index

 

 

JOSEPH SEVERN E TOLFA

Introduzione, commento, note e selezione delle lettere a cura dei
Proff.  Luciano Poggi e Paola Faini

Joseph Severn e John Keats: un viaggio in Italia.

Pressocché ignorato dalle enciclopedie italiane, quasi mai citato in prima persona e comunque poco più che marginalmente in altre opere di carattere generale riferibili alla pittura o alla letteratura inglesi del periodo romantico, cionondimeno il nome di Joseph Severn (1793-1879) resta definitivamente legato a quello del grande poeta John Keats (1795-1821). Conosciutisi nel 1816 e  quasi coetanei - Severn era di due anni meno giovane -  più che veri e propri amici Keats e Severn erano sempre rimasti non molto più che occasionali conoscenti, anche se abbastanza assidui, nell'ambiente artistico-letterario della Londra del primo Ottocento. Come pittore, Severn godeva di una certa notorietà a Londra, soprattutto dopo aver ricevuto la prestigiosa medaglia d'oro della Royal Academy per un suo quadro che all'epoca aveva avuto un buon successo, "The Cave of Despair". Tale prestigioso riconoscimento non era tuttavia bastato ad affermarne solidamente il nome e  ancor meno ad imporlo alla piena considerazione degli ambienti artistici. Altri erano gli amici  in più intimo sodalizio con il già celebre  John Keats: tra di essi il poeta  John Hamilton Reynolds (1794-1852), il giornalista  Leigh Hunt, il letterato Charles Brown (1787-1842), il pittore Benjamin Robert Haydon (1786-1846). Costoro, pur riconoscendo a Severn un certo buon talento e indubbia capacità tecnica - si era inizialmente accreditato come ritrattista-miniaturista: un genere assai in voga all'epoca, ma decisamente minore - lo consideravano molto probabilmente poco più che un dotato “amateur”, un dilettante, e non già un artista puro. Ciò, pur senza assicurare al giovane Joseph Severn una considerazione artistica ed umana particolarmente elevate in quell’ambiente, non lo escludeva tuttavia dalla frequentazione abituale e da  rapporti cortesemente amicali con il poeta e gli altri della sua cerchia, ma nulla di più. Di ciò abbiamo indiretta conferma nel periodo in cui si andava preparando la partenza di Keats per l'Italia. Allorché, per il poeta, irrimediabilmente anche se inconsapevolmente malato di tisi, si doveva  trovare nel novero dei suoi più intimi, un consono e affidabile compagno per il suo viaggio in Italia nella speranza di un recupero di salute, di fronte alla indisponibilità o all'impossibilità di tutti gli altri amici, solo alla fine si pensò di  interpellare Joseph Severn, il quale, senza alcuna esitazione, accettò di partire. Ma era con tutta evidenza una scelta di ripiego, cui forse lo stesso Keats - ben conscio in cuor suo, malgrado le molte apparenze contrarie, del proprio stato di salute, di cui invece Severn all’inizio ignorava la gravità - accettò di adattarsi pur di avere qualcuno che lo scortasse in quel viaggio. Degli amici più intimi di Keats, nessuno si mostrò soddisfatto della scelta e tutti la considerarono con esplicito scetticismo: troppo modesta a giudizio di tutti la caratura umana ed artistica di Severn rispetto alla sublime genialità del poeta. Agli iper-protettivi, ma in fondo poco disponibili amici di Keats, quella che a loro appariva come un’evidente inadeguatezza di Severn, insieme alla scarsa affinità e familiarità tra i due, dava preoccupato motivo