull’ I.G.M. <<La Roccaccia>> per indicare qualcosa di distrutto o
abbandonato. Ha un’altitudine sul livello del mare di 385 m.<<La
Roccaccia>> domina la vallata del fosso <<Marangone>> ed è posizionata sopra ad
uno dei più importanti distretti minerari di tutto il comprensorio, essendo
presenti nei suoi dintorni numerosi minerali quali: la limonite, l’ematite, la
magnetite, la marcassite, la pirite, il rame,il cinabro, le ocre, la fluorite
e la galena. La zona circostante <<La Roccaccia> > presenta una frequentazione
archeologica sin dall’ epoca etrusca. Si
deduce dal racconto di alcuni minatori che, durante
i lavori eseguiti negli anni cinquanta per allargare la strada che
conduce alla miniera di marcassite in località <<I Pozzi>>, avrebbero rinvenuto
una tomba corredata da piccole ceramiche ( balsamari e profumatoi) che purtroppo non sono stati
recuperati. Appartengono al periodo repubblicano alcuni frammenti di ceramica etrusco-campana, un semisse,
moneta del periodo anonimo (del 182 a.c.). Il periodo imperiale è attestato dai
seguenti reperti rinvenuti tra i ruderi del <<Castrum>>
medievale frammenti di ceramica sigillata italica, due bolli laterizi, due
monete di bronzo, un asse dell’Imperatore
Antonino Pio (138-161 d.C.) e un centennionale di
Decenzio (351-353 d.C.) fratello dell’Imperatore Magnenzio.
E’ medievale il materiale numismatico recuperato tra gli stessi ruderi:
denari della zecca di Lucca a nome di Ottone e di
Enrico III o IV di Franconia e del tipo di
Ludovico III il cieco; monete paparine
della zecca di VIterbo del 1268, di Montefiascone del 1316 fino al 1342, un bolognino
grosso della Repubblica di Bologna a nome di Enrico IV (1191-1397) ,
mezzo grosso al nome di Federico II della zecca della Repubblica di Perugia coniate con ordinanza del 1471. Ciò che
resta del medievale <<Castrum>> di Ferraria è la torre a pianta probabilmente quadrata
di cui è visibile interamente un lato largo 5 m. costruito con pietra
locale . Attualmente l’altezza della torre è di circa 13m. e a
circa 4 m. è visibile un’apertura. Da notare che nei calcinacci di un recente
crollo di una parte della torre, è stata recuperata una scoria di
fusione. Altre strutture , probabilmente a
destinazione abitativa, sono appena individuabili sulle pendici del colle . Di
recente è stato è stato riportato alla luce il
perimetro di una Chiesa con alcuni fregi del portale. Il primo documento
in cui è espressamente menzionato il<<Castrum Ferrariae>> risale al 24 febbraio 1279. E’ il
testamento (nu8ncupativo ?) del Cardinale Diacono di S.Maria in Cosmedin Giacomo Savelli , futuro Papa
Onorio IV (1285-1287) redatto a Roma dal notaio Bardonier da Carcassonne in cui è detto; << item habemus in partibus Tuscie, Tuscanelle et Viterbiensis Diocesis, tres partes Castri Ferrariae.....>>.Contemporaneamente nomina
eredi testamentari il fratello Pandolfo ed il nipote Luca. Il 5 luglio
1285, pochi mesi dopo essere stato Papa, Giacomo Savelli confermò il testamento redatto sei mesi prima. Sembra che da questa conferma, Onorio IV sia divenuto unico
proprietario di Ferraria, poiché è precisato:<<...duos partes Scrofano cum Castro suo Ferrarie....>>
Si è giunti all’attribuzione del <<Castrum>>
ai Monti della Tolfa con il toponimo <<Roccaccia>>
e con l’annesso monte Ferrara soprattutto per l’esplicito
riferimento che si trovava nelle parti della Tuscia e sotto la Diocesi Viterbo-Tuscania.
