Monte Monastero
Ricognizione Topografica e
Archeologica:
Il colle di Monte
Monastero si trova a nord-est dei Monti della Tolfa e a circa tre chilometri da Civitella Cesi, frazione del Comune di Blera. Un versante del colle è caratterizzato da una serie di
terrazzamenti, probabilmente opera dell'uomo, a testimonianza della sua
ininterrotta presenza dovuta prevalentemente allo sfruttamento agricolo -
pastorale. Un altro versante scende al Mignone alternando strapiombi a dolci declivi rendendo l'intero paesaggio molto suggestivo. La cima è costituita da tre modeste
alture che si susseguono l'una all'altra, la più elevata ha un'altitudine di m.
401 s.l.m. E' in questa che sono situati i resti del
Castello medievale. La sommità del colle è interamente coperta da un bosco di Sommaco Siciliano, pianta unica in tutto il
Comprensorio che probabilmente fu importata in
epoche passate, di certo conosciuta dai Romani com’è attestato da Plinio.
L'abbandono, l'incuria dell'uomo e dei tempi e la folta vegetazione hanno
cancellato quasi completamente l'insediamento medievale tanto che rimangono solo esili tracce e uno sperone di muro
(alto m. 4, lungo m. 4,60 e largo m.1,10). E'
costruito con pietra locale e blocchetti di tufo irregolari legati insieme da
malta ricca di calce e pozzolana. Purtroppo i pochi elementi a disposizione non
consentono neppure una parziale ricostruzione della pianta. Dalla cima,
particolarmente nelle giornate di tramontana, quando il cielo è sgombero da
nuvole, umidità e gas inquinanti si può godere di un
panorama che spazia tutto intorno: volgendo lo sguardo verso ovest si osservano
sullo sfondo il Tirreno, l'Argentario, il Giglio e gran parte del medio corso
del Mignone. Si notano inoltre: il colle di "Santa Maria", il " Casalone ", le spalle di "Montecocozzone" e "Sant'Arcangelo".
Verso sud si possono osservare: la Rocca ed il Paese di Tolfa, il Monte de "LaTolfaccia", il colle
de "La Tolficciola", "Monte Castagno" e
all'orizzonte la catena dei Monti Ceriti. Al di là del fiume Mignone si scoprono come tronchi di cono disegnati dalla naturale castelline tufacee di: "Grotte Pinza", "Pian Cistema", " Pian Conserva" e "Pian dei Santi". Guardando verso nord-est
si notano Civitella Cesi,
con la torre merlata del suo Castello, la piana del viterbese, con gli abitati di Montefiascone e Viterbo, e all'orizzonte i Monti Cimini. A sud di
Monte Monastero, a circa tre chilometri di distanza, c'è "Poggio Vaccareccia" con l'omonimo casale nei pressi del quale è visibile un " torcularium" ben conservato. Nelle adiacenze di "Poggio Vaccareccia" il toponimo "La Seppoltura" testimonierebbe qualche cimitero del passato. A fronte dei suddetti toponimi, si trova il bosco de "Le Macinelle"che si
estende fino al Mignone. Da informazioni locali,
apprendiamo che il toponimo prende il nome da alcune macine di pietra
appartenenti ad un antico mulino a vento. Dopo "Le Macinelle", seguendo il corso di Mignone, si
trova quello che sull' I.G.M. è denominato "Ponton del Cavaliere". Il toponimo è caratterizzato da una castellina tufacea che sta di fronte a "Grotte Pinza" sull'altra riva
del Mignone. Entrambe sembrano due porte d'accesso
alla bassa valle del Mignone appartenente , nel periodo etrusco, a Tarquinia. Entrambe presentano le strutture di
due "Pagi" romani, forse a derivazione etrusca. Su
entrambe si possono osservare le mura di cinta costruite con blocchi di tufo
sovrapposti. A "Grotte Pinza" sono ancora visibili: due porte d'accesso al
centro abitato, una strada ciottolata, le grotte, un cunicolo e soprattutto
emergono numerose vaschette ricavate nel tufo non ancora sufficientemente
studiate. Va aggiunto che la tradizione locale vi riconosce la presenza di
numerosi tesori. Sulla castellina de "Il Ponton del Cavaliere" l'antica presenza abitativa è
riscontrabile da due grotte, da frammenti di ceramica, più o meno depurata,
sparsi su tutta la castellina e particolarmente da
numerosi pozzi ricavati nel tufo tanto che il posto è localmente denominato "Le
pozze". Come in antico le due castelline stavano a controllare quanto meno lo snodo viario del
fondovalle, così nel Medio Evo l'Abbazia di S. Arcangelo, sulla sinistra del Mignone, ed il Castello di Monte Monastero, sulla
destra, sembrano la ripetizione del precedente dominio territoriale.