di immaginare  disagi e difficoltà  interiori per il poeta, già tanto sofferente. Preoccupazioni forse in parte comprensibili. Torna su E però Severn aveva dalla sua una salute gagliarda, un carattere gioviale e allegro, nessun impedimento personale, un entusiasmo traboccante, una solerte intraprendenza e soprattutto una convinta ammirazione per il poeta: poterne essere l’accompagnatore verso la mitica Italia gli deve essere apparso come un immenso, inimmaginato, imperdibile privilegio. Ma quali, nel profondo, le ragioni di una così pronta, e non prevista né in fondo benaccolta dai renitenti amici di Keats, accettazione da parte di Severn? Più d’una. Innanzitutto, al giovane pittore non sembrò vero di poter partire per l’Italia. Terra agognata e ineludibile per chiunque avesse aspirazioni artistiche, l’Italia continuava ad essere nell’immaginario collettivo la meta ultima del “grand tour” dei secoli precedenti. Agli occhi del giovane Severn deve essere balenata d’un tratto la pronta possibilità di incontrare la schiera infinita dei grandi pittori italiani del passato, la gloria del Rinascimento e dei suoi geni, l’eleganza altera delle linee dell’architettura classica, la grandiosità dei monumenti, il fascino dei paesaggi mediterranei, la suggestione dei tanti luoghi della storia in cui il passato sembrava ancora vibrare vivo e palpitante. Ma la possibilità di accompagnare il già celebre poeta doveva apparire al giovane Severn anche come una propria lusinghiera, personale affermazione che lo promuoveva ed elevava nella considerazione dei molti  che ruotavano intorno a Keats e non solo tra di essi: se ne sarebbe parlato negli ambienti artistici e letterari, avrebbe affermato e fatto circolare il suo nome contribuendo così alla costruzione di quella fama cui il giovane pittore Severn, come ogni artista, aspirava. E’ naturalmente appena il caso di dire che l’ammirazione di Severn per John Keats era comunque  profonda e sincera e che di lui egli condivideva pensiero e sensibilità: del resto appartenevano alla stessa generazione. In terzo luogo, anche dal punto di vista materiale, il viaggio avrebbe potuto godere di una fortunata coincidenza: la medaglia d’oro da poco ricevuta consentiva a Severn di chiedere alla Royal Academy – delle cui scuole cui era stato allievo in passato – la concessione di una borsa di studio triennale all’estero. L’ambita sovvenzione, condizionata alla produzione di un saggio pittorico che convalidasse agli occhi degli esigenti giudici dell’Accademia Reale la bontà dell’investimento economico, fu presto ottenuta..Rimaneva un ultimo ostacolo da superare. Severn non aveva fatto i conti con il proprio padre e questi  fece del tutto per scoraggiare la partenza o addirittura vietarla. Non ultimo argomento, tra i vari utilizzati dall’allarmato genitore, quello che avrebbe messo pericolosamente a rischio la propria salute prendendo contagio dal malato Keats. Ma minacce e discussioni a nulla valsero: la decisione di Severn era presa. John Keats e Joseph Severn salpano per Napoli il 18 settembre 1820, vi arrivano il 21 ottobre e dopo una quarantena di dieci giorni proseguono via terra per Roma dove giungono il 15 novembre 1821 andando ad installarsi al 26 di Piazza di Spagna (oggi sede del Keats-and-Shelley Memorial House). La zona era allora prediletta in particolare dagli inglesi ma anche da stranieri di ogni