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Velsina Monti della Tolfa

Walter Bianchi

Walter Bianchi "Velsina"
 

Velsina

Introduzione alla storia d'Etruria

Stampato in off set

Dalla Legatoria Copisteria EUR

Viale Beethoven 30 Roma (Italy) 1978

Proprietà letteraria riservata a Valter Bianchi, Via della Magliana, n. 152, Roma;

Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi a norma di legge e delle convenzioni Internazionali.

Pubblicato da Valter Bianchi, (Naz. Ital.), Via della Magliana, 152,

Roma, 1978

PREMESSA

I problemi relativi alla migrazione pelasgica in Italia ed i connessi enigmi in merito all'interpretazione delle antiche fonti nelle quali è menzione della città di Pisa, sono alla base della rapida indagine storica esposta nelle pagine seguenti. Quanto, in sede di stesura dei saggi di traduzione dei maggiori testi etruschi pervenutici (1), è risultato a chi scrive in ordine al contenuto essenziale dei testi stessi, ha fornito elementi di natura epigrafica collegabili con le tesi prospettate nel corso del presente lavoro. L'esposizione che segue, che non ha carattere di trattazione organica e compiuta della materia, costituisce soltanto una sintesi dialettica tra la problematica già aperta e quella il cui sorgere e stato ravvisato da chi scrive in sede di esame dei testi predetti. (2)
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(1) Si tratta dei maggiori testi pervenutici tradotti letteralmente, per la prima volta, da chi scrive: La Mummia dì Zagabria, la Tegola di Capua, il Cippo di Perugia, le lamine di Pyrgi, l'epitaffio di Laris Pulenas, la lamina di Magliano (cfr.Bianchi, Letture etrusche, Roma, 1977). Il saggio di traduzione del Fegato di Piacenza viene effettuato, anch'esso per la prima volta, nelle pagine seguenti.
(2) Ai fini del giudizio in merito a tali traduzioni appare consigliabile prendere visione dei risultati finora conseguiti in materia dall'Etruscologia prevalente, risultati che figurano, egregiamente esposti, nell'opera Etruscologia di M. Pallottino da pag. 385 a pag. 431 (ved. bibliografia). Il confronto tra tali risultati ed i saggi sopra citati potrà chiarire al lettore l'indole dei metodi interpretativi e del contenuto da attribuire ai testi. Tale contenuto, pur considerata l'inevitabilità di singoli errori, è indubbiamente quello risultante dai saggi predetti. Il più lungo dei saggi in questione ha per oggetto la traduzione di circa 1300 parole: troppe, quindi, perché un discorso iniziato e proseguito in modo non autentico non debba perdersi lungo il cammino.

                           

LA PRIMA PISA D' ETRURIA

Molto tempo prima della guerra di Troia, tra Cere e Saturnia, nella Etruria Meridionale Marittima, esisteva una città chiamata Pisa. Questa città, fondata dagli Alfei Pelasgi, è la prima Pisa d'Etruria dato che, come è noto, la Pisa dell'Arno (Pisae al plurale), situata peraltro in Liguria, venne fondata in tempi molto più recenti. I Pelasgi fondatori della Pisa situata nell'Etruria Meridionale provenivano, dalla valle del fiume Alfeo situata in Grecia, nell'Elide ove era, una contrada recante anche questa il nome di Pisa. L'esistenza d'una città di Pisa tra Cere e Saturnia è attestata, senza possibilità di dubbio, dalle seguenti fonti di prova delle quali alcune sono già note agli Studiosi (che però le hanno in ogni tempo disattese) mentre altre sono del tutto nuove: Torna su

1) Frammento delle Origines di Catone (in Dionisio d'Alicarnasso);

2) Libro X dell'Eneide (rassegna degli alleati etruschi d'Enea);

3) Epigrafe romane in cui viene fatta menzione della vetustissima stazione navale di Pisa;

4) Epitaffio di Laris Pulenas (museo, di Tarquinia);

5) Fonti medioevali e moderne;