Anche il Tomassetti pubblicò questo documento ponendo però accanto al nome di Ferraria un punto interrogativo, non avendo potuto
identificarlo in mancanza di altri riscontri. Nell’edizione della Campagna Romana riveduta e pubblicata nel 1976 Ferraria è stata associata a Tolfa Nuova, Monte Castagno e Valle Marina. L’appartenenza alla
Diocesi di Viterbo-Tuscania è ulteriormente
confermata nella raccolta delle decime sessennali (1274-1280) in cui si fa
cenno ad un cippo della Chiesa di Ferraria non utilizzabile <<quia fractum>>. In questa raccolta non è riportato il nome della Chiesa che tuttora resta ignoto. Dal Signorelli si apprende che nel 1287 il
Vescovo di Nepi, nativo di Corneto, nella sua qualità di Vicario spirituale del Patrimonio, delegò
il Preposto di San Biagio di Corneto quale
Commissario nei Castelli di Corneto, Montalto, Centocelle, Civitavecchia , Tolfa Vecchia , Tolfa Nuova , Ferraria e Tarquinia per
risolvere una lite riguardante il convento della Trinità di Viterbo. Sempre a Ferraria dovrebbe appartenere il documento
del 5 dicembre 1294 col quale i Priori e Consoli di Corneto restituiscono a Tancredi di Gerardo dai Ferraria tre scife d’argento prese in pegno dal Camerario del Comune
in occasione dell’accusa di violenze commesse da Tancredi nella persona di Benvenutello detto <<motanarius>>,
uomo di Pandolfo Savelli. Terminata la guerra
(1299-1300) tra le varie famiglie tolfetane per il possesso di Tolfa Vecchia, Sant’Arcangelo, Monte Monastero, Civitella e Rota, a seguito della quale il Comune
di Corneto si allargò territorialmente e
politicamente, nel 1308 lo stesso Comune riacquistò da alcuni nobili veneziani
i diritti sulle gabelle del sale e della vena di ferro che in precedenza erano stati acquistati seguenti veneziani: Pietro
Zeno, Filippo Cornaro, Giannino Esperianzio, Giannino di Vitale ed altri soci. Ferraria è di nuovo menzionata nella sentenza
emessa il 24 giugno 1319 dai Senatori romani Pietro e Giacomo Savelli sulla lite tra la Camera Urbana
ed il nobile romano Francesco de Gavellutis a
riguardo dei fondi che questi possedeva a sinistra del Mignone, comprendenti la Torre d’Orlando, la Torre
di Bertaldo e la spiaggia. Nel documento sono delineati i seguenti confini:<<....ab uno latere tenimentum Civitate Vetula, ab alio tenimentum Castri Ferrarie, ab alio tenimentum Centumcellarum, ab alio tenimentum Corneti, ab alio est mare>>il
documento chiarisce definitamente la
posizione topografica di Ferraria e della zona
circostante, come pure evidenzia il ricorso costante , forse storico, del nome
dei Savelli sulla Rocca di Ferraria . Per tutto il XIV non si trovano altre notizie su Ferraria, dovuto forse all’effettiva mancanza di documenti
oppure a causa della nota peste del1348 che dovette provocare
un presunto abbandono quanto meno temporaneo. Non si può escludere
nemmeno una continuità abitativa. Se ciò venisse confermato, si dovrebbe accettare che la politica-economica della
Rocca di Ferraria venisse gestita dai
Prefetti di Vico, cosi come è accaduto per Civitavecchia, Tolfa Nuova e Tolfa Vecchia. In tal caso si
spiegherebbe la notizia del \38° secondo la quale Francesco di Vico inviò delle bombarde alla Repubblica di Venezia
convalidando così i sopra esposti rapporti commerciali. Dal registro del
sale e del focatico pubblicato dal Tomassetti e che secondo l’autore risale al XIV secolo, Ferraria è tassata per 5 rubbia semestrali e , aggiungendo come termine di paragone, Tolfa Nuova per 30 e Tolfa Vecchia per 15. Secondo il libro del sale
e del focatico del 1416 Ferraria continua ad essere
tassata per 5 rubbia,,
mentre Tolfa Nuova e Tolfa Vecchia hanno una tassazione uguale alla precedente. Dal registro del 1446-47 Ferraria risulta tassata per 10 rubbia semestrali ed i termini di paragone restano invariati.
