Per tale motivo la parola etrusca VELTHINA è solo la risultante fonetica del grafema etrusco Pertanto, poiché, come è notorio, l'Etruscologia nacque soltanto nel secolo XVIII, ben può comprendersi come l'autore del distico abbia potuto individuare in il fonema latino italiano in sede d'esame di epigrafi da lui o da altri rinvenute.Ma,anche prescindendo da ritrovamenti archeologici, non può non supporsi che lo stesso, nell'attribuire alla consonante etrusca il suono F, possa essere stato influenzato dal nome FELSINA col quale, sulla base dello stesso livello di conoscenze, veniva ai suoi tempi e viene tuttora chiamato l'insediamento etrusco nel luogo dell'odierna Bologna.Lo stile, l'egregia fattura e sopratutto, la concentrazione in poche parole di vasti significati storici, inducono a ritenere che l'autore del distico, oltre ad essere persona di grande erudizione, avesse compiuto ricerche storiche tali da consentirgli di formulare le due tesi risultanti dal testo:Il popolo originario di Lilea (città dell'Acaia latinizzata in Lilia (11) ricostituì la sua patria nel villaggio in questione;2) Vèlsina fornì le mura al villaggio stesso. La prima affermazione si riferisce evidentemente alla migrazione pelasgica, mentre con la seconda si allude, altrettanto evidentemente, alla successiva conquista etrusca . E del pari evidente che l'indicazione in LILEA della città di provenienza della locale migrazione pelasgica, pur sintomatica, merita ulteriori approfondimenti.
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(11) Lilea : città in Acaia (cfr. Vocabularium latinum et Italianum ad Usum Regiae Taurinensis Academiae Pezzana Venetiis, 1781),
Il FEGATO DI PIACENZA
Nel Museo di Piacenza, come è noto, è conservato un oggetto in bronzo recante incise numerose parole e chiamato comunemente Fegato o Templum di Piacenza (1).
L'oggetto in questione si presenta all'incirca nel modo seguente ( salvo la traslitterazione dei vocaboli effettuata da chi scrive, in una con la suddivisione degli stessi):
E bene chiarire che l'oggetto in questione rappresenta certamente una zona territoriale come indicano chiaramente i tre monti che vi sono raffigurati. Come è noto l'oggetto venne così denominato perché, visto, dall'alto, rassomiglia, a detta dei Veterinari, al fegato d'una pecora (venne quindi messo in relazione con l'esercizio dell'aruspicina). Altri Studiosi lo chiamano invece Templum (= luogo consacrato) ritenendo che lo stesso rappresenti una zona territoriale sacra (cfr. in tal senso Pallottino, Etruscologia, p. 251, il quale ritiene,peraltro, che la zona in questione possa essere rappresentata anche nella sezione d'un fegato di pecora) (1).La posizione corretta dell'oggetto al fine di poter individuare l'orientamento del plastico territoriale è quella risultante dal primo dei due precedenti, disegni. Tale posizione orientativa, che non è da considerare casuale e nella quale nessuna frase è leggibile, è però l'unica che consente di leggere la ) ( = C dato che la grafia etrusca va da destra a sinistra) che si trova al centro del piccolo cerchio inscritto nel semicerchio in alto.Procediamo alla lettura, traslitterazione e traduzione delle varie frasi, previa divisione dell'iscrizione in settori che nel primo dei precedenti disegni figurano contraddistinti con lettere indicanti la parola iniziale di ciascuna delle frasi stesse. Sotto la traslitterazione possono leggersi le traduzioni latina ed italiana.
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(1) Disegni, traslitterazione e suddivisione dei vocaboli sono stati eseguiti da chi scrive tenendo presente il testo etrusco che figura in N. Boriosi, Alfabeto Etrusco, p. 88 (v. bibliografia) e le fotografie del Pallottino in Etruscologia, Tav. XXX; v. bibliografia).
1) FASCIA ESTERNA
A)
TIN CIL EN - TIN TH V F- ANITHNE
numerata civile enarratio x dinumerata Tonitri Vèlsinae Phala x anuitendae
dettagliata pianta della città dettagliata dalla Torre del Tuono di Vèlsina, per assicurarsi (annettersi)
UNI MAE x TEC V M
Junonis magiae tegendi vadimonio
di Giunone la magia con garanzia di essere protetti (o).