E' noto che la città di Pisa, situata sulla riva destra dell'Arno ed appartenente, per tale situazione geografica, alla Liguria durante l'epoca repubblicana di Roma, venne fondata, molto probabilmente, dai Liguri anche se in seguito venne conquistata dagli Etruschi. La città è menzionata per la prima volta nel 225 A. C. anno nel quale i Romani si servirono del suo porto durante la guerra contro i Galli (Polibio II.16 e seg.; Livio XXI, 39). E' anche noto come ormai sia storicamente provato che la città dell'Arno non venne fondata dagli abitanti della Pisa dell'Elide (v. Servio Ad Eneidem, X, 179; Dion. d'Alic. ,I, 20). Pisa, nell'Elide era chiamata la zona circostante ad Olimpia; probabilmente non vi sorse mai una città, ma già anticamente i Pisati erano una popolazione indipendente dagli Elei. Tale regione era attraversata dal fiume Alfeo di cui fa menzione Virgilio insieme a Pisa ( 11). Da tali verità storiche scaturiscono due necessarie deduzioni: 1) Il fatto che i Pelasgi Alfei non fondassero la Città dell'Arno non può far escludere che gli stessi fondassero una città di Pisa in altra località;

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(11) Cfr. Dizionario d'antichità classiche di Oxford, a cura di M. Cary ed altri ediz. Paoline Roma 1963;
2) Se, come è accertato, la Città dell'Arno, non venne fondata dalla popolazione proveniente dalla Pisa dell'Elide, non vi è alcuna ragione valida per ritenere che Virgilio, nel menzionare Pisa nel libro X dell'Eneide, intendesse riferirsi alla Città dell'Arno, anziché alla Pisa fondata in Italia dai Pelasgi dell'Elide.

Le notizie più antiche sull'Etruria marittima dei tempi più remoti sono quelle, scarsissime che ci da M. P. Catone nella sua opera Originum; notizie pervenuteci per il tramite di Dionisio D'Alicarnasso. Lo storico greco afferma che Catone scrisse in modo diligentissimo in merito alle cose antiche (12). Catone scrisse, narra Dionisio, che i Pelasgi, la cui terra d'origine, il Peloponneso, era chiamata Pelagia prima dell'avvento di Pèlope, venuti in Italia e stretto un patto con gli abitanti del luogo ove erano sbarcati, abitarono alcune città della Etruria marittima, città in parte da essi fondate ed in parte abitate in precedenza dagli aborigeni stessi. Queste città, narra Catone, sono Cere, detta in quel secolo Agylla PISA (al singolare, al contrario di Pisae dell'Arno), Saturnia, Alfeium ed alcune altre, che in seguito furono occupate dai Tirreni. Sempre secondo Catone riportato da Dionisio, PISA esisteva da lungo tempo prima della guerra di Troia. In merito alla città di PISA (al singolare) Catone ci dice dunque :

1) che la stessa venne fondata (prima assai della guerra di Troia) dai Pelasgi provenienti dall'Elide;
2) che tale antichissima città era situata tra Cere e Saturnia : infatti le città nominate dallo scrittore latino appaiono palesemente elencate in ordine di distanza da Roma, città nella quale Catone scriveva; egli le nomina infatti così: Cere, PISA, Saturnia, Alpheium ordine progressivo geograficamente attendibile ove si tenga presente la storica pignoleria dell'Autore dell'elencazione;
3) Che la città di PISA, al pari delle altre sopra nominate, venne in seguito occupata dagli Etruschi.

Questi tre fatti sono di estrema importanza storica e dovranno essere tenuti presenti al termine della presente indagine in concomitanza con gli altri elementi che emergeranno nel corso dell'indagine stessa. Torna su

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(12) Libro I St.

Si è accennato sopra al libro X dell'Eneide ( 228, Seg.) nel quale Virgilio, nell'elencare le forze etrusche alleate di Enea contro Turno, fa menzione della città di Pisa nei versi che seguono, (13)

.......Veniva terzo Asila

quel degli uomini interprete e dei numi,

cui le fibre del gregge cui son chiari

gli astri del ciel, le lingue degli uccelli

e i guizzi della folgore presaghi.

con mille in campo densi orridi astati.

Glieli sommette Alfea d'origin Pisa

città etrusca di suol.