SULL'ORIGINE:
Una fitta nebbia di mistero
avvolge le origini di Monte Monastero (o Munistero)
mancando di fonti letterarie ed epigrafiche. Pertanto è possibile formulare soltanto delle ipotesi su deduzioni storiche e
archeologiche. Una delle ipotesi è che l'insediamento medievale risalga al
tempo dell'invasione e alla conseguente dominazione longobarda, quale presidio
militare, forse di confine, tra il Regno longobardo ed il Ducato romano. Di
fatto nel VII secolo i Longobardi avevano occupato Tuscania e gran parte del suo territorio raggiungendo verosimilmente il
tratto terminale del fiume Mignone che, è
documentato, segnava il confine del Vescovado tuscanense.
Va aggiunto che nel 739 Liutprando, con una
repentina azione militare, aveva occupato quattro
"castra Beati Petri " poste su altrettante arterie
stradali che conducevano a Roma: "Horta" (Orte),
"Polimartiurn" (Boinarzo),
Amelia e " Bleda " (Blera)
giungendo a controllare, per almeno un triennio, il medio corso del Mignone. Probabilmente anche gli insediamenti
confinanti con Monte Monastero, come S. Arcangelo, Tolfa Vecchia, Rota e Montecocozzone, sono sorti come presidi militari di confine. Comunque la presenza longobarda nella zona presa in esame è
riscontrabile da toponimi rimasti e forse da risultanze archeologiche. Non
lontano da Monte Monastero, a "Costa Lombarda" e a " San Pietro ", nei pressi
del Mignone, sono stati rinvenuti due complessi
sepolcrali a inumazione risalenti all'alto medioevo,
forse d'epoca longobarda. Va aggiunto infine che la presenza a Monte Monastero della famiglia dei Farulfo, di chiara origine longobarda, convalida
ulteriormente l'ipotesi esposta. La denominazione di Monastero data a Monte potrebbe far pensare ad un insediamento
monastico, ma nei documenti consultati non si fa mai cenno a qualche monastero. Una ipotesi potrebbe essere che il Monastero di San
Paolo di Roma avesse delle proprietà a Monte Monastero. Infatti nella conferma di beni fatta da Gregorio VII nel 1081 al
Monastero di San Paolo si legge di una donazione di un tal Farulfo: "Casavetuli, prope montern Soracti cum colonis et colonabus suis que dedit Farulfus comes tibi, qui sepultus est in monasterio tuo". Di certo il monastero di San Paolo aveva precisi interessi nel nostro
Comprensorio che sono documentati dal X al XIII
secolo: Papa Agapito Il (946 - 955) concesse al Cenobio romano "medietatem civitatis Manturane et totius territorius, cum colonis et colonabus suis"; nel