Indubbiamente questo aumento del consumo di sale
presuppone un aumento della popolazione che gravitava intorno a Ferraria. Se per Tolfa Nuova è ipotizzabile una popolazione di
900 abitanti e per Tolfa Vecchia la
metà ( somma che è riscontrabile anche con il numero degli uomini
superiori ai 14 anni che giurarono gli atti di vassallaggio a Corneto e che perviene per l’appunto a circa
500 abitanti), per Ferraria circa 100 abitanti.
Questo dato di fatto comporta di riflesso un aumento demografico e
probabilmente per conseguenza un aumento delle attività estrattive del <<Castrum>>.
Gli anni iniziali del XV secolo vedono per la
prima volta la presenza degli Orsini sui Monti
della Tolfa. Nel perdurare dello scisma, Giovanni
XXIII (1410-1415) infeudò Giovanni Orsini del
Vicariato di Tolfa Nuova, Ferraria, Monte Castagno e Valle Marina.Da parte sua Martino V (1417-1431)esonerò dal pagamento delle gabelle
del sale e del focatico la Comunità ed i Signori di Tolfa Nuova. Giovanni Orsini fu il fondatore
del ramo di Gravina. Con tale infeduazione , gli Orsini saranno sempre presenti
nelle vicende di questo Vicariato che di fatto si costituisce in un unico
Feudo diretto da Tolfa Nuova che era il
centro più importante e che veniva gestire la politica dei centri minori. Da osservare che tranne Valle Marina, probabilmente
destinata ad uso agricolo, gli altri tre insediamenti non rappresentano
altro che il bacino minerario dei Monti della Tolfa. Quindi ricorre costantemente il << leit motiv>>
della vocazione mineraria-metallifera. Tutte
le vicende seguenti avranno per tema dominante l’occupazione di Tolfa Nuova ed il suo ritorno alla Chiesa. Alcuni
esempi: 1431-322 Ranuccio Farnese tolse Tolfa Nuova a Giacomo di Vico che a sua volta
se ne era appropriato a danno degli Orsini; 11 marzo 1432 Giacomo di Vico si
riprese Tolfa Nuova e la fortificò. L’atto
conclusivo è del 1435 quando l’ esercito pontificio
(Vitlleschi,Farnese,Orsini)
tolse Tolfa Nuova a Giacomo di Vico e
la distrusse. Il 14 ottobre 1435, un mese dopo la decapitazione del Di Vico, il Prefetto Francesco Orsini figlio di Giovanni, primo duca di Gravina,
fu investito da Eugenio IV del Vicariato di Tollfa Nuova, Ferraria e Monte
Castagno. L’investitura era condizionata dal pagamento di un censo annuo
di 100 libbre di cera per il giorno dei SS.Apostoli, con il privilegio di imporre
gabelle e pedaggi oltre ad altre assoluzioni di censi non pagati.