Dall'esame delle forze etrusche elencate nel libro X dell'Eneide, si evince che PISA (con mille astati) era la città che forniva il contingente più numeroso. Tale circostanza è chiaro sintomo della preminenza della città stessa rispetto alle altre città etrusche (ciò, anche tenuto conto del carattere poetico della narrazione). Dall'analisi specifica dei versi riguardanti, PISA si nota:

1) L'assenza di ogni accenno all'Arno ; un accenno del genere non sarebbe probabilmente mancato nella descrizione della rassegna navale qualora Virgilio, nominando Pisa avesse inteso alludere alla città posta sulle rive del predetto fiume; 2) Asila, condottiero dei mille astati di PISA, è chiaramente un Aruspice, dato che è descritto quale esperto dì viscere animali, di lingue di uccelli nonché di fulmini,l'osservazione e lo studio dei quali potevano convenientemente aver luogo soltanto sopra delle alture le quali, come è noto, non esistono alla foce dell'Arno.
3) Tanta forza d'esercito (per i tempi) e tanta sapienza religiosa, così ben puntualizzate dal Poeta, dovevano necessariamente riferirsi, sia nelle intenzioni di Virgilio, sia obbiettivamente, ad una città già famosa e potente all'epoca di Enea (XIII A. C.), onde, pur nella elasticità poetica, mai il Vate di Mantova avrebbe potuto logicamente attribuire caratteristiche del genere (che presuppongono antichità di fama) ad una città come Pisae la quale, come si è detto ed è noto, risulta nominata per la prima volta nel 225 A. C. ( quindi appena due secoli prima di Virgilio ) e che anche ai tempi della stesura dell'Eneide era scarsamente nominata (14).

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13) Virg. Eneide L. X (trad. Albini)
(14) Cfr. Dizionario di antichità classiche” di Oxford, citato.

Vari antichi Autori comprendono I Pisani tra i dodici Populi della Etruria che inviarono colonie nella Valle Padana. Poiché, come è notorio, tale colonizzazione avvenne in tempi assai remoti e comunque anteriori alla fondazione di Milano ad opera dei Celti (avvenuta al tempo di Tarquinio Prisco) è da escludere che tali Pisani possano essere identificati in abitanti della Pisa dell'Arno la quale, come è noto, non faceva parte della confederazione etrusca delle dodici città capoluogo, né dell'Etruria antica, essendo situata sulla riva destra del predetto fiume: è storicamente pacifico, infatti, che vennero fondate al di là dell'Appennino, tante colonie quante erano le città capoluogo della madrepatria. Pertanto, qualora i detti Autori siano nel vero nell'affermare che Pisa mandò colonie in Valle Padana, tale Pisa non poteva essere la città dell'Arno ma doveva essere necessariamente un'altra città recante lo stesso nome, città, inoltre, di gran lunga più antica e facente parte delle dodici maggiori città della Confederazione Etrusca. Ma a parte le testimonianze di Virgilio e di Catone, nel corso della Romanità classica esisteva una tradizione dì memorie relative alla esistenza d'una PISA ubicata tra Cere e Tarquinia. La storicità di tale tradizione sembra, tra l'altro, trovare conferma in alcune iscrizioni romane quali, ad esempio la seguente:Torna su

Lapide funeraria militare riportata apud Gruterum, pag. CI) XXX I. 5 (15)

(Tale lapide è definita vetusta dal Gruterio).

M. NAEVIUS M F

GAL. RESTITUTUS

MIL. COH.  X PR H      AQ

QUI RELIQ. TESTAM. COLL.

FABR. NAVAL. PIS. STATIONI VETUSTISS.

ET.         PIS. HS IIII ..