1218 Papa Onorio III concesse al Monastero di San Paolo i beni dell'Abbazia di Farfa, tra essi il Castello di S.Severa.
SOTTO VITERBO:
"Nos Comes Farulfus de Monte Monistero, pro nimio amore et delectione erga nos Comune Viterbiensis habuit et habet .......” con queste parole inizia il primo documento in cui è
espressamente menzionato Monte Monastero. Il documento è conservato
nell'archivio storico del Comune di Viterbo ed è un atto del 12 maggio 1141,
rogato dal notaio imperiale Gregorio, col quale il Conte Farulfo (2) donò al Comune di Viterbo i Castelli di Monte Monastero, Alteto, S.Giovenale e
S. Arcangelo. La donazione era subordinata all' obligo del Comune di Viterbo di porre sotto la
propria protezione la figlia di Farulfo, Kiera o Cleria. La stessa era andata in sposa a
Pietro Latrone (3) al quale, come dote, il Podestà
di Viterbo aveva dato l'usufrutto dei castelli di Monte Monastero e Barbarano. La Contessa, che sopravvisse al marito e
non lasciò eredi naturali, il 4 ottobre 1169 ratificò la donazione del padre.
Per il Savignoni ed il Signorelli queste donazioni sono apocrife. Riporta la cronaca: "capitando el dicto Imperatore
alla dicta Città de Viterbo, li fu facto
grandissimo honore, e feroli cortesia di loro medesimi, cioè el populo de Viterbo, et dicto Federico donò al Comune de Viterbo el castello di Monte Munistero, Altecto, Sancto Juvenale, et el castello di Sancto Archangelo. Anche li
donò Vetralla et la Roccha di Rispampani, Luni, Beassenzo, Mazzano, Planzano, et castri Lupardi".
L'entrata in Viterbo, che da circa un decennio parteggiava per Federico I, da parte dell'Imperatore è fatta risalire al luglio 1167, forse il 20,
per cui le concessioni di Federico o non furono registrate in uno speciale
diploma o questo andò perduto. Le date proposte dagli storici municipali viterbesi sulla donazione sono contrastanti:
D'Andrea e Della Tuccia propendono per il 1170, Bussi per il 1169, mentre Pinzi
e Signorelli, più verosimilmente, per il 1167, cioè l'anno d'entrata a Viterbo di Federico I.. Nel
1172 il Cancelliere Imperiale Cristiano di Magonza confermò il Comune di Viterbo nel possesso dei Castelli donati da Federico I.
Nel 1186 Enrico VI decise di occupare le terre della Chiesa e pose gran parte del suo esercito sotto il comando del Conte
Enrico di Colandrino (4) che sconfisse i viterbesi e incendiò Monte Monastero conquistando
anche il castello di S.Angelo (forseS.Arcangelo dei Monti della Tolfa). Nell'aprile del 1190 Enrico
VI restituì a Papa Clemente III: Viterbo, Centocelle (odierna Cencelle), Corneto ed altre città, Castelli e Rocche da lui conquistati nei territori dello Stato
Pontificio. Nell'atto di restituzione figura anche il Castello di Monte
Monastero. Celestino III, dopo aver incoronato Imperatore Enrico VI, nel 1193
fece visita a Viterbo e gli concesse "el Castello
di Monte Munistero, et donolli Barbarano".
Insomma dalle prime notizie risulta evidente come
Monte Monastero ruotasse sotto la giurisdizione del Comune di Viterbo. Il
distacco iniziò sul finire dell' Xll secolo. E' attestato che in quest'ultimo periodo Monte Monastero e Tolfa Vecchia appartenevano al Conte Guido di Santa Fiora. Alla sua morte gli eredi furono usurpati dei due
feudi dal Conte Ugolino (5) che aveva dei possedimenti in Centocelle (odierna Cencelle). L'azione
provocò l'intervento armato del Comune di Corneto. Il conseguente trattato di pace che seguì il conflitto fu
stipulato il 13 marzo 1201 presso Tolfa Vecchia: il
Conte Ugolino, con il consenso della moglie Sofia e dei figli Rainone e Rainuccio,
sottomise ai consoli ed al popolo di Corneto Tolfa Vecchia e Monte Monastero; si obbligò a dare
annualmente, nella ricorrenza di S.Secondiano, un
cero di dieci libbre; a pagare 1000 lire di denari pisani e a cedere i suoi
possedimenti di Centocelle. Quindi Monte Monastero passò
dalla giurisdizione di Viterbo a quella diCorneto. Questo passaggio provocò nel 1202
la nota guerra tra le due città. Viterbo pose il suo
esercito sotto il comando dei Capitani Giovanni di Cocco, Pietro di Fortiguerra e Pietro di Paolo; la battaglia avvenne
nei pressi di Montalto; i cornetani furono sconfitti e Monte Monastero ritornò sotto il controllo
di Viterbo. Si consolidò così l'espansione territoriale di Viterbo verso
il comprensorio dei Monti della Tolfa. Infatti a più riprese aveva vantato
diritti su Monte Monastero e Sant' Arcangelo, già
agli inizi del XIII secolo possedeva il Castello di Montecocozzone, nel 1211 aveva assediato e conquistato Tolfa Vecchia e nel 1220 aveva acquistato da alcuni
usurai di Corneto gran parte di Centocelle (odiernaCencelle).