nazionalità, soprattutto artisti, che a Roma studiavano e lavoravano. La scarsa dimestichezza tra i due non mancò di manifestarsi durante il lungo viaggio per mare, ma a parte lunghi silenzi e qualche imbarazzata difficoltà a comunicare, soprattutto da parte di Keats,  non vi furono problemi particolari. Peraltro le pene di Keats, come ebbe poi a confessare all’arrivo a Napoli a Severn, erano anche di natura sentimentale. Ciò che invece, già pochi giorni dopo la partenza,  Severn cominciò a sospettare  fu la vera natura del male e la gravità delle condizioni di Keats. Gli apparve evidente che quello intrapreso da Keats non poteva essere un viaggio di convalescenza, come detto prima della partenza. Se, infatti, il poeta non era ancora stato diagnosticato dai medici come malato di petto - era soprattutto il  suo apparente buon aspetto a trarre in inganno – era pur vero che la notte veniva assalito da febbre alta, gli attacchi di tosse e le difficoltà respiratorie diventavano allarmanti, espettorava sangue. Il destino di Keats era irrimediabilmente scritto: Severn ne fu il trepidante, soccorrevole testimone nel poco tempo che al poeta restava ancora da vivere. Torna su Negli anni a seguire, davanti alle prove di generosa dedizione di Severn verso il poeta, di cui subito si ebbe notizia in Inghilterra, tutti gli scettici amici di prima della partenza avranno l'umiltà di rivedere i loro giudizi e rivalutare la poca considerazione mostrata nei suoi confronti  riconoscendone tutto il merito umano. Keats, nel breve tempo del suo travagliato soggiorno italiano che la  morte chiuderà nel rapido volgere di cinque mesi, avrà in Joseph Severn il più devoto degli amici, un consolatore infaticabile votato esclusivamente alla cura di lui e tutto dedito ad alleviare le sofferenze dell’infelice poeta di cui non  abbandonerà mai il  capezzale.  Il 23 febbraio 1821 John Keats, appena venticinquenne, muore: è Joseph Severn che ne prende la maschera mortuaria, estrema tragica immagine dopo i numerosi ritratti e disegni dei mesi precedenti in cui ce ne ha tramandato i lineamenti. John Keats  venne sepolto nel cimitero degli inglesi – così allora era anche detto - che sorge all'ombra della Piramide di Caio Cestio, all'interno delle mura aureliane,  presso Porta San Paolo. Joseph Severn non lasciò più l’Italia. Vi continuò la sua attività di pittore e  mantenne sempre i suoi rapporti con gli amati famigliari e amici in Inghilterra, recandosi a far loro visita, ma sempre ritornando a Roma,  divenuta sua patria di elezione per la vita. Nel 1861, alla non più giovane età di 68 anni - grazie alle sue influenti amicizie e al credito di cui godeva in patria - venne nominato console inglese a Roma ricoprendo  la carica fino al 1872: uno dei periodi più intensi della storia risorgimentale d'Italia. In tale ruolo ufficiale, tra le molte vicende di quel decennio, Severn si trovò a vivere i giorni della presa di Roma. Per sempre fedele al ricordo dello sfortunato poeta e amico, Severn, nei lunghi anni della propria vita, ne alimentò e  onorò la memoria con scritti e testimonianze, come anche con dipinti ispirati alle sue opere. Ultimo della cerchia di John Keats,  Joseph Severn morì nel 1879 a Roma, all’età di 86 anni. Venne  sepolto vicino al poeta e amico dei suoi lontani vent’anni, tra le loro tombe quella di un figlio di Severn morto in tenerissima età. 