Da tale iscrizione, (definita vetusta dal Gruterio) risulta che Marco Nevio Restituto, cittadino (Municeps factum) iscritto alla Tribù Galeria e soldato della X coorte pretoria, lasciò per testamento al Collegio dei Fabbri Navali della vetustissima Stazione Navale Pisana (= porto) 4000 sesterzi in contanti ecc... e l'altrettanto celebre Tempio della Dea Nortia nel quale venivano confitti i chiodi che segnavano il numero progressivo degli anni (cfr. Pallottino, Etruscologia, pag. 189). Nume Indigete di Vèlsina era il Dio Vertumno Deus Etruriae princeps (cfr. Varrone).
La stessa Capitale era il centro della Disciplina fulguralis la cui applicazione pratica aveva luogo sulla torre della disciplina del tuono, torre che, come si legge nel Cippo, era situata nella Capitale stessa. Ma dove era situata tale città ?
Finora il problema è rimasto insoluto, dato che le varie ipotesi formulate al riguardo si sono rivelate prive di fondamento.Tra tali ipotesi le più diffuse sono quelle in base alle quali la misteriosa città andrebbe identificata in Orvieto oppure in Bolsena. Le due ipotesi prendono lo spunto pressoché esclusivamente dai nomi latini (Volsinii Novi e Volsinii Veteres) dato che i locali ritrovamenti archeologici sono di epoca tarda e pertanto inidonei ai fini d'un loro collegamento con l'antichissima Vèlsina. Ma la lettura della scritta del Cippo convince ad abundantiam della infondatezza di tali ipotesi. Nell'iscrizione, infatti, è detto chiaramente:
1) Che la zona dei lago di Bolsena (sulla quale gravitano sia Bolsena che Orvieto) era, di pertinenza della famiglia Afuna (non quindi della famiglia Vèlsina);
2) che la defunta Afuna, originaria del lago ameno era stata generata (dice la scritta) per la quiete funebre della torre della disciplina dei tuoni in Vèlsina, città quest'ultima che, per la contrapposizione al lago natio puntualizzata nella scritta, doveva essere situata logicamente in una zona dalle caratteristiche geografiche molto diverse (cioè lontano da un lago) da quelle della zona di Bolsena o di Orvieto;
3) che la famiglia Afuna, residente a Marta, era stata convocata per iscritto a Vèlsina onde poter assistere alla cremazione della congiunta in quest'ultima città (e la scelta della Capitale era segno di alta considerazione) anziché nel luogo della morte o nella città natale situata come sappiano dal Cippo, sulle rive del lago di Bolsena.
A prescindere da tali elementi ricavabili dal Cippo, anche data per lecita una connessione col nome Volsinii (di Orvieto e di Bolsena) insuperabili appaiono le ragioni storico x geografiche in base alle quali la Capitale aulica dell'Etruria, come ogni luogo custode di venerabili memorie, doveva essere necessariamente situata nella zona del più antico insediamento o del più antico sviluppo della civiltà Ràsena, zona che le risultanze degli scavi vietano, come è pacifico, di identificare nel territorio gravitante sul lago dì Bolsena; onde agevole appare ipotizzare un'origine di tipo coloniale delle due città recanti il nome latino di Volsinii, nome per altro plurale e come tale suscettibile di far presupporre il nome singolare d'una città madre, proprio come appare ipotizzabile per ciò che concerne la PISA di cui sopra si è trattato nei confronti di Pisae situata sulle rive dell'Arno. Torna all'inizio Per le precedenti considerazioni, è da supporre che Vèlsina fosse situata in una zona molto lontana dal Monte Amiata ove, come ormai sappiamo, Afuna della stirpe Afuna, consorte d'un Vèlsina, era morta. Da Piancastagnaio partì per Vèlsina un corteo funebre di Stato data la presenza di XII Aruspici uno per ciascuno dei XII Populi. Ebbene tale corteo, per poter giungere alla capitale, non potè, verosimilmente dirigersi né verso il nord né verso l'est; perché Vèlsina, come si  è accennato, per il suo carattere di sacra memoria nazionale non poteva sorgere in zone di più recente acquisizione quali indubbiamente erano quelle situate a nord e ad est del Monte Amiata. Che Vèlsina sorgesse nella zona della più antica dominazione etrusca, oltre che da quanto detto sopra, appare attestato dal fatto notorio di essere stata sede (Nume Presente) del Dio Velthumno (o Veltha) detto dai Romani Vertumno e definito da Varrone Deus Etruriae Princeps. La sede d'un Dio, infatti, è necessariamente antica nonché stabile essendo difficilmente ipotizzabile un trasferimento.Pur aperta restando l'annosa questione relativa all'origine (autoctona o extra xitalica) del popolo etrusco, innegabile appare la priorità dello sviluppo della civiltà Ràsena nel territorio compreso tra il basso corso del Tevere (da Roma al mare) e la maremma toscana (Etruria marittima di sud ovest). Gli Etruschi afferma infatti Gustav Korte (6) si stabilirono dapprima nella pianura che forma la parte sud x ovest dell'Etruria, fondandovi le città di Cere, Tarquinii, Vulci, Veio e nella parte che, staccandosi da essa, si spinge verso il nord, cioè nella regione delle montagne metallifere da Cosa a Volterra, con Vetulonia con centro più importante.
Certo le iscrizioni etrusche più antiche, rimontanti sin nel cuore del secolo VII, derivano esclusivamente da questa regione.
Scontato che l'elencazione del Korte lascia intendere la convinzione d'una arcaicità decrescente da sud a nord (sempre in zona marittima però) è certo che né lui né gli altri Studiosi inseriscono tra gli insediamenti, più antichi  le zone di Bolsena e di Orvieto.
 