L’investitura a Francesco Orsini<< pro se eredibus et successoribus>> è confermata il 12 aprile
1451 da Nicolò V il quale concesse il Feudo agli Orsini<<in perpetuum honorificum et nobile feudum>>
composto da Tolfa Nuova,Ferraria,
Monte Castagno e Valle Marina. Callisto III, nell’anno stesso della sua
elezione(1455), confermò il suddetto Vicariato agli Orsini. : il Prefetto di Roma Francesco, Marino arcivescovo diTaranto, Battista
priore di Roma, Antonio Conte di Gravina, i fratelli Giacomo e Alessandro
ed i loro successori. La conferma era perpetua. Apparteneva al priorato del S.Spirito di Corneto una <<pezza>>>di terra incolta di circa quattro stari ( due ettari), posta in località S.Angelodi Corneto. Il 4
marzo 1456, questa <<pezza>> di terra fu concessa a titolo di
permuta, al Sac. Luca di Tollfa Nuova che a sua
volta diede in cambio un<<Casalino>>
nella contrada di S.Nicola (nei pressi del Bagnarello) unito al Priorato stesso.
All’ufficio della Prefettura di Roma appartenevano diverse terre e
Rocche, in parte perché spettanti di diritto, in parte perché confiscate,
recuperate e restituite all’ufficio. Il seguente
esempio per comprendere l’importanza politica-territoriale della
Prefettura: Civitavecchia, Montagnola,Tolfa Nuova, Capralora, Vetralla, Carbognano, Rispampani, Orchia, Giulianello, Vallerano e Monteromano.
Il 31 luglio 1457Callisto III trasferi l’ufficio
della Prefettura e con esso il Vicariato (cioè la
gestione) dei suddetti territori al nipote prediletto Pier
Ludovico Mila Borgia. Dopo la
morte di Callisto III e dopo l’avviamento industriale dell’allume con le
conseguenti vicende politiche ed economiche, Pio II nel 1463 ristabili la famiglia Orsini nel possesso di Tolfa Nuova e quindi
anche di Ferraria. Con l’avviamento industriale
dell’allume avvenuto soprattutto nel territorio gestito da Tolfa Vecchia, l’asse commerciale-politico fino ad allora detenuto
da Tolfa Nuova si spostò decisamente
verso l’industria più fruttifera provocando un declino degli altri
insediamenti. Cosi nel 1470 fu distrutta da parte
della Chiesa la Rocca di Carcari e nel 1471 la più
prestigiosa Rocca di Tolfa Nuova. Dal momento che la Rocca di Ferraria dipendeva da Tolfa Nuova, forse anche Ferraria dovette seguire le sorti della Rocca
più importante che si trasformarono in tenute agricole. Le
documentazioni riprendono sul finire del XV secolo.
Nel 1484 Innocenzo VIII confermò il Vicariato di Tolfa Nuova, Ferraria, Monte Castagno e Valle
Marina per metà a Raimondo Orsini che aveva venduta l’altra metà all’ospedale di S;S pirito in Sassia. Ferraria è d i nuovo menzionata nel 1492 quando ALessandro VI confermò Tolfa Nuova, Monte Castagno e Valle Marina a Francesco Orsini, Duca d Gravina<<pro se et successoribus in perpetua sub annuo censo
consueto>>. Altra conferma agli Orsini da parte di Giulio II
nel 1504. L’ultima menzione del <<Castrum>>
di Ferraria risale al 1513. E’ in quell’anno che Leone X confermò la metà
del Vicariato di Tolfa Nuova, Valle Marina, Monte
Castagno e Ferraria a Ferdinando Orsini e fratelli, alle stesse condizioni
imposte da Alessandro VI. Nel capitolato per l’appalto dell’allume concesso nel
1578 dalla Camera Apostolica a Bernardo Olgiati e Gio.Francesco Ridolfi, tra l’altro è scritto:<<.perché nel careggiar li allumi a Civitavecchia ci è bisogno della tenuta di Ferrara a commodità della posta delli bufali promette la detta Camera che il Dohaniero pro tempore delle pecore
consegnerà ogni anno alli appaltatori
detta tenuta per il prezzo che li Grimaldi
( appaltatori tra il 1541 ed il 1553) e i moderni appaltatori
l’hanno continuamente havuta havendone essi bisogno per tale uso>>.