Il Senato Romano, temendo l'espansione della rivale Viterbo in questa parte
della Tuscia, nel 1228 fece guerra a Viterbo: "li romani posero l'assedio ad Munistero contrabocchi e bombarde e manganelli, e, stando li,
l'hebbe per pacti Barbarano". Il Castello di Monte Monastero era
difeso da trecento fanti con a capo Orlando di
Pietro di Alessandro (6). Questi, con astuzia e grande coraggio, riuscì a resistere per 23 giorni ai ripetuti attacchi dei romani.
Orlando disponeva di una torre di legno che
sovrastava le mura del castello e con questa riuscì ad infliggere ai romani
gravi perdite tanto che questi, scoraggiati, si ritirarono andando ad assediare
inutilmente il Castello di Alteto che da poco tempo
era stato infeudato a Landolfo Tignosi. La guerra tra Roma e Viterbo si concluse nel 1233 con la mediazione di Gregorio IX.
Si stabilì che Monte Monastero divenisse una proprietà dei romani e che le mura
fossero parzialmente demolite: "et fu scarcato el Munistero e lì merli el pectorale delle mura del piano di Scarlano". Ma in considerazione della posizione
strategica del Castello, soprattutto per il controllo del "Passo di Viterbo"
(7), fecero si che a più riprese i romani tentassero
di riedificare le mura trovando un'opposizione da parte dei viterbesi. L'interesse di Viterbo su Monte
Monastero è documentato intorno alla metà del XIII secolo quando è attestato
che il Monastero di S.Martino di Viterbo possedeva
dei beni a Monte Monastero. Nella raccolta delle
decime del secolo XIII risulta che Monte Monastero
apparteneva alla Diocesi di Viterbo -Tuscania e
disponeva di tre chiese: S.Maria, S.Leonardo e S.Giovanni (8).
SOTTO CORNETO E LA
POPOLAZIONE:
Dopo la morte di Federico Il il Comune di Viterbo perse gran parte dei suoi possedimenti a tutto
vantaggio del Comune di Corneto, così anche Monte
Monastero seguì le sorti degli altri insediarnenti limitrofi che si erano sottomessi a Corneto. Già S.Arcangelo aveva giurato il "sequitamentum"
a Corneto nel 1201, 1238 e 1251. Similmente il 9
marzo 1256 il Visconte Pietro Alberie e 55 uomini
di Monte Monastero giurarono atto di sottomissione a Corneto. A distanza di pochi giorni anche gli uomini di Tolfa Vecchia e Civitella (Cesi) eseguirono il medesimo atto. Un altro atto
di sottomissione è documentato il 18 agosto 1283 quando un centinaio di uomini di Monte Monastero rinnovò il giuramento
di fedeltà a Corneto. Cercare di quantificare il
numero degli abitanti di Monte Monastero in questo periodo è estremamente difficile vista la quasi assenza di
documenti in proposito. E' possibile comunque proporre un stima approssimativa della popolazione in base al numero degli
uomini che giurarono il "sequitamentum" a Corneto nel 1256 e nel1283. Nel 1256 giurarono 56
uomini. Per avere un confronto va detto che per Tolfa Vecchia giurarono 110 uomini, per Civitella 18. Considerando che gli uomini firmatari
dell'atto di vassallaggio erano di età superiore ai
14 anni (forse i capi famiglia) e che ad ogni uomo corrispondeva un nucleo
familiare di circa 4 o 5 persone, si perviene ad un numero di 220 - 280
abitanti per Monte Monastero, a 450 - 520 per Tolfa Vecchia e a 50-70 per Civitella. Nel 1283 giurarono
per Monte Monastero 99 uomini a dimostrazione che sul finire del XIII secolo
era stato raggiunto un certo periodo di stabilità politica ed economica e
quindi la popolazione era quasi raddoppiata.