A /1)
LETHN ETH CATH FUFLUNS SEL VA LETHNS
Lethans est carta Fuffolonis ( = Bacco (1) selecte vadens lethandis
Mortale è la saetta di Fuffolone (Bacco) quando per scelta (intenzionalmente) va da quelli che devono essere uccisi.
A/2)
CIL ENSL FETISL CUL ALP CEL TLUS C F
Civitatis aenea (= aenìsile) vetis (= vetisile) colere alpe coelum telluris C( ivitatis) V(èlsinae)
Della città plastico in bronzo per coloro che sono impediti dai monti di osservare il cielo del territorio della città di Vèlsina.
2) SCRITTE INTERNE
B) (a raggiera intorno alla C)
CIL EN SATRES LVST VELKH TLUS C TETHMS SEL VAN
Civitatis (= Civile) enarratio (cum) satúris lustrata villico telluris
c (ivitatis) (in) ditissimis sel (ectione) vadenda.
Della città descrizione con i seminativi illustrata, dal contadino del territorio civico sui più ricchi la scelta andando (= tenendo presenti solo i più seminati perché migliori).
B/1)
(sotto il monte a piramide) E da notare che le parole delle ultime due caselle valgono per ambedue le colonne (nelle caselle stesse manca infatti la divisione verticale).
CATHA TINST NETH
Carta Densata necdum (carta,)
la saetta non ancora concentrata (la saetta)
FUFLNS THU FL THAS
Fuffolonis (= Bacci) Tonitri Phala taxat
di Finffolone (= di Bacco) (S) la Torre del Tuono la controlla;
LAZL TINS TH V F
Lasciviae (lasciviale) densante Tònitri Vélsinae Fala
dell'ubriachezza concentrandola la Torre del Tuono di Vèlsina
L E T H N
Lethans est
è letale
N C
Naccae
per chiunque
B/2) (scritta sul monte allungato)
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(1) FUFLUNS = Fuflonis è il noto soprannome di Bacco ( v. Pallottino,Etruscologia Hoepli, pag. 251 (interpretazione del fegato di Piacenza).
TETH LATH MARISL LETA N P TH
Ducta lato maris (marisale) ludus (est) Neptuni
(la saetta) proveniente dalla parte del mare è uno scherzo di Nettuno.
B/3)
HERCL MARS
Hercules Martis (carta)
Di Ercole di Marte( la saetta = è scagliata da...)
B/4) (vicino al monte a piramide)
TLUS C APC
Telluris C (ivitatis) apex
Apice del territorio della città
B/5) vicino al monte piccolo)
LETHAM THETLUMTH
Lethum ductile eunda (carta)
(in questa luogo) arriva (la saetta) per portare la morte.
B/6) (nel piccolo cerchio Inscritto nel semicerchio interno
C = C (ivitas)
La città con ogni evidenza viene indicata I'ubicazione esatta della città di Vèlsina.
Sulla faccia posteriore il plastico appare diviso in due parti (cfr. Skutsche in Pontrandolfi, op. cit. pag. 124) e reca le parole USILS TIVS che gli Etruscologi traducono Sole, Luna, mentre significano Utibilis divisio (utibilis in Plauto = utilis; cfr. voc. cit.) = fenditura per comodità d'uso (per tenerlo in mano, cosa altrimenti disagevole data la forma tondeggiante). Le analogie grafico lessicali esistenti tra le espressioni abbreviate TH. FL. e TH V F che si leggono nel Plastico dì Piacenza e le identiche parole scritte per esteso nel Cippo di Perugia (THUN (KHULTH) FALAS VELTHINA, fanno ritenere, in concorso con altri indizi, che il plastico in questione rappresenti la città ed il territorio di Vèlsina.Nel Cippo di Perugia, infatti, è detto che la THUN KHULTH FALA era situata in Vèlsina. L'argomento fulgurale del plastico, del resto, parla da se.Ma il plastico non ci dice soltanto questo: ci chiarisce anche dove la città in questione era ubicata.Come si è detto sopra (vedere 1° disegno) la consonante) C, indica con chiarezza l'orientamento del plastico. Da tale orientamento può dedursi quanto segue:
1) Guardando il plastico secondo tale orientamento, si nota che,nella scritta che figura sulla dorsale allungata di sinistra si legge che (il fuImine) che proviene dalla parte del mare è uno scherzo di Nettuno. Da ciò consegue che, essendo il plastico una pianta topografica, il mare (dal quale tali fulmini provengono) deve necessariamente trovarsi a sinistra di chi guarda, nella direttrice ideale che, partendo dalla fine della dorsale, volge, appunto, verso sinistra.