 

Joseph Severn a Roma: 1820-1879. L’epistolario di una vita.

 

 Iniziato con il suo primo giovanile arrivo in Italia nel 1820, l’epistolario di Joseph Severn si pone qui alla nostra attenzione e al nostro interesse soprattutto per un certo numero di lettere da  lui inviate, in vecchiaia, ai propri famigliari in Inghilterra. La sua era una reputata famiglia della middle-class con buone amicizie e relazioni di livello nella migliore società londinese del tempo. Tuttavia, al di là del ristretto numero di lettere qui prese in esame, la corrispondenza che Severn intrattiene con l’Inghilterra durante tutta la sua lunga vita è nutritissima e ci testimonia della solidità dei suoi legami, mai venuti meno, con il paese di origine. Sono appunto queste lettere che ci rivelano molto da vicino la vita di  John Severn a Roma. Come pittore, è in Italia che egli ottiene un successo del quale va orgoglioso. In Lettere 2, 9 e 21 afferma soddisfatto che i suoi quadri sono ?nelle collezioni di principi e sovrani? e che partecipa alle esposizioni ufficiali di pittura in Roma, riscuotendo consensi importanti ?malgrado sia protestante?: ciò gli attira le gelosie di altri artisti romani. Senza diventare ricco, guadagna bene dal suo lavoro, i mercanti d’arte con lui non lesinano sul prezzo e acquistano senza farsi pregare; può perfino fare qualche buon investimento in titoli nella società Acqua Marcia. Ma la sua attività artistica non si limita alla pittura. Sempre intraprendente e laborioso, disegna e fa erigere la tomba dell’amico John  Keats nel Cimitero Protestante: a quella, altre faranno seguito, frutto della sua mano e della sua creatività, che gli verranno commissionate. Si diletta di musica ed è appassionato di canto: fa realizzare un piccolo teatro nell’ala che abita di Palazzo Poli, dove si esibiscono cantanti italiani e stranieri. In Lettera 21 scrive: ?Ho scritto un saggio sulla Luce e i Colori [?] Ne ho anche scritto un altro sulla religione degli antichi Etruschi?.Torna su Il Consolato a Roma è il prestigioso, finale riconoscimento della madre-patria alle sue capacità personali e artistiche, alla sua lunga esperienza degli ambienti romani e papali e soprattutto al credito che era stato capace di guadagnarvi. Ne trarrà un insperato e importante aiuto economico di cui si dice sempre riconoscente, ma il diplomatico coesisterà sempre con il pittore che egli è sempre stato fino alla fine. In breve, le lettere di Severn  sono la fedele cronaca della sua vita a Roma, delle sue amicizie romane e inglesi, delle sue abitudini di vita,  delle  vicende pubbliche del tempo come anche  degli  aspetti  della sua vita privata e famigliare: ne viene fuori il ritratto a tutto tondo di un uomo gioviale e cordiale, amante della famiglia, innamorato della pittura, profondamente credente, che vive la sua lunga vita con gratitudine per ciò che la ?misericordiosa Provvidenza? gli ha concesso,  con un distacco molto ?British? rispetto alla vicende  italiane del tempo, sulle quali  esprime giudizi  personali che all’epoca dovevano essere nell’animo dei più, specie a Roma. L’esperienza della morte dell’amico poeta lo segna per tutta la vita: nelle sue lettere di quasi ottantenne, quei lontani ricordi riaffiorano con un velo di tristezza e di rimpianto e le frequenti visite che egli fa al Cimitero di Porta San Paolo, alle tombe dei tanti suoi amici che vi riposano, sono insieme mesta rievocazione del passato e presagio di un non lontano ritrovarsi. Le lettere qui presentate, per lo più in stralci,  sono indirizzate alla sorella Maria Severn e  al fratello Thomas Henry Severn, cui si rivolge chiamandolo ?Tom?, residenti al 24 di Lyme Street, Camden Road, Camden Town, all'epoca un sobborgo di Londra, oggi un suo elegante quartiere semicentrale - che ne conserva il toponimo - nella parte nord-ovest della città. Una sola lettera, tra quelle da noi avute in copia, è indirizzata a Charles Severn, altro fratello di Joseph Severn. In tutte le lettere qui citate, Severn si firma  ?Joe?.  

 