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(6) Etrusker in Real Enciclopadie Pauly Wissova, nella traduzione del Pontrandolfi Gli Etruschi e la loro lingua, P. 45 x Bastogi, Livorno.
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Per  di  più  il  Korte che   scriveva   agli   inizi   di   questo   secolo,  non conosceva ancora le più antiche iscrizioni che vennero reperite posteriormente a Cere ed a Tarquinia, iscrizioni la cui datazione, nonché spingersi nel cuore del VII secolo, rasenta e tocca addirittura il secolo VIII, A. C. (7) Ma l'Etruscologia è unanime nel riconoscere che la città di Vèlsina sorgeva non già sul mare o in luogo a questo prossimo (come Cere o Tarquinia) bensì in una zona interna dell'Etruria Meridionale (Cfr., tra gli altri Pallottino,  Etruscologia, pag. 188, 189 x Hoepli x Milano). Dalle parole del Cippo si evince che Vèlsina era certamente situata in una zona montagnosa o quanto meno di alta collina, dato che, come dice la scritta, la città era il centro della, Disciplina fulguralis il cui esercizio pratico e cioè l'osservazione dei fulmini e degli altri fenomeni atmosferici connessi poteva aver luogo in modo conveniente soltanto in un punto d'osservazione piuttosto elevato quale può essere soltanto un picco montuoso con vasta panoramica. Afuna Vèlsina morì presso le falde del Monte Amiata. L'iscrizione del Cippo attesta che non è in tale luogo che bisogna cercare la città dì Vèlsina dato che proprio da li x luogo di erezione del cippo medesimo - partì il corteo funebre diretto alla Capitale. Peraltro, qualora la salma di Afuna fosse stata cremata sull'Amiata, alle cui falde si era verificato il decesso, nessuna pietra ricordo sarebbe occorso erigere a Piancastagnaio dato che le ceneri della defunta, chiuse in un'urna, sarebbero state deposte in una tomba la quale, per essere vicinissima al luogo della morte, avrebbe reso inutile la collocazione del Cippo. Torna all'inizio Per di più la scritta ci dice che la salma venne accompagnata da XII Aruspici addetti (esercitanti il loro ministero) in Vèlsina: tali Sacerdoti, quindi, certamente dì grado elevato, erano venuti a Piancastagnaio dalla capitale. Ma l'iscrizione ci dice anche che: la famiglia Afuna, residente a Marta, era stata convocata per iscritto a Vèlsina. Lontana e situata a sud del Monte Amiata era dunque la misteriosa città: non nelle vicinanze del lago di Bolsena sulle cui rive era Marta, città degli Afuna. Dal Cippo apprendiamo anche che in Vèlsina sorgeva una FALA (= lat. Fala = torre, castello) per l'osservazione dei fulmini, FALA che, per le funzioni cui era adibita non poteva non  trovarsi  sopra  un  monte, in  posizione  panoramica  onde poter osservare  fenomeni atmosferici che si verificavano a grande distanza. Torna su 
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(7) Cfr. REE 1971, 83 (databile intorno al 700 A. C.) in Cristofani Il sistema onomastico in L'etrusco arcaico x Atti del colloquio di Firenze dell'ottobre 1974 x pag.106 xx109; Leo Olschki edit. Firenze: MI VELEL THUS KACRI QU NUMESIESI PUTES Munus (o mens) velile iti caducarii quot numerose pusis (o putillis) Dono d'un imbarcato su nave a vela, d'un lascito da trasmettersi, ripartendolo con misura (oppure in contanti) ai bambini.
            