I GUASTAPANE:
E' documentato che sul finire
del XIII secolo Monte Monastero e Civitella appartenevano a Guastapane di Nicolò, della
famiglia dei Guastapane, Signori di Tolfa Vecchia e S.Arcangelo.
I Guastapane si erano divisi i Castelli di Tolfa Vecchia, S.Arcangelo,
Monte Monastero e Civitella, ma probabilmente la
spartizione era avvenuta in modo fraudolento per cui Guastapane del fu Guastapane,
Tancredi e Tebaldino suoi fratelli, Odduccio, Guittarello, Veraldo, Simone, figli del fu Guitto ed il loro
nipote Cola, Signori di Tolfa Vecchia e S.Arcangelo, sentendosi deleggittimati, attaccarono e scacciarono i loro parenti: Guastapane di Nicolò, Gepzio,
Pietro detto "Serracus" e Cecco, figli del fu
Martino, Cola e Puccio del fu Ugolino, Rainoncello del fu Graziano e Covelli di Jacopo, Signori di
Monte Monastero e Civitella. Il conflitto fu
cruento e con spargimento di sangue, forse rimase ucciso anche Nicolò di
Martino di Monte Monastero e Civitella. I feudatari
che furono scacciati si rivolsero al Podestà del Comune di Corneto, Pietro di Oddone di Vico. Questi, il
25 dicembre 1299 radunò un certo numero di cavalieri e fanti cornetani e si avvicinarono a Civitella. Il giorno successivo a Monte Monastero, il di Vico ordinò a Guastapane del fu Guastapane di uscire dalla porta del Castello e di
consegnarlo. All' invito, Guastapane del fu Guastapane declinò
l'ordine asserendo che il Castello era stato ceduto ai Conti dell' Anguillara e che attendeva l'arrivo di altri
esponenti della famiglia medesima. Il 28 dicembre Pietro di Vico scacciò gli
usurpatori da Monte Monastero con l'uso della forza. Con il consenso del Comune
e del popolo adunato nel campo fuori della porta del Castello di Monte Monastero, vicino alla via pubblica "Paiorella",
il di Vico nominò Graziano Silvene Sindaco, perchè fosse investito nel possesso di Monte
Monastero e Civitella con i territori circostanti e
i relativi diritti. Dal medesimo atto risulta che i
vecchi Signori furono reinvestiti dei loro possedimenti e si obbligarono a
giurare il "sequitamentum" al Comune di Corneto obbligandosi a: far pace o guerra secondo
il benestare di Corneto, eccetto che alla Chiesa,
all'Imperatore e al Comune di Roma; di offrire per la vigilia della festa di S.
Secondiano un cero di 10 libbre che doveva essere portato dai cavalieri in
corsa dalla porta di S. Pancrazio fino al Palazzo del Comune; di non vendere,
donare o alienare i suddetti Castelli a comunità, baroni o a qualsiasi altra
persona senza l' autorizzazione del Comune di Corneto.
Il 30 dicembre 1299, presso S. Arcangelo, Guastapane del Fu Guastapane, Signore di Tolfa Vecchia e S. Arcangelo, a nome suo, dei suoi fratelli e dei
nipoti, mostrato un atto redatto dal notaio Giovanni di Tolfa Nuova, giurò di essere "cives et fidelis" a Corneto e di non molestare in alcun modo i Signori
e i vassalli di Monte Monastero e Civitella, pena
1000 marche d'argento. Il 6gennaio 1300, presso Corneto, Odduccio e Veraldo,
figli del fu Guitto insieme con i loro fratelli
Simone e Giuttarello, il nipote Cola e i loro
consorti giurarono il "sequitamentum" per la quarta
parte dei Castelli di: Tolfa Vecchia, S. Arcangelo,
Monte Monastero, Civitella e "castro" Rota, al
Comune di Cometo.