3) Sulla base di quanto detto nel precedente punto 1) chi idealmente si pone sulla vetta del monte a piramide guardando verso la) (= c ) inscritta nel cerchietto in alto (ved. 1° disegno) deve avere alla sua sinistra il mare.
4) la città dì Vèlsina và quindi identificata In una zona territoriale nella quale:
a) esistono tre alture simili a quelle descritte nel plastico e sopratutto dislocate nello stesso modo;
b) guardando dal monte fatto a piramide ed avendo dinanzi agli occhi gli altri due monti, aventi le stesse forme figurate nel plastico, il mare deve risultare alla sinistra di chi guarda.
La sommaria rapidità della presente indagine non consente l'esibizione di fotografie; ma l'immagine di Tolfa presente agli occhi consente a chi scrive di affermare con cognizione di causa che il plastico topograficamente corrispondente territorio della predetta Città Il monte a piramide, infatti, appare identico al Monte della Rocca (cfr. in Cippo di Perugia VELTHINAS ARZNAL e relativa traduzione la Rocca di Vèlsina) che ha appunto tale forma. Chi dalla vetta dì tale monte guardi verso gli altri due monti ha il mare alla propria sinistra.Le altre due alture, a loro volta, corrispondono perfettamente,nella forma, all'altura dei Cappuccini (dorsale allungata sulla sinistra ed al Poggiarello (colle tozzo e tondeggiante sulla destra).Il mare a sinistra segna l'ovest, onde la ) (= C ) inscritta nel cerchietto in alto si trova a nord rispetto all'osservatore che guardi dal monte a piramide Intorno alla C come appare dal plastico - sorgevano i seminativi dell'antica città: quindi disposti da nord verso sud. Proprio come era prescritto dalla Religione Etrusca a fini di prosperità (1) Nessun'altra città dell'Etruria ha simili caratteristiche territoriali, onde, anche per esclusione di altre possibilità, non può non supporsi che proprio li, nel luogo indicato dalla C (inscritta nel cerchietto), a breve distanza dalla THUN KHULTH PALA del monte a piramide, possa giacere sepolta la Capitale della Confederazione dei XII Populi. Ma vi è di più! infatti i tre monti di Tolfa, caratteristica topografica viva nella tradizione locale (2) non sono soltanto una, testimonianza fisica di quanto sopra supposto: di ciò gli stessi sembrano, infatti fornire anche testimonianza giuridica dato che tali tre monti (di cui uno più alto e due più bassi) figurano addirittura nell'emblema comunale della cittadina sin da epoca immemorabile.
Ipotesi relativa alla distruzione di Forumpopuli
Dal Liber linteus Zagrabiensis (1 ) apprendiamo che la popolazione di Vèlsina (ma certamente non nella sua totalità) fuggì a Volterra in concomitanza con la conquista romana seguita alla seconda battaglia del lago Vadimene del 282 A. C. (2). Anche se, dopo tali avvenimenti, non si hanno più notizie precise intorno alla città, notevoli ritrovamenti archeologici di epoca romana testimoniano della sopravvivenza, durante tutto l'impero, dell'esistenza d'una città nella zona sopra descritta.
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(1) Cfr. Bianchi Letture Etrusche, Roma, 1977, pag. 80 Mummia di Zagabria): STRETA = lat. strigata = solchi tracciati da nord a sud (Vocab. cit.); attualmente nei pressi del luogo ove erano, tali seminativi esiste una località chiamata Passo della Strega che, con tale nome, sembra ricordare la denominazione antica: In latino, infatti striga = sistema di aratura da nord a sud (voc. cit.)
(2)cfr. Mons. Silvio Pierantozzi Canti di serenità e di fede, Tolfa 1938, pag. 36:
Come nido di falco alta, romita
la mia Tolfa riposa
tra mezzo ai boschi e tra tre monti è sita
e di aere purissimo è orgogliosa....