Ebbene, dovendosi escludere, per le ragioni già esposte, la pianura maremmana e la zona del lago di Bolsena, nonché i bassi rilievi delle valli dei fiumi Fiora e Marta, il campo della ricerca deve considerarsi ristretto agli unici complessi montuosi che s'incontrano tra le falde del Monte Amiata ed il basso corso del Tevere, fiume questo che, come è noto, segnava il confine tra l'Etruria ed il Lazio. Tali complessi montuosi sono, come è noto, i Monti Cimini, i Monti Sabatini ed i Monti della Tolfa. Ma tra i Monti Cimini giace il lago di Vico e tale circostanza contrasta col distacco di Afuna dal lago natio, distacco sul quale l'autore della  scritta pone l'accento       ( ... originaria del lago ameno .... generata dai Martani Afuna per la quiete funebre della torre della disciplina dei tuoni). Per lo stesso motivo deve essere escluso (ragioni archeologiche a parte) che la città sorgesse sui Monti Sabatini dato che questi sorgono intorno al lago Sabatio (oggi di Bracciano).Non resta, quindi, che ipotizzare Vèlsina ubicata sui Monti della Tolfa.                          
 
LA CAPITALE D'ETRURIA
 
Sui Monti della Tolfa esiste un solo centro abitato di antica origine: Tolfa, dal quale prendono Il nome i monti stessi: l'attiguo Comune di Allumiere, pure ubicato tra i monti stessi, è Infatti di origine relativamente recente (tra il XV° e il XVI° secolo) e fino alla metà del secolo XIX° faceva parte del territorio di Tolfa. Tale territorio, peraltro, è vastissimo. Nella Provincia di Roma è secondo, per estensione, soltanto a quello della Capitale, mentre in epoca precedente alla costituzione del Comune di Allumiere ed al distacco della striscia costiera in cui sorge il centro di S.Severa (l'etrusca Pyrgi), poteva considerarsi all'incirca pari a quello di Roma medesima. Territorio da città, quindi, non da villaggio, poiché è noto come le circoscrizioni territoriali comunali, nel corso dei secoli subiscano per lo più ben pochi mutamenti (e il discorso vale anche per i Municipi romani) la vastità del territorio di Tolfa non può non costituire ragionevole indizio dell'esistenza, in tempi antichissimi, d'un Capoluogo d'importanza adeguata a tale grande estensione territoriale di pertinenza. Tolfa sorge tra tre monti, addossata alle falde del più alto: un picco aguzzo di dura roccia trachitica, spoglio di vegetazione, sulla cui vetta sorgono i ruderi (cospicui) d'un antichissimo castello (dalle caratteristiche architettoniche non Baronali ma ui generis) iI quale nel Medioevo (e fino al Rinascimento) appartenne ai Baroni Frangipane.Il monte in questione,da tempi immemorabili, si chiama Monte della Rocca. Documenti del secolo XVI (prima metà) attestano che in tale epoca il castello era già pressoché in rovina (Annibal Caro in un sonetto a Giovanni Boni) stato questo che dimostra l'antichità dell'edificio,pur mancando, finora, ogni elemento idoneo alla datazione della costruzione.Come si è visto, nel Cippo di Perugia è chiaramente scritto quanto segue:
1)            La salma di Afuna Vèlsina venne portata ad essere cremata nelle residenze regali della Rocca di Vèlsina         (AULES'I VELTHINAS' ARZNAL = Aulis in Vèlsinae Arcis (ne) al = relativo all'Arx);
2)            La scritta, come si è visto sopra, descrive con suggestive parole il destino di Afuna : originaria del lago ameno (di Bolsena) doveva essere generata ....per la quiete funebre della torre della disciplina del tuono( THUN KHULTH FALAS = Tonitri Culti Falae (o arc. Falas, genit, in as come in familias) in Vèlsina.
3)            Alla fine dell'iscrizione è detto che il destino ultraterreno della defunta è stato scritto nel libro della disciplina dei tuoni (THUN KHULTL IKH = Tonitri Cultale (d) icto (= Iibro).
Come si è già accennato nei precedenti dettagli, l'espressione etrusca THUNKHULTH è composta da THUN (= lat. tonitrus = tuono: la 0 manca nella lingua etrusca) e da KHULTH (= lat. Culti = della disciplina, del Culto; il vocabolo FALA, a sua volta corrisponde perfettamente al latino Pala (o Phala) che significa Torre (omotematico di FALADO, voce che, in base ad una celebre glossa, signifìca altezza, cielo).Il nome latino tradizionale della Comunitas di Tolfa è TULPHA, nome questo le cui consonanti (elemento costitutivo dei morfèmi) e le cui vocali (elemento accidentale) sono tutte contenute sia nell'espressione etrusca THUN KHULTH FALAS (8) sia nella omotematica, equipollente espressione latina Ton(itri) Culti Falae(o Phalae). Per tale motivo non appare agevole disattendere l'ipotesi relativa alla possibilità d'identificare nel nome latino della cittadina la contrazione, verificatasi nel corso dei millenni, della espressione etrusca:                                   
THU (nkhu) L_ (the) FA (la).
Ma per quanto concerne in modo specifico il vocabolo latino Fala (o Phala) che corrisponde integralmente all'etrusco FALA, occorre dire che non sono soltanto di carattere etimologico   i   motivi   di   connessione   logica   del  nome  medesimo  con  il  nome  della Comunitas di TuIpha (9). Torna su