LE ALTRE NOTIZIE:
Come altri insediamenti della
zona così pure è documentato che Monte Monastero, sotto il pontificato diBonifacio VIII (1294 -
1303) era soggetto alla tassa sul fuocatico. Il 1
novembre 1331 Orso e Jannuzzo dell' Anguillara cedettero Fogliano al nobile Coluzio di Rainone di Graziano, espressamente indicato come
condomino di Monte Monastero. Dopo la sottomissione militare operata dal
Cardinale Egidio Albornoz, tutti i Signori del
Patrimonio dovettero giurare fedeltà alla Chiesa. Così, nel 1354, presso Montefiascone, giurarono: "Petrutius Putii dictus Scarca et Bartholomeus Cole Ugolinutii, domini Montis Monasterii, pro indiviso, Angelinus et Jannes Cole Ugolini, duo ex dominis Montismonasterii, pro parte ipsorum". Alla sua morte, nel 1363, Giovanni I, dei Conti dell' Anguillara del ramo di Capranica, lasciò agli eredi testamentari dei
diritti su Monte Monastero e Civitella.
LA TENUTA:
Ben presto sia Monte Monastero
che Civitella furono ridotte ad una tenuta agricola. Nel 1450 "Necairi da Bieda dè avere per lo servitio de 2 mesi a
guardia delle' erbe de Monte Monastero e Civitella dal 10 ottobre al 10 dicembre 1450 ducati
2 bol.24". "Nicola da Viterbo dè dare due. 5 che tanto li feci pagare per bovi e cavalle messe nell' erba (di frodo) de Civitella e Monte Monastero". Per acquistare il diritto di poter
pascolare l'erba della tenuta di Monte Monastero e Civitella, per il periodo settembre 1450 maggio 1451, occorrevano 60
ducati. Per lo stesso periodo, per acquistare il diritto di pascolare tre
quarti della tenuta di Civitavecchia occorrevano 525 ducati, per quelle di Vetralla, Bieda, Luni e S.Giovenale ducati 500. Per la tenuta di S.
Agostino ducati 100. Nel 1450 il proprietario della tenuta affittata di Monte
Monastero e Civitella era un certo Giglietto da Capranica:
"Giglietto da Capranica de recontra dè dare duc. 60 d'oro lì di contanti a
Roma a lui proprio per erbe de recontra duc. 60". "Giglietto dè avere duc. 60 per erba de Civitella e
Monte Monastero avute da lui per la Camera da S. Angelo de settembre 1450 a S.
Angelo de maggio 1451". Nella tenuta di Monte Monastero e Civitella potevano pascolare 3064 pecore e745 buoi;
ogni 100 bestie "grosse" (cioè cavalli e buoi)
pagavano duc. 25 mentre per le
pecore il prezzo era di duc. 5 ogni100. Nel 1469 Civitella,
Monte Monastero, Ischia e Viano erano considerati
tenute della Dogana per 8002 pecore e "bestie grosse" per una rendita di duc. 633. A conferma che gli Anguillara vantavano diritti su Monte Monastero è riportato che nel 1554 i "casalis" di
Monte Monastero e Civitella furono venduti da
Caterina Anguillara al Cardinale Federico Cesi. Lo stesso Cardinale ricostruì il borgo ed il
Castello di Civitella che da allora prese il nome
di Civitella Cesi. Nel
1674 Civitella Cesi con
tutte le sue proprietà, compresa la tenuta di Monte Monastero, fu acquistata da Giovan Battista Borghese e da questi passò ai Pallavicini.
Nel 1813 Luigi Pallavicini vendette il tutto a
Giovanni Torlonia. Questa famiglia ha posseduto la
tenuta di Monte Monastero fino alla riforma agraria degli anni '50 quando le fu espropriata dall' Ente Maremma, che la suddivise
in vari poderi.