(1) Cfr. Bianchi Letture Etrusche saggio di traduzione della Mummia di Zagabria Roma 1977.
(2) Cfr. Polibio, L. II° 20. Il lago. Vadimone (accrescitivo di vadus = distesa d'acqua) è, con ogni probabilità il lago di Bracciano. Cfr., tra gli altri, nello stesso senso, Fausto Brindesi nella traduzione e commento al L. II° 20 delle Storie di Polibio Rizzoli Pag. 116, nota 1. La vana resistenza dell'esercito etrusco celtico presso il lago di Bracciano, per l'evidente connessione con esigenze strategiche di copertura della Capitale appare in piena armonia con l'ipotesi di identificazione nel territorio di Tolfa dell'ubicazione della Capitale stessa.
Basti accennare al ritrovamento di resti di ville, templi, strade di notevole importanza (3), acquedotti e sopratutto ai notevoli ruderi (detti il grottino) d'un impianto di diramazione dell'acqua, impianto che, per le sue caratteristiche, sembra rivelare la destinazione al servizio di approvvigionamento idrico d'un centro abitato d'un certo rilievo (4)Nella zona aveva importanti possedimenti la famiglia Claudia (da cui prende il nome la strada che passa per Tolfa). Tale famiglia era autoctona della zona (probabilmente fin da tempi arcaici: cfr. C. I. E. 6213, di Cere, in Pallottino, Etruscologia, pag. 488 Hoepli). Il padre di Nerone, Domizio Claudio, morì nella sua casa natale di Pyrgi ove era sempre vissuto (5), casa nella quale con ogni probabilità era nato anche il suo celebre figlio.Ma la fonte più rilevante ai fini del controllo dell'ipotesi della esistenza, nella zona in questione, d'un'antichissima città, è di epoca post romana e riguarda la fine della città stessa. Nel contesto della presente indagine appare opportuno procedere ad un rapidissimo (e necessariamente sommario) accenno, a tale fonte.Nella sua Historia Longobardorum, il longobardo Paolo Diacono (P. Warnefrid), dopo aver descritto la spedizione del Re Grimoaldo contro i Bizantini nell'Italia Meridionale (intorno al 664), nel far presente che al ritorno dalla spedizione stessa il Re si vendicò di tutti coloro che lo avevano abbandonato durante la guerra, al capitolo 27 del libro V racconta quanto segue (6): Torna all'inizio Cap. 27. (Grimoaldo distrugge Forumpopuli)(Grimoaldo) Così distrusse anche la città romana di Forumpopuli, i cui abitanti avevano cercato di ostacolarlo quando era in viaggio per Benevento ed avevano spesse volte molestato i suoi messaggeri che andavano e venivano dì là. Dopo essere entrato durante la quaresima nella Tuscia attraverso l'Alpe di Bardone, piombò inaspettatamente sulla città proprio il sabato, di Pasqua, nel momento in cui si mimistrava il battesimo, e fece una terribile strage affogando nel sacro fonte perfino i Diaconi che stavano battezzando i bambini. Anzi la carneficina fu tale che ancora oggi la città ha pochissimi abitanti.
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(3) Cfr. A. Stefanini, Recenti scoperte archeologiche nel territorio di Tolfa (Circolo di Cultura di Civitavecchia)
(4 ) A. Stefanini, op.cit., pag. 42.
(5) Svetonio, Nerone Claudio, C. 5. Cfr. anche C. Calisse Storia di Civitavecchia, Pag. 13
(6)P. Diacono, Storia dei Longobardi Traduzione e note di F. Roncoroni Rusconi pag. 170 e note.