Joseph Severn a Tolfa: 1867 – 1874

 Le 28 lettere qui studiate - di cui disponiamo integralmente in copia dattiloscritta ripresa dagli originali manoscritti  presenti nella Biblioteca della Keat’s House di Londra - sono datate da Civitavecchia, da Tolfa o da Roma e si situano nel periodo che va  dal 30 Luglio 1867 al 24 Settembre 1874. Il loro interesse per questo sito è rappresentato dalle testimonianze che esse ci danno della presenza  di Joseph Severn a Tolfa. Torna su Giuntovi per la prima volta nel luglio 1867, a Tolfa Severn viene per curare i propri acciacchi senili prendendo bagni di calda acqua termale: soffriva di gravi forme reumatiche alle gambe e alle mani che gli rendevano molto difficoltosa la deambulazione e, ciò che lo preoccupa vivamente, gli impediscono di dipingere come vorrebbe. Più d’una le ragioni della scelta di Tolfa da parte dell’ormai anziano pittore. In primo luogo, egli vi trova un medico per il quale esprime sempre grande ammirazione e fiducia oltre che amicizia, il “buon Dottore Valeriani”: un medico,  forse romano, che esercitava la sua attività tra Roma e Tolfa e che aveva grande dimestichezza con i luoghi tolfetani e le acque termali che vi affiorano. In secondo luogo, Severn deve fare i conti da un lato con le sue limitate possibilità economiche, e dall’altro con le esigenze imposte dal suo incarico di console inglese a Roma: dalla sede diplomatica non gli è consentito allontanarsi troppo, deve infatti poter quotidianamente ricevere dai suoi segretari e rinviare documenti a sua firma e inoltrare corrispondenza; tutto questo gli preclude la possibilità di  recarsi in altre località termali di fama più lontane e dispendiose, dentro o fuori  quel che resta dello Stato Pontificio. Per quanto è di nostro precipuo interesse in queste lettere, oltre al “buon Dottore Valeriani”, una sola altra persona viene ripetutamente citata da John Severn con riferimento ai soggiorni a Tolfa e alla residenza romana: si tratta di una cuoca. E’ “la mia buona Betta” delle Lettere 19 e 22 e anonimamente di altre. Impossibile individuare tale personaggio, né stabilire, dal poco che viene detto,  se si tratti di una domestica che Severn porta con sé da Roma o che egli trova inizialmente a Tolfa e poi prende definitivamente al proprio servizio. Entrambe le ipotesi trovano riscontri di plausibilità nelle lettere. Accorto, scrupoloso, efficiente diplomatico, tuttavia Severn è e resta soprattutto un artista, un pittore: di Tolfa coglie la bellezza dei paesaggi, la rigogliosità dei boschi, l’asprezza rocciosa dei monti, lo spettacolo dei campi coltivati e dei tolfetani, uomini e donne, al lavoro nel tempo del raccolto, la durezza delle condizioni di vita, gli episodi di brigantaggio. A Tolfa, John Severn alloggia, a quanto egli scrive in Lettera 1, in “Casa Boggi”. Il nome Boggi è tuttora presente in alcune famiglie tolfetane. In altre lettere, senza confermare tale indicazione, ci fa capire che alloggia sempre in famiglia, avendo con sé anche una sua propria domestica-cuoca. In Lettera 11, sulle persone che lo alloggiano il giudizio di Severn è quanto mai lusinghiero e  anzi si evidenzia  la grande familiarità con cui egli è trattato, che è di suo pieno gradimento.. Dai bagni di Tolfa, presi regolarmente di anno in anno, dalla fine aria di montagna, la salute di Severn trae insperati benefici, come egli entusiasticamente più volte racconta ai famigliari: riesce a riprendere a camminare speditamente, tanto da fare escursioni quotidiane di qualche miglio nei boschi e tra le balze fuori città, riesce a migliorare l’uso delle proprie mani, essenziali per il suo lavoro di pittore. Quando esce in passeggiata, si veda Lettera 14,  ha sempre con sé il suo album dove annota in rapidi schizzi  immagini della natura  e scorci del paesaggio, magari da riutilizzare nei suoi quadri.  Ma alla città di Tolfa, Joseph Severn, come ripetutamente racconta in Lettere 23, 27 e 28 dona anche un quadro, una “Madonna”, che dei tolfetani gli chiedono insistentemente in doveroso omaggio votivo alla Vergine per i “prodigiosi” miglioramenti di salute avuti. Severn, grato e bonario, accondiscende alla richiesta e il lavoro viene consegnato con generale soddisfazione. Stando a quanto il pittore scrive, la “Madonna” è per “la chiesa di Tolfa”. Ma di quale delle nove chiese all’epoca esistenti si sarà trattato? Di quel dipinto di Severn, che sarebbe stato oggi vanto della città di Tolfa,  si è persa oggi ogni traccia e memoria. Definitivamente? Da queste lettere, in cui Joseph Severn, tra il luglio 1867 e il settembre 1874, evoca Tolfa, la sua gente e i suoi luoghi,  ci giunge ancora oggi la testimonianza di tutto il calore umano e la vivacità di carattere che gli erano propri. A Tolfa, Severn non si isola, non si sente straniero, parla italiano, apprezza di cuore la semplice genuinità di cibo e vino, spende la propria autorevolezza per risolvere il problema idrico della città (cfr. Lettera 9),  si adegua con piacere a abitudini e usi del luogo, vive tra la gente, é conosciuto e rispettato, dà e riceve amicizia.  Tra i tanti forestieri che le montagne e l’antica città di Tolfa hanno attratto, ieri come ancora oggi, Joseph Severn, gentiluomo inglese, amico di poeti, pittore, diplomatico di Sua Maestà Britannica presso la Santa Sede, romano di elezione,  uomo sincero e gioviale, è forse quello che più di tutti può  meritare di essere ricordato, per l’affascinante epoca in cui visse, per generosità e serenità d’animo, per  disponibilità umana e nobiltà d’arte, come stanno ancora a ricordarci le sue ormai lontane ma  piacevoli, e per noi preziose, testimonianze epistolari.  