CONCLUSIONI
E' ancora presto trarre una
valutazione storica complessiva di Monte Monastero datala cronica mancanza di
documenti e soprattutto di finalizzate indagini archeologiche, tuttavia una
preliminare sintesi potrà aiutare a comprendere meglio la sua evoluzione
storica onde inserirla in un contesto più generale
dell' intero Comprensorio. Come tanti altri insediamenti così anche il Castello
di Monte Monastero è posizionato in un luogo
classicamente medievale: arroccato sul monte più alto della sua influenza
territoriale e difendibile in ogni versante dalla natura e in parte dall' opera
umana. Occupa una posizione centrale del medio corso del Mignone controllando e dominando la sottostante vallata e facendo da
punto di riferimento geografico tra i Monti della Tolfa e la zona del viterbese. Non ci
è ancora pervenuto uno specifico documento sulla sua origine, però da
una valutazione complessiva è possibile proporre l' ipotesi della sua origine
longobarda, inizialmente come presidio militare trasformatosi in insediamento
monastico e poi in Castello medievale spiegando così la sua posizione ed il suo
nome. Le prime notizie storiche risalgono al XII secolo e ci mostrano il Castello sotto la giurisdizione politica
del Comune di Viterbo che, in contrasto con il Comune di Cometo, aveva esteso il suo dominio territoriale sino ai Monti della Tolfa. Nel XIII secolo Monte Monastero passò sotto la giurisdizione del Comune di Corneto seguendo le
sorti di Tolfa Vecchia. E' nel
XIII secolo che i Signori di Tolfa Vecchia sono
anche Signori di Monte Monastero; assieme agli uomini di Tolfa Vecchia anche quelli di Monte Monastero si sottomisero al Comune
di Corneto; è sempre dello stesso secolo la lotta
tra Tolfa Vecchia e Monte Monastero per la
spartizione dei vari Castelli. E' a seguito di tale lotta che il Comune
di Corneto, richiesto ad intervenire, avocò il
territorio conteso. Tra la seconda metà del XIII secolo e la prima metà del
secolo successivo Monte Monastero raggiunse il suo
splendore. Monte Monastero fu anche conteso tra Viterbo e Roma e i suoi Signori
più prestigiosi furono i Guastapane e gli Anguillara del ramo di Capranica. Raggiunse una popolazione di circa 450
abitanti ma ne lXIV secolo è possibile avvertire un inesorabile declino. La causa può essere
imputata alla nota peste del 1348 che dovette provocare una storica decimazione
di diversi altri insediamenti medievali. Nel XV
secolo Monte Monastero è ridotto a tenuta agricola e come tale è acquistata dal
Cardinale Federico Cesi. La tenuta passò poi ai Borghese, ai Pallavicini ed infine a Giovanni Torlonia. Negli anni '50 fu
espropriata e frazionata dall' Ente Maremma. Oggi
non resta che il toponimo e qualche frammento di rudere. Note:(1) Sommaco Siciliano - Rhus Coriaria.Detto anche Sornmaco dei cuoiai (esiste anche un Sommaco dei verniciatori, RhusVerniciflua). La voce sommaco, deriva
dall'arabo Sommaq, che significa essere alto, lungo. Rhus deriva dal greco Rhous,
che è l'antico nome dell'albero. Questi nomi ci fanno dedurre che questa pianta fosse importante nell'antichità, che fosse
conosciuta sia dai greci, sia dai romani, che dagli arabi. E' un arbusto alto
da 1 a 4 metri, caratteristico dei luoghi aridi ed incolti, è presente in tutta
l'Italia centro meridionale dove si trova però sporadicamente, spesso relitto di antiche colture; è invece molto diffuso in
Sicilia, e nei paesi più caldi della zone mediterranea. Ha foglie iparipennate e pelose. Le infiorescenze sono
