SOCIETÀ IN PARTECIPAZIONE
PER LA RICERCA ED ESCAVAZIONE
DEI CARBONI FOSSILI NEL TERRITORIO DI TOLFA
RAPPORTO SCIENTIFICO
SUI LAVORI ESEGUITI E SULLO STATO ATTUALE DELLE MINIERE
DEL PROF. G. PONZI
SUI LAVORI ESEGUITI
E SULLO STATO ATTUALE DELLE RICERCHE ED ESCAVAZIONI
DEI CARBONI FOSSILI
NEL TERRITORIO DI TOLFA
ROMA
TIPOGRAFIA DELLE BELLE ARTI 1860
Sulle alture del Monte Castagno a fianco del bacino di Tolfa prende origine un torrente che porta la denominazione di fosso Cupo, e che scendendo entro il bacino istesso raccoglie per via acque sempre maggiori per condurle nel erginese, e con questo scaricarle nel fiume Mignone presso Rota. Lungo il decorso di quel fosso si mostra un luogo formato di roccie calcari argillose di un color nero, ed esalanti odore bituminoso, rese manifeste dalle abrasioni esercitate dalle acque correnti. Noi non sappiamo se queste roccie, che tanto facilmente chiamano l'attenzione del viandante, siano state mai avvertite nei secoli trascorsi , avvegnaché alcuna notizia di esse o non ci venne tramandata, ovvero si perdette come fu di tanti altri lavori montanistici pratticati su quei monti. Peraltro egli è certo che in tempi più prossimi a noi un proprietario del luogo chiamato Stefano Bonizi, conosciuta in quelle roccie la virtù di ardere e atte a dare un profitto, fece appello ad una società perché volesse intraprenderne le ricerche. Ma sia che in quel tempo 1'abbondanza del combustibile vegetale alienava lo spirito d' intraprese , sia perché i bisogni dell' industria sociale non richiedevano tanti soccorsi, sia infine perché le cognizioni montanistiche si erano quasi cancellate presso di noi, il fatto è che niuno rispose a quella chiamata, e la speculazione del Bonizi andò frustranea. Da questo caso peraltro ne derivò la publica notizia; di maniera che tutti incominciarono a ripetere che fra tante ricchezze mineralogiche della Tolfa si rinveniva anche il carbon fossile. Ma ciò non bastò perché nessuno vi si rivolse, finché i due fratelli Angelo e Giuseppe Bonizi discendenti dello stesso Stefano, nelle loro ricerche dei prodotti tolfetani , ponendo mente a quelle roccie ben ne conobbero l'entità, e l'estenzione a tutto il Monte Castagno, e parte delle giogaje di Montisola. Sperimentatane quindi la facile combustione e notate le numerose impressioni di piante fossili scolpite su quelle roccie, facilmente argomentarono essere queste un indizio molto probabile di un deposito di vero carbone nascosto entro tali formazioni, e capace di essere utilizzato specialmente in un paese come quello di Tolfa, laonde domandarono al Governo una concessione a nome di Giuseppe Bonizi, la quale ottenuta per anni 50 col canone stabilito di una pissida del valore non minore di scudi 15 all'anno, diressero più precise indagini dove il loro giusto criterio le suggeriva , e il luogo prescelto fu appunto lo stesso fosso Cupo, tanto perchè quivi le roccie si presentavano più cariche di carbonio, quanto perchè ad un più basso livello meglio sondando il terreno, maggior numero di strati si sarebbero esplorati. Quivi si pratticarono vari tasti, e fra questi un taglio verticale di metri 13 in altezza, per il quale comparve una lunga serie di sottili strati carbonosi ripiegati in strana forma che si approfondavano nel suolo, e messe così allo scoperto quelle roccie, si vide la convenienza dell'apertura di un pozzo di ricerca onde giungere a conoscerne l'estenzione. Di fatti questo venne aperto ad un livello più basso, e fu di metri 4, quadrati di ampiezza, e approfondato metri 10.