La città di Forumpopuli non è stata mai identificata dagli Storici. Alcuni Studiosi (7) ritengono probabile che nel testo originale, recante inequivocabilmente la dizione Forumpopuli tale denominazione debba ritenersi una corruzione fonetica per Forum Popilii, l'odierna Forlimpopoli, in provincia di Forlì. Tale ipotesi però (prescindendo da altre possibili obbiezioni) appare priva di pregio dato che, come afferma Paolo Diacono, Grimoaldo, per andare a distruggere la città in questione, entrò nella Tuscia mentre per andare a Forlimpopoli, sarebbe dovuto entrare, come è evidente, nella Romagna. Paolo Diacono aggiunge poi che Grimoaldo piombò su Forumpopuli dopo essere passato per l'Alpe di Bardone (il significato primario di Alpe è, come è noto, luogo impervio, passo montano e simili). Un attento esame del testo latino può peraltro chiarire meglio se Grimoaldo entrò nella Tuscia attraverso l'Alpe di Bardone oppure se lo stesso, entrato nella Tuscia, attraverso l'Alpe di Bardone piombò sulla città. Comunque sia, tale impervio passo doveva essere percorso da parte d'un esercito proveniente dal territorio longobardo e diretto nel territorio ancora soggetto all'Impero Romano Bizantino: Forumpopuli infatti, ci dice Paolo Diacono, era città romana ossia bizantina.Ma nemmeno la località di Bardone è stata mai individuata dagli Storici.Qualcuno di essi accenna appena alla possibilità che possa trattarsi dell'odierna Bardi in provincia di Parma (8). Ma contro tale ipotesi basta ricordare che Grimoaldo entrò nella Tuscia. Qualora si voglia supporre che Forumpopuli potesse essere situata nell'Etruria settentrionale e quindi relativamente vicino al confine con l'Emilia presso il quale è la città di Bardi, basti osservare al contrario che la Tuscia per Paolo Diacono non coincide affatto con l'odierna Toscana. Per rendersene conto basta infatti aprire la sua Historia Iongobardorum al capitolo 16 del libro II° (nel quale vengono descritte le varie regioni d'Italia (9)
La sesta regione è la Tuscia essa è delimitata a nordxovest dall'Aurelia e ad est dall'Umbria: nella Tuscia sorge Roma che fu un tempo il centro del mondo.Dunque nella Tuscia sorgeva Roma: non vi poteva sorgere, quindi, Forlimpopoli, né attraverso Bardi vi si entrava.
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(7) Cfr. F. Roncoroni in Storia del Iongobardi di P. Diacono, cit. pag. 170 note.
(8) F. Roncoroni trad. e note a P. Diacono op. cit. pag. 170, nota 4).
(9)F. Roncoroni op. cit. pag.60
Ma il punto principale da chiarire riguarda l'assoluta inutilità delle ricerche dirette ad individuare la località Alpe di Bardone.La località in questione, infatti, risulta indicata in qualsiasi carta topografica della zona di Tolfa (e probabilmente nelle carte geografiche più complete); la località stessa ( Bardone o passo di Bardone) si trova infatti proprio nelle immediate vicinanze del punto in cui (ved. pagine precedenti) abbiamo ritenuto di ipotizzare il luogo dell'antichissima città dì Vèlsina.Restano da chiarire le ragioni della denominazione di Forumpopuli assunta dalla città durante l'epoca romana ed i primi secoli dello alto medioevo. Ma, al riguardo, sembra sufficiente pensare al fatto che un simile nome si addiceva soltanto ad una città che nel passato era stata effettivamente un punto di riferimento per dei Populi, onde, tenuto conto anche delle argomentazioni formulate nelle pagine che precedono, non agevole appare la formulazione dell'ipotesi d'una disgiunzione della predetta caratteristica da quella identica da attribuirsi pacificamente a Vèlsina città che era il centro, ossia il Forum dei XII Populi della Confederazione Etrusca.Essendo Forumpopuli città romana (come dice P. Diacono) la stessa esclusa per quanto precede una sua ubicazione nella zona della Pentapoli (Romagna Marche ) doveva per forza trovarsi nel Ducato Romano e, per di più, in una zona di tale territorio prossima al territorio soggetto al Iongobardi: Forumpopuli era quindi una città prossima al confine tra il Ducato Romano e le zone finitime già cadute sotto il dominio barbarico. Se infatti la spedizione punitiva longobarda si fosse spinta profondamente nel cuore del Ducato Romano tale fatto, per la sua sensazionalità non sarebbe stato ricordato solo dal longobardo Paolo Warnefrid (il quale, tra l'altro, sebbene sacerdote, non ha parole