Cronologia delle lettere tolfetane di John Severn

Per comodità e facilitazione di riferimento, abbiamo individuato le lettere con un numero progressivo seguendone l’ordine cronologico.Talvolta, nelle lettere datate da Tolfa, al nome della città viene aggiunta la specificazione “via Civita Vecchia”. Non si tratta ovviamente di un indirizzo: tale indicazione fa infatti riferimento al servizio postale del tempo che prevedeva l’inoltro della corrispondenza tramite appunto la località più importante viciniore a quella da cui la missiva veniva spedita. Altre volte, nella data di talune lettere da Roma, appare l’indicazione di “Palazzo Poli”: si tratta del grande palazzo romano, che ingloba la celeberrima Fontana di Trevi, e che era all’epoca in parte residenza e si direbbe anche sede diplomatica di Joseph Severn, in quegli anni console inglese. In qualche caso, infine, la data si arricchisce della specificazione del giorno della settimana. Della specificazione  di “Casa Boggi”, che appare nella data in Lettera 1, è già stato detto più sopra.

Lettera  1: Joseph Severn al fratello Thomas Henry Severn. Datata: Tolfa Casa Boggi via Civita Vecchia  30 Luglio 1867.

Lettera   2 : Joseph Severn al fratello Thomas H. Severn. Datata: Roma 14 Ottobre 1867

Lettera   3 : Joseph Severn alla sorella Maria Severn. Datata: Roma 8 Luglio 1868

Lettera   4 : Joseph Severn al fratello Thomas H. Severn. Datata: Roma 8 Settembre 1869

Lettera   5 : Joseph Severn al fratello Charles Severn. Datata: Roma 21 Dicembre 1869

Lettera   6 : Joseph Severn alla sorella Maria Severn. Datata: Roma 3 Maggio 1870

Lettera   7 : Joseph Severn al fratello Thomas H. Severn. Datata: Tolfa Civita Vecchia 23 Luglio 1870

Lettera  8 : Joseph Severn al fratello Thomas H. Severn. Datata: Roma 18 Agosto 1870 (su carta del  Consolato Britannico in Roma)