Per questa operazione le roccie di quella contrada si manifestarono formate di un alternanza di calcarie e schisti argillosi intercalate da durissimi quarzi , tutte contenenti la solita sostanza carbonosa , le medesime foglie e steli di piante, associate a spine e squamme di pesci. Ma la depressione della contrada, il livello a cui erasi giunti, e le prossime sorgenti presto vi determinarono un versamento di acqua, per cui si ricorse alle pompe onde far progredire un lavoro reso difficile e pericoloso. Si pratticarono contemporaneamente altri taglia cielo aperto, quanto sui fianchi tanto sull'alto del Monte Castagno, e costantemente si rinvennero le medesime roccie imbevute di carbonio, coni segni delle strane convulsioni a cui erano stati soggetti quegli strati, i tormenti e le alterazioni sofferte pel sollevamento dei monti. Ciò servì benissimo a chiarire le idee ad argomentare la possibiltà di rinvenirvi raccolte o letti , non di semplici roccie imbevute di carbonio ; ma di vera materia carbonosa capace a dare un vistoso vantaggio alla nostra industria, tanto più che in tutto lo Stato romano, fin qui quel fenomeno di natura solo si osserva nel territorio tolfetano.
Allora i Bonizi concepirono l'idea di formare una società in partecipazione a fine di spingere innanzi le ricerche; ma pria di por mano all'opera, vollero consultar l' opinione del prof. Giuseppe Ponzi molto esercitato negli studi di quelle contrade, sia per averne fatta la carta geologica, sia per ricerche speciali dei minerali che vi si rinvengono. E di fatti portatosi questi sulla faccia del luogo, e analizzata partitamente quella regione, incoraggiava i Bonizi a non desistere da un impresa , la quale sebbene non si trattasse di un vero suolo carbonifero, come in altre contrade europee, questo probabile combustibile sarebbe riuscito utile quanto una vera houille, specialmente in un paese , che presto o tardi sarebbe risorto pe i suoi prodotti montanistici, meglio che non fiorì negli andati tempi.
Il detto Professore vide la necessittà di un analisi speciale delle roccie e dei fossili contenuti, onde determinare con precisione a quale epoca della Terra rimontino quelle formazioni e qual natura presenti il minerale desiderato, e così dar fondamento, per agire con cognizione di causa. Dalla composizione pertanto di quelle roccie e da un confronto delle osservazioni già fatte in altre contrade dell' Italia centrale, e specialmente del nostro Stato, si venne a conoscere che la giacitura delle roccie componenti i monti tolfetani devonsi riferire a quel punto della scala stratigrafica corrispondenti alla parte superiore del sistema cretaceo che passa al terziario eocenico , vale a dire che in quel luogo come altrove le roccie si compongono di calcarie argillose compatte, e di marmi palombini intercalati da schisti argillosi, o dalla scaglia dei geologi italiani.
Quanto ai fossili contenuti, questi confermano pienamente un tale giudizio. Imperocché tutti quelli che coi nostri mezzi si poterono riconoscere , vennero determinati , gli altri furono rimessi a Pisa ond' essere studiati dal celebre paleontologo italiano il professor Meneghini. Le piante riconosciute furono; grossi tronchi di Muse indicanti chiaramente il loro organico tessuto, ripieno di puro carbonio, con le loro larghissime foglie che sebbene frammentarie, pure chiaramente si dimostrano, e in numero prodigioso: impressioni di tronchi di Dracene: foglie pinnate di piante leguminose: e gigantesche foglie di una Spherococcites organizzata a modo di un ventaglio. tino a qualche metro di diametro, colle sommità frastagliate e dentate, tutte famiglie di piante proprie di climi tropicali. Quanto alle reliquie degli animali contenuti in quelle roccie cretacee carbonose, son da notarsi varie specie di pesci Gicloidi, finqui incogniti ai paleontologi , rappresentati dalle loro squamme e dalle Ittiodoruliti o spine. Ma ciò che épiù rimarcabile, perché indizio certo di quella formazione, sono lunghi pezzi di Numertiliti o vermi marini articolati, di specie parimenti poco o punto conosciuta, di notevole grossezza , e taluno di più di un metro di lunghezza, e ravvolto in spire a modo di serpente, impressi fra gli strati delle calcarie palombine.