Ossia Ferraria era tenuta, serviva da
sosta per gli animali ed il Doganiere si faceva pagare la stessa somma
dalla metà del XVI secolo. Ulteriore dimostrazione della riduzione a tenuta si trova nella
Costituzione del 1580 emanata da Gregorio XIII. Tra i luoghi
che componevano la Dogana delle vacche e delle pecore nella Provincia del
Patrimonio figurano:<< Ferrara di vacche>> e
<<Ferrara di pecore>>. Dunque il territorio di Ferraria
sfruttato per fini pastorizi, una parte era destinato al pascolo delle vacche e l’altro a quello delle pecore, per conseguenza
il suo territorio divenne sterposo. Fu allora che
il 10 marzo 1589 Papa SIsto V, accogliendo la richiesta della Comunità di Civitavecchia che vedeva incrementato l’aspetto demografico, permise
alla Camera Apostolica di concedere in perpetuo l’intera tenuta di Ferraria di 316 rubbia.
La concesssione venne subordinata a determinate condizioni tra cui: entro i primi tre anni la
metà della tenuta doveva essere posta in condizione di essere seminativa, il
restante della tenuta doveva essere seminabile entro i tre anni successivi;
alla Camera Apostolica si doveva pagare come censo la metà del grano
occorso per la semina; la parte non seminata spettava al Doganiere
per il diritto di pascolo. Il 16 febbraio 1590 venne data esecuzione alla concessione
dividendo la tenuta in 222 parti che a sorteggio vennero spartite
fra altrettanti cittadini di Civitavecchia.
Altre distribuzioni della tenuta furono eseguite nello stesso modo nel secolo
seguente. Nel1653 è documentato che: << li detti Doganieri ( Giacomo e Leone
de Bettis) possono godere la fidia ( l’affidamento del bestiame) e l’herbatico
e pascolo e terratici, et allargare smacchiare nei luoghi riservati per le Lumiere nelle quali
tenute possa solo smacchiare e cavar quelli cespugli spini et altra legna morta eccetto la tenuta di Ferraria concessa dalla Camera Apostolica
agli uomini di Civitavecchia>>. Il territorio di Ferraria rimase
tenuta e come tale è documentata nel 1789 tra le tenute Camerali,
annessa all’appalto della Dogana. L’anno successivo il Consiglio Comunale di Tolfa , elaborando il
nuovo catasto, riconfermò la tenuta di Ferraria
nell’appalto della Dogana del Patrimonio. Nel 1826 la tenuta di Ferraria cambiò destinazione, dall’Appalto
della Dogana venne inserita in quello
dell’allume con 520 rubbia Questo è l’anno
dell’autonomia comunale di Allumiere con
l’assegnazione delle terre ammesse, la tenuta di Ferraria verrà inclusa nel Patrimonio del neo Comune. Nel nostro secolo si assiste
al ricorso storico che vede la tenuta di Ferraria ritornare alla sua originaria vocazione, quella estrattiva-mineraria. Nel 1918
la Società ILVA Altiforni e Acciaierie d’Italia acquistò le due concessioni perpetue di << Poggio della Stella>> e de <<La
Roccaccia>>. La Società diede un impulso maggiore alla ricerca del
minerale ferrifero rimettendo in funzione le vecchie gallerie
ed esplorando altre masse ferrifere che misero in
evidenza giacimenti irregolari di limonite. Dopo l’ILVA intervenne la B.P.D.(Bombrini Parodi
Delfino) che nel 194 ottenne la concessione di estrarre la marcassite in tutto
il Lazio compresa la marcassite de <<L a
Roccaccia>>. Il minerale veniva estratto da
una miniera a pozzo situata nelle immediate vicinanze dell’antico <<Castrum>>
di Ferraria ed il lavoro di estrazione da
parte della Società terminò intorno alla fine degli anni ’50.
da:
<<Lo sfruttamento degli altri minerali e metalli> di G.Cola, A.Berardozzi e M.Galimberti>> , Tolfa 1998.
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