Lettera   9 : Joseph Severn alla sorella Maria Severn. Datata: Roma 8 Marzo

Lettera 10 : Joseph Severn al fratello Thomas H. Severn. Datata: 27 Giugno 1871

Lettera 11 : Joseph Severn al fratello Thomas H. Severn. Datata: Tolfa 9 Settembre 1871 (su carta del Consolato Britannico in Roma)

Lettera 12 : Joseph Severn alla sorella Maria Severn. Datata: Roma 30 settembre 1871

Lettera 13 : Joseph Severn alla sorella Maria Severn. Datata: Roma 11 ottobre 1871

Lettera 14 : Joseph Severn alla sorella Maria Severn. Datata: Roma 3 Maggio 1872

Lettera 15 : Joseph Severn al fratello Thomas H. Severn. Datata: Roma 10 Giugno 1872

Lettera 16 : Joseph Severn alla sorella Maria Severn. Datata: Roma 16 Giugno 1872

Lettera 17 : Joseph Severn alla sorella Maria Severn. Datata:  25 settembre (un breve post-scriptum  indica  che la lettera è stata scritta a Tolfa, l’anno è il 1872)    

Lettera 18 : Joseph Severn al fratello Thomas H. Severn. Datata: Pal.Poli Roma 6 Dicembre 1872 (in calce la lettera reca la data 10 Dicembre 1872: evidentemente giorno in cui essa è stata conclusa)

Lettera 19 : Joseph Severn al fratello Thomas H. Severn. Datata: Roma 23 Aprile 1873

Lettera 20 : Joseph Severn alla sorella Maria Severn. Datata: Tolfa Civita Vecchia 10 Agosto 1873

Lettera 21 : Joseph Severn al fratello Thomas H. Severn. Datata: Tolfa Civita Vecchia Domenica 10 Agosto 1873

Lettera 22 : Joseph Severn alla sorella Maria. Datata: Roma 24 Febbraio 1874

Lettera 23 : Joseph Severn al fratello Thomas H. Severn. Datata: Roma 21 Marzo 1874

Lettera 24 : Joseph Severn al fratello Thomas H. Severn. Datata: Roma 12 Aprile 1874

Lettera 25 : Joseph Severn alla sorella Maria Severn. Datata: Martedì  14 Aprile 1874

Lettera 26 : Joseph Severn alla sorella Maria Severn. Datata: 7 Giugno 1874

Lettera 27 : Joseph Severn al fratello Thomas H. Severn. Datata: Tolfa (per Civita Vecchia) 3 Agosto 1874

Lettera 28 : Joseph Severn alla sorella Maria Severn. Datata: Roma 24  Settembre 1874 

 

Per una migliore comprensione delle lettere di Severn  qui presentate, diamo quasi per intero la traduzione della sola Lettera 1 in quanto in essa si trovano una serie di indicazioni relative a Tolfa, allo stato di salute di Joseph Severn, alle terapie che egli  seguiva, alla sua attività di pittore e alla situazione politica del tempo. Tutti questi elementi ritornano frequentemente nelle lettere successive, anche in maniera piuttosto ripetitiva. Dalla Lettera 2 in poi sono stati selezionati soltanto i passaggi che fanno esplicito riferimento alla città di Tolfa, salvo qualche eccezione in cui abbiamo preferito presentare momenti di particolare interesse. Talvolta sono stati aggiunti in parentesi brevi sintesi di passaggi o annotazioni su dettagli che abbiamo ritenuto interessanti o bisognosi di chiarimento. In un paio di lettere non erano presenti riferimenti particolari a Tolfa: piuttosto che ignorarle, ne abbiamo comunque fatto una breve sintesi. Dirette come sono a dei famigliari, spesso le lettere sono scritte senza troppa attenzione alla forma, in uno stile confidenziale  e discorsivo che abbiamo cercato di conservare nella traduzione. Interventi sulla punteggiatura  e il periodare sono stati spesso indispensabili ai fini di una migliore resa.

Torna su