Da tali ricerche non solamente si è potuta stabilire con precisione l'epoca
di formazione geologica, ma eziandio che il carbonio contenuto entro le roccie, assolutamente deriva dalla decomposizione di quelli stessi vegetabili racchiusi, in tanta quantità da lusingare il rinvenimento di un deposito di carbone.
Riguardo alla natura del combustibile puro venne questo procurato dai
fossili contenuti e specialmente dai grossi tronchi di Muse che ne presentano
entro il loro organico tessuto, onde so ttoporlo ad analisi per quanto era permesso. È questo di un color nero di pece , a frattura concoide e lucente
brugiato all'aperta aria, arse con fiamma lunga spargendo un fumo denso con
odore grato e proprio di quel genere di combustibili, indicante purezza della
materia, lasciando un ben piccolo residuo di cenere formata da un poco d'argilla cotta : venne arso in un crogiuolo di platino chiuso, e mandò fuori moltissimo gas illuminante convertendosi in coke leggierissime scoriaceo e spumoso, che tornato ad ardere mostrò molto minor forza , lasciando il solito
residuo di cenere. Laonde si può argomentare da queste analisi, che i carboni di Tolfa sebbene compresi nella classe delle ligniti , contengono molta
quantità di gas, e perciò poco atti ad essere ridotti in coke, ma che adoperati come si estraggono, contenendo poca materia eterogenea o cenere, possono essere capaci di un prodotto approssimativo a quello delle formazioni
houilliéres.
Parlando delle roccie contenenti questa specie di combustibile, non dobbiamo tacere delle piriti che contengono, come quei minerali che molto influiscono a rendere le materia più o meno utile. Su certi punti delle contrada di Monte Castagno prese ad esplorare , una sottile rete di filoncelli di ferro ossidato si diffonde entro gli strati carbonosi, il quale spesso si rinviene convertito in grafite o carburo di ferro per la combinazione dei due elementi messi a contatto, ferro e carbonio, ma nella più gran parte dei luoghi questa rete sebbene innocua, manca del tutto, e gli strati schistosi ne sono assolutamente liberi. Nella stessa guisa si comportano le piriti le quali sembrano originate dallo stesso ferro cangiato in solfuro per addizione dello zolfo, e che si manifestano in piccole masse cristallizzate brillanti, associate a piccole masse di Selenite o gesso , derivate ancor essi dall' elemento solfureo combinato col calcare. Queste piriti che sono di non piccolo nocumento in tutte le miniere di carbone, fortunatamente in quelle di Tolfa sono poche, ristrette solo in alcuni luoghi, e superficiali. Imperocché dove queste ricorrono, nell'abassarsi di livello o si diradano o scompariscono del tutto. La quale osservazione ci pose nella lusinga che il nostro carbone estratto da notevole prefondità, possa essere assolutamente libero di quella peste.
Conosciutane la natura si passò ad esperimenti prattici, applicando quelle roccie carbonose a varie cotture. Allora si videro spiegare una forza inaspettata, imperoché poste alla fucina di un fabro, e attivata la fiamma, lo sviluppo del calorico giunse a tal grado da fondere la roccia matrice, in colature scoriacee, continenti ancora carbonio, per cui tornano a brugiare fino al totale esaurimento, della qual proprietà accortosi un fabro tolfetano ha incominciato a farne uso per la lavorazione del ferro.
Questi medesimi schisti furono spediti alle Ferriere di Bracciano , perciò venissero trattati in quelle officine. Quivi il minerale di ferro oligisto dell'isola dell'Elba si fuse, e si purgò con essi in un tempo minore che non suole essere coi combustibili vegetali , ma siccome non si fece attenzione agli schisti carbonosi condottivi contenenti le piriti , così il ferro risultante si trovò acre e facile a spezzarsi. Similmente avvenne del massello trattato collo stesso combustibile, non però dei tagliuoli trattati prima col carbone di legna, che si mantennero di buon ferro in tutto il restante della lavorazione. Che se si fosse meglio atteso ad usare degli schisti di Monte Castagno non solforosi, l'esperimento sarebbe stato coronato di un felice successo. Frattanto ha egli servito ottimamente a dimostrare la forza calorifica dei nostri combustibili fossili di Tolfa.