formate da pannocchie pelose, dense ed erette, di colore bianco giallastro. Ha un midollo molto sviluppato, secerne un lattice
biancastro. E' ricco di tannino, che viene usato
nella concia delle pelli delicate come il "marocchini" ed in tintoria. La
raccolta dei rami fogliati va fatta da luglio a
settembre, il prodotto, detto Sommaco, che contiene
fino al 30% di tannino, viene messo in commercio in
foglie od in polvere. Rhus Verniciflua, Albero della lacca, o Sommaco dei verniciatori. E' una pianta della Cina e del
Giappone, secerne una linfa vischiosa e velenosa, che applicata col pennello,
ed in più strati vetrifica, tanto da poter essere levigata, acquistando
lucentezza, viene chiamata lacca. (Nota del Dott. Pier Luigi Vignati) (2) Il Conte Farulfo discende forse da Ropa,
figlia di Sifredo che possedeva il Castello di Bagnaia. La prima notizia sui Farulfo risale all' 875 quando Ludovico Il
cedette al Cenobio Casauriense tutte le proprietà
prese nella Tuscia a Farimundo di Fara e a Farulfo del fu Farulfo. Altri Farulfo sono documentati in
Viterbo nelXII secolo. (3) Forse appartenente alla
famiglia dei Latro (Petri Latronis) Conti della Sabina. Innocenzo Il (1 130 - 1143) come pegno per una somma di denaro
ricevuta, concesse a Pietro Latro i diritti su Civitavecchia, Cere, sul Castello del Sasso e sul Castello di Carcari. (4) Secondo il Pinzi,
Enrico di Colandrino, o Calandrino, è da
identificarsi con il Conte Enrico di Roccisburgo il
quale, per ordine di Enrico VI, compì in quell' anno altre azioni simili nei dintorni del Lazio. Negli Annali Bolognesi è
menzionato il 4novembre 1209 un certo Hericus de Calendino "imperialis aule marcicalcus". (5) Per il
Pinzi, Ugolino dei Niccolidi, per il Wustenfeld, Ugolino discende da un casato al tempo
degli Ottoni. (6) Sembra che gli Alessandro siano di
origine franca con capostipite Alessandro dal cui figlio Pietro, vissuto tra il
1188 ed il1230, derivarono: Pietro, Rollando e Orlando. Altro figlio di Alessandro fu Raniero, vissuto tra il 1215 ed il
1244. Gli eredi di Orlando di Pietro di Alessandro
ricevettero dal Podestà di Viterbo notevoli gratificazioni, riconosciute nello
Statuto del 1251. Ciò lascia supporre la riconoscenza per la difesa condotta a Monte Monastero. (7) Il cosiddetto "Passo di
Viterbo" consiste in un guado situato lungo il corso del Mignone nei pressi degli attuali toponimi "Marano" e "Marcomora".
Nel Medioevo era sicuramente controllato rispettivamente: sulla riva destra dal
Castello di Monte Monastero; sulla riva sinistra dall' Abbaziadi S. Arcangelo. L'importanza del
guado è riscontrabile fino agli ultimi decenni quando gli allevatori tolfetani lo attraversavano per condurre il
bestiame ai mercati viterbesi seguendo la via Doganale. E' tradizione che gli allevatori si recassero a Viterbo 2 volte all' anno durante le
fiere di maggio e di settembre. Per percorrere la strada con i cavalli
impiegavano circa sei ore; con le mandrie partivano in serata e giungevano nella serata del giorno successivo. (8) Nella raccolta
delle decime è scritto: "Presbiter Antonius elericus S.Marie Montis Monasterii solvit XL
sol. papar.; Leonardus Renone Santese S.Marie Montis Monasterii solvit quibusdam redditibus ipsus eclesie XXIV sol. papar.; Presbiter Antimus clericus S.Marie de Monte Monasterio solvit 1111 papar.; Presbiter Gentilis clericus S.Leonardii eiusdem loci solvit Il
sol. papar.; item in cippo S.loannis Monti Monasterii III lib. et VIII sol. et IV den.; item in cippo S.Marie eiusdem loci XI den. papar."
Antonio Berardozzi - Giuseppe Cola
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