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(8) per motivi tecnici le consonanti etrusche 4 (= X) e O ( =  ~) vengono rese, nel presente lavoro, rispettivamente, con KH e con TH.
 
Infatti l'antichissimo nome FALA (= lat. Phala) è tuttora vivo nel vocabolo PALANO usato dagli abitanti del luogo (specie i più anziani) per indicare il Comune oppure l'edificio nel quale tale Ente ha la propria sede; onde alla luce etimologica sembra aggiungersi il suono della lingua parlata a far supporre che l'espressione THUN KHULTH FALA, incisa nel Cippo di Perugia, possa corrispondere al nome plurimillenario di Tolfa. Ma l'ignoto autore dell'iscrizione del Cippo afferma che la torre della disciplina del tuono era situata in Vèlsina. Afuna infatti era stata generata THUN KHULTH FALAS KHIEM FUSL VELTHINA, ossia Tonitri Culti Falae (ad) quietem funerem Vèlsina.
La torre della disciplina dei tuoni era quindi situata nella capitale della Confederazione Etrusca. Nel Museo Civico di Tolfa esiste una bella lapide marmorea, un tempo situata sopra l'arco dell'unica porta della cittadina; tale lapide reca scolpito, in caratteri attribuiti al secolo XVI, il seguente distico, latino:
 
CUI DEDIT OPPIDULO NOMEN CUI FELSINA MUROS
LILIA RESTITUIT GENS ORIUNDA DOMUM
 
l'interpretazione di tale distico ha costituito da sempre un mistero. Sembra tuttavia che la traduzione dello stesso non possa essere diversa dalla seguente:Nel villaggio al quale diede il nome (10), al quale Vèlsina diede le mura, il Popolo originario di LILEA ricostituì la sua patria.Nell'esametro cinquecentesco (ma recante notizie millenarie) è scritto dunque che FELSINA costruì le mura di Tolfa. E' scritto FELSINA e non VELSINA ma tale diversità grafica è da  ritenere priva di rilievo sostanziale ove si consideri che la V di VELSINA non è altro che la traslitterazione fonetica della consonante etrusca ( la quale, in considerazione del fatto che, come è noto,la scrittura etrusca va da destra verso sinistra, corrisponde graficamente alla P latina ed italiana. 
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(9) attualmente il nome ufficiale è Tulphae dato che nel medioevo sorse un'altro centro abitato, nelle vicinanze, avente lo stesso nome: tale centro abitato (Tolfa nuova) venne però abbandonato dalla popolazione ed attualmente non ne esistono che dei ruderi.
(10) Nomen in latino, oltre che nome come è noto, significa anchefama; ma, alla luce degli elementi sopra esposti, sembra più logico pensare che l'autore della lapide abbia inteso alludere alla connessione di TOLFA con Tonitri Culti Fala. Infatti, malgrado i caratteri cinquecenteschi, non si può escludere che lo stesso abbia potuto attingere a fonti antiche a noi sconosciute.
   

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(15) Riportata dal Noris in Coenotaphia Pisana) x dissertazione I;

 

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