Poste queste roccie in un forno a riverbero in breve tempo cossero completamente la calce, e il sasso alluminoso più duro (estratto dalle cave di Allumiere, Bajocco e Gangalandi), che con carbone di legna in aperte fornaci richiede 5 ore di calcinazione, venne intieramente cotto in 3 ore di tempo. Con ottimo successo fù adoperato altresì nelle fornaci a mattoni come in quelle a retro; e in brevissimo tempo disperse il mercurio contenuto in alcuni minerali del luogo posti in un piccolo fornello, Dopo tali esperimenti così felicemente riusciti, i fratelli Bonizi non dubitarono più di por mano all' impresa, con tutte quelle cautele necessarie a raggiungere lo scopo. Laonde consultati gli amici concorrenti spontanei ali' impresa istessa , proposero la società in partecipazione , formandone tanti carati di scudi cento l'uno, onde sopperire alle spese fatte e da farsi, e questi, associati in un numero conveniente, si dichiarò formata la società in partecipazione per la ricerca ed escavazione dei Carboni fossili nel territorio di Tolfa.
Mentre si tenevano queste prattiche, i fratelli Bonizi onde meglio conseguire l' intento chiamarono sul luogo un riputato ingegnere di miniere per istabilire una regolare lavorazione. Questi esaminata la contrada di Monte Castagno, e vista la possibilità del desiderato rinvenimento, a fianco dello stesso fosso Cupo , ove evasi già scavato ; ma sull'opposta sponda e ad un livello più alto, determinò l'apertura di un pozzo da prolungarsi indefinitamente fino ad incontrare il minerale carbonoso. Stabilita una lavorazione ad uso d'arte venne aperto il detto pozzo della larghezza di metri 2 : 10, e lungo metri 2 : 50, munito di tettoja perché fosse difeso dalle pioggie e corredato di burbora , corde , carriole , ed ogn' altro istromento necessario all' esecuzione di simili lavori.
Questo pozzo di mano in mano che scendeva sotterra , venne armato con telari, tavole, e scale, non trascurando nel tempo istesso di fare prima la collezione delle roccie attraversate, onde procedere con cognizione di causa. Giunti a certa profondità s' incontrarono acque filtranti fra le roccie tagliate, che si versarono entro il cavo con grave incomodo dei lavoranti. Ma conosciuto che tali penetrazioni non discendevano oltre gli otto metri, si convenne aprire attorno il pozzo una piccola galleria di scolo, perché le acque venissero deviate, e condotte lungi dalla lavorazione. Eseguita questa, si ottenne completamente l' intento, e la operazione procedette speditamente. I banchi attraversati hanno costantemente dimostrata quella solita alternanza di calcarie palombini, scaglia e schisti
argillosi di una potenza variabile,
se non che ad ogni ricorrenza calcare costantemente s' incontrarono traccie di carbone in uno straterello nero con impressioni di piante fossili (1).
Giunti alla profondità di metri 22:: 00 ecco due strati di roccia eminentemente carbonosa uno grosso metri 0: 10 l'altro metri 0: 08 e fra loro distanti metri O : 20. La materia di questi letti asciugata dalla solita umidità, hanno facilmente brugiato con fiamma lunga, simile alle pure ligniti della Tocana. Sotto di esse sono tornati a comparire i soliti palombini e argille , e con essi sono ricomparsi le Sferocciti, le Muse, le spine di pesci, corpi sferici, forse zoofiti, e una Nemertilite simili a quelle già citate nelle operazioni primitive.
Alla profondità di metri 28 : 50 la roccia si cambiò in gran parte in una sostanza sabbiosa sciolta e bianca contenente un arnione di petroselce o focaja, misto a cristalli di carbonato calcar e, e dopo di esso ricomparve un grosso banco di palombino di un cupo color verdegrigio, che tosto si converte in color cioccolata o di un rosso marrone, indicando essere giunti a quel punto in cui le roccie istesse cambiano di colore , vale a dire dove la scaglia grigia si converte in scaglia rossa. Oltre i 30 metri seguitano ancora le stesse roccie, e facendosi più nere mostrano dei fili di vero carbone.