di esecrazione) ma, per l'inevitabile ripercussione sulla Città , Centro della Cristianità Universale e da questo nel resto d'Europa, avrebbe avuto ben altro risalto politico e storico. L'aggressione barbarica si scatenò quindi sopra una città prossima al confine longobardo e non vicinissima a Roma.Ma alle incursioni barbariche nelle zone dei confini del Ducato Romano il Papato era da tempo abituato, come si è avuto occasione di accennare in sede di citazione delle lettere di S. Gregorio Magno (Ved. sopra); onde non meraviglia il silenzio delle fonti latine in merito alla distruzione della città romana di Forumpopuli. Immediatamente oltre l'Alpe di Bardone, verso nord, si estendeva il territorio longobardo (appartenente probabilmente al Ducato di Spoleto la cui giurisdizione era notoriamente vastissima); in tale territorio i Barbari si erano consolidati da molto tempo (ved. sopra le lettere di Papa Gregorio) all'epoca del Re Grimoaldo; di tale consolidamento è indizio non lieve il nome di Barbarano assunto in quell'epoca da un Comune (della provincia di Viterbo) situato non molto al di là dello spartiacquecostituito dal passo di Bardone. Dal territorio prossimo a tale Comune partì con ogni probabilità la spedizione contro Forumpopuli. La testimonianza del longobardo Paolo Diacono in merito alla distruzione della predetta città e la connessa ipotesi relativa alla identificazione della città stessa nella zona del passo di Bardone sembrano, peraltro, ricevere conferma sintomatica a seguito della acquisizione di indizi di natura archeologica. In tempi recenti, infatti, accurati scavi archeologici effettuati per iniziativa del Prof. Angelo Stefanini (Direttore del Museo Civico di Tolfa) portarono alla luce, sul breve altopiano immediatamente sovrastante l' Alpe di Bardone, oltre a cospicui resti di costruzioni, i ruderi d'una chiesa romanica datata all'XI secolo ma probabilmente costruita su precedente edificio di epoca classica come sembrano attestare alcuni elementi architettonici recanti simboli probabilmente non cristiani e lapidi romane. (10)
Tra i pezzi di scultura più rappresentativi afferma lo Stefanini (10) notiamo un bel lastrone rettangolare su cui sono stati scolpiti: al centro un bambino in fasce e, ai lati, col muso verso di lui, due grossi draghi dalla cui bocca escono lingue di fuoco.Lo stesso Autore testimonia che, all'interno dei resti dell'antica costruzione, furono notate tracce d'incendioTenendo presenti le parole di Paolo Diacono circa la strage avvenuta durante il battesimo dei bambini ( in massa dato che a quell'epoca si battezzava solo a Pasqua ed a Pentecoste) attendibile appare la congettura (che solo di congettura può trattarsi) relativa ad una connessione (nel senso di commemorazione postuma) tra la rappresentazione del bambino tra due draghi vomitanti fuoco, le tracce d'incendio e la tremenda incursione barbarica proveniente da Bardone; onde è forse con tale antica tragedia che, in via d'ipotesi, va collegato in relazione all'eccidio dei bambini (divenuti angeli perché innocenti) il nome di Pian d'Angelo che reca tuttora il pianoro sul quale sorgono i resti archeologici di cui sopra è cenno.
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(10)A. Stefanini op. cit. pag. 45 segg.
Il pianoro in questione sorge sopra un'altura il cui pendio strapiomba quasi a picco sul passo di Bardone. Il nome di tale altura è Monte Fischio.Tale circostanza è motivo d'un'ultima considerazione che si riallaccia alla tesi da cui ha preso spunto l'analisi relativa alla ubicazione nella zona in esame della Pisa pelasgica menzionata da Catone e da Virgilio.Infatti, anche se la circostanza ha solo carattere sintomatico e non probatorio, non illecito appare il supporre che la denominazione predetta possa costituire la risultante dello stesso iter etimologico che, partendo dall'espressione latina Mons Phiseon, ha dato origine all'attuale denominazione dell'altura e della città di Montefiascone (11). Al riguardo non si può fare a meno di collegare l'espressione Mons Phiseon con l'analoga espressione etrusco umbra OCRE FISEI che figura, come è noto, nella sesta delle Tavole Eugubine della quale appare utile riportare il seguente brano che il Grotefend, citato da C. Cantù, (12), lesse e tradusse come segue:
Teio subocav suboco Dei Grabovi, Fisovi Sansi, Trfra Jovi!
