4.4
MAMMALOFAUNA
4.4.1 INTRODUZIONE
Tranne alcune rare
eccezioni, nell’area dei Monti della Tolfa negli ultimi anni non
sono stati condotti studi specifici sui mammiferi. Pertanto le conoscenze
sulla mammalofauna disponibili in letteratura sono relativamente scarne
e spesso limitate a semplici segnalazioni che andrebbero verificate
e aggiornate.
Molte delle informazioni riportate nell’ambito di questo lavoro
derivano da un articolo di Contoli (1977) che, seppur datato nel tempo,
ha il merito di raccogliere e ordinare sia le conoscenze reperibili
in letteratura, sia le singole segnalazioni riguardanti i mammiferi
dell’intero comprensorio tolfetano-cerite. In realtà, gran
parte della bibliografia esistente fa riferimento all’intero comprensorio
tolfetano piuttosto che al territorio della ZPS e, nonostante ciò,
si è ritenuto di utilizzare questi dati tenendo conto che:
1. la superficie della ZPS è collocata all’interno del
comprensorio tolfetano-cerite e non esistono barriere tali da impedire
la circolazione e lo scambio genetico della mammalofauna tra le due
entità territoriali;
2. dal punto di vista morfologico e vegetazionale non si rilevano differenze
significative tra i due ambiti territoriali, per quanto attiene alle
esigenze della mammalofauna.
Per la classificazione
delle specie si è fatto riferimento a quanto riportato nei volumi
Iconografia dei mammiferi d’Italia edito dal Ministero dell’Ambiente
(AA. VV. 1999) e Checklist delle specie della fauna italiana (Amori
et. al, 1993).
4.4.2 LE
SPECIE DEL COMPRENSORIO TOLFETANO
L