Durante l'escavazione di questo pozzo non si trascurarono altri lavori di ricerca, specialmente nella vista di utilizzare delle stesse roccie carbonose costituenti il Monte Castagno, e perciò fu aperta una galleria prossima al pozzo medesimo, dove quelle si mostrano più cariche di materia utile. Questa attraversò molti strati di quei banchi, ma siccome per la loro rapidissima inclinazione presto vennero ad immergersi nel suolo; così protratta a metri 10 si desistette dal prolungarla, lasciandola in modo che se occorresse di scavare quei minerali , gli si possa tener dietro con un abbondante ed economica estrazione.
Né fu trascurato il giudizio di un abile ingegnere di miniere M.' Dupont giunto sul luogo a fine di dirigere l'escavazione dei filoni di ferro della Società romana. Questi esaminato partitamente la contrada, e istituite tutte le indagini possibili convenne pienamente nella ragionevolezza dell' impresa e non lasciò d' incoraggirne la prosecuzione. Per tante ricerche , osservazioni , ed analisì fin qui pratticate adunque,
non é difficile formarsi un giusto criterio di quei ricercati carboni. Sebbene
sia sempre azzardoso ed incerto portare un giudizio sullo strato delle cose
ricorrenti sotterra, pure nel caso nostro le congetture trovano un appoggio
e vengono convalidate dai fatti, che non poco lusingano la riuscita. Si conosce dalla prattica delle miniere che tali depositi di combustibile fossile nella
giacitura , sono costituiti quasi sempre da sistemi di alternanze colle roccie
nelle quali vengono compresi, e che dall'alto in basso sfumando gli strati si
fanno sempre più grossi e potenti per quindi declinare e scomparire. Ora
questa sfumatura sembra già comparsa nel nostro pozzo, perché le piante fossili da cui ebbe origine il carbone si sono vedute crescere sempre di numero,
fino a che comparvero quegli straterelli molto carbonizzati. Questo é un fatto
che sebbene non dia assoluta certezza al compimento dello scopo, pure lusinga
un miglior andamento di condizioni con un aumento successivo di carbonio.
In qualnnque maniera d'altronde abbia ad essere la sorte della protrazione dei lavori, la società ha sempre nelle mani un materiale prezioso, che può essere applicato agli usi economici quando si vuole; quelle stesse roccie carbonose di cui è formato in copia vastissima il Monte Castagno , che il meno esperto dall' aspetto roccioso giudicherebbe di poco conto, sono in vece un materiale così vantaggioso nei tempi correnti da poterli applicare a svariatissimi usi economici. In altre contrade d' Europa questi medesimi schisti carbonosi sono adoperati utilmente , e noi stessi abbiamo già riferito i riusciti esperimenti fatti con essi. È vero che nelle attuali circostanze questi combustibili non comportano le spese di un trasporto lontano; ma se si consideri la ricchezza mineralogica dei monti in cui si rinvengono , unica in tutto lo Stato romano , e lo sforzo sociale ad attivare i prodotti montanistici, del nostro suolo ; l' uso loro va a farsi necessaria sul luogo, per risparmio delle foreste che ne hanno tanto bisogno. La loro applicazione potrebbe farsi alle prossime Allumiere con immenso vantaggio reciproco , e l' uso all' estrazione dei vari metalli contenuti in quelle giogaje sarebbe possibile, come alla cottura della calce e delle argille refrattarie che solo si rinvengono in quella regione, e di cui oggi si fa tant'uso, e sempre più crescente.
Dalle quali cose fin qui esposte il sottoscritto deduce 1.° che la ricerca del puro carbone per mezzo del pozzo che si sta scavando lungi dall'essere priva di speraza, è anzi lusinghiera e promette un migliore avvenire, senza però un assoluta certezza: 2.° che le roccie imbevute di carbonio che tuttora possiede in tanta copia la società, possono essere già vantaggiose all'impresa, qualora venissero applicate o sulla faccia del luogo, ovvero in prossimità per cui modica si richiedesse la spesa di trasporto.
PROF. GIUSEPPE PONZI.
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