OCRI PER FISIU., tota per Iiovina, erer nomneper, erar nomneper;
fos sei, pacer sei OCRE FISEI, to te Iiovine, erer nomne, erar nomne.
Arsie! tio subocav suboco. Dei Grabove, Asier fritte tio subocav
subeco, Dei grabove! ....
Te bonas preces precor, Jovem Grabovem! FISOVEM SANSIUM! Tefram Joviam! pro MONTE FISIO, pro tota Iguvina, pro illius nomine, pro huius nomine, uti sis volens propitius MONTI FISIO, toti Iguvinae, illius nomini, huius nomini. Benevole! te bonas preces precor, Jovem Grabovem! Benevoli Fidicia, te bonas precor, Jovem Grabovem!...
Se l'attendibilità complessiva della traduzione che precede non è del tutto certa, tra le parti di questa che non possono essere poste in dubbio, sono certamente da comprendere le espressioni riportate in caratteri maiuscoli quali OCRI PER FISIU, = pro Monte Fisio, ove OCRI non è nulla di diverso dal latino Ocris, is = Monte precipitoso (13).
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(11) Cfr. Vocabularium latinum et italicum ad usum Regiae Taurinensis Academiae Pezzana, Venetiis 1781; voce Phiseon Mons = Montefiascone (da Catone: il nesso con tale città va però chiarito)
(12) C. Cantù, Storia degli Italiani, pag. 869.
(13) Voc. cit voce ocris = monte precipitoso (da Festus Sextus Pompeius, De veterum verborum significatione.
A questo punto non si può fare a meno dì tener presente l'indubbia relazione esistente tra il vocabolo FISIU (e sue fome flessive) ed espressioni frequentissime nelle Tavole Eugubine, quali PISI e PISI PULPE delle quali quest'ultima inevitabilmente da tradursi Pisilis Populus, con conseguente obbligo di riferire l'espressione medesima ad entità etnico x territoriali di vasta estensione, ostando a riferimenti locali l'incalzante ripetizione nelle Tavole stesse degli omotematici vocaboli in IS e FIS in palese contrasto geografico col toponimo IGUVINA di evidente riferimento locale.Ma l'epitaffio di Laris Pulenas, come si è visto, ci dice che le LEPRN PS'L (= Liburn(ae) Pìsiles) navigavano nelle acque di Tarquinia, città dove, sempre secondo tale iscrizione, prosperava una generazione di commercianti PSL' (= Pìsiles), onde tale vocabolo, rispetto al vocabolo TARKHNAL(TH) (= di Tarquinia) che figura nell'epitaffio stesso, sembra indicare come nelle Tavole contrapposizione tra toponimo nazionale e toponimo locale.Il toponimo nazionale PS'L (= Pìsilis, considerata l'avocalizzazione etrusca) corrisponde infatti a quello nel quale si riconosceva il PISI PULPE (= Pìsilis populus considerata la vocalizzazione umbra) delle Tavole, pur abitando la terra IGUVINA (= Eugubina).Ma il nome nazionale Pìsilis non poteva non trarre la propria ragione di esistenza dalla città di PISA.Virgilio, nel descrivere le doti di Asila suo Capo, ha descritto i caratteri distintivi di tale città (libro X dell'Eneide): preminenza politico x militare (con mille astati) ma sopratutto religiosa: aruspicina, auspicina e disciplina fulguralis.Catone,a sua volta, nominandola nella sua elencazione, tra Cere e Saturnia, indica implicitamente, la zona territoriale nella quale la città sorgeva aggiungendo che la città stessa venne conquistata dagli Etruschi. Dall'esame di tali fonti non può non risultare che le caratteristiche religiose attribuite da Virgilio a Pisa sono le stesse che la storiografia unanime riconosce a Vèlsina.Tra tali caratteristiche particolare rilievo assume la disciplina fulguralis la quale, come si legge nel Cippo di Perugia e nel plastico di Piacenza, aveva il proprio centro nella Capitale della Confederazione Etrusca.E noto che l'ultimo trionfo (romano) sopra l'intera Etruria, ricordato nei Fasti Trionfali, avvenne nel 281 A. C. (14) e quindi l'anno Successivo alla seconda (ed ultima) battaglia del lago Vadimone (= di Bracciano).
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(14) Korte, Etrusker in Pontrandolfi, op. cit., pag. 53.
E' noto anche che nel 265 A.C, cadde Volsinii che il Korte definisce la città etrusca più importante dopo la caduta di Tarquinia (14), confondendola evidentemente con Vèlsina; Volsinii viene identificata con Bolsena o con Orvieto (cfr. Pallottino l'Etruscologia Hoepli, pag. 189 ove si avalla la tesi Bolsena e pag. 485 (aggiornamento 1976) ove si prospetta la tesi Orvieto).Ma che i Romani, dopo aver vinto la battaglia del 282 A.C. e celebrato il trionfo nel successivo anno 281 A. C. l'ultimo sull'Etruria abbiano dovuto attendere l'anno 265 A. C. e cioè ben 16 anni vuoti per giunta, di campagne belliche romano etrusche ricordate dalla storia per impadronirsi della capitale nemica, appare cosa improbabile.Appare invece estremamente logico ritenere che la città di Volsinii (Bolsena od Orvieto che sia), per essere stata presa dai Romani nel 265 A. C., sedici anni dopo l'ultima grande battaglia ricordata e dopo l'ultimo trionfo sull'Etruria segnato nel Fasti,non potesse essere la capitale dell'Etruria medesima. Del resto, come si è avuto già occasione di ricordare,la datazione tarda dei ritrovamenti archeologici di Orvieto e di Bolsena non consente di identificare in tali località la città di Vèlsina. In particolare Orvieto, afferma il Korte (15), sembra che non sia stata fondata prima della fine del VII secolo o al principio del VI: le tombe che ivi ancora esistono non rimontano al di là del VI secolo. Ma una capitale è necessariamente antica, tanto più se di tipo sacro e venerabile come Vèlsina, centro della Religione; e l'antichità etrusca come sì è detto e come è notorio procede, a decrescere, dalla costa tra Cere ed il Tarquiniese verso l'interno ed il Nord.Come è noto,i Romani davano spesso alle città conquistate il nome di Forum seguito da altro vocabolo esprimente concetti attinenti alla posizione od alle vicende storiche (recenti od antiche) della località. Pertanto, tenuto, anche conto di quanto sopra esposto, non illogico appare supporre che possa essere stata denominata Forum Populi la città che un tempo era stata il centro il Forum, appunto dei XII Populi della Confederazione Etrusca.La località ove si è ipotizzata l'ubicazione dì Forumpopuli è circondato, per vasta estensione, dai cospicui resti della Silva Matiana (16). A circa 30 chilometri, verso Roma, sorgeva Forum Clodii, Sabate (odierna, Bracciano) presso il lago Sabazio (17) ed i Monti Sabatini.Matius era una città dell 'Isola di Creta (18) isola abitata dai Pelasgi ivi immigrati dal continente ellenico (cfr. Odissea, XIX) e fondatori, secondo Catone, della città di PISA.Sabazius (con la Z) era : il cognomen dato a Giove nella predetta isola (19).
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(15) Etrusker in Pontrandolfi. op. cit. pag. 484
(16) Cfr. R. Almagià Documenti cartografici, dello Stato Pontificio Tavola LXVI Innocenzo Mattei, 1674 Bibliot. Apost. 1960; dal nome di tale selva appare connesso il nome del finitimo Comune di Manziana.
(17) Il nome di, Sabazius e quello di Vadimone, attribuibili ambedue al lago di Bracciano, appaiono sintomaticamente appaiati nel toponimo Sabatius Vadus che nel Voc. citato (Ved. bibliografia) viene attribuito alla città di Vado in Liguria.
(18) Voc. Cit.
(19) Voc. cit.
Bibliografia generale (1)
Francesco Noris (detto Norisio) Cenotaphia Pisana Caii et Lucii Cesarum dissertationibus illustrata, in folio Venetiis, apud Balleonium, 1681;
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L'Etrusco Arcaico atti del colloquio di Firenze dell'Ottobre 1974, Olschki, Firenze 1976;
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Borgnetti, L'Età longobarda a cura dell'Università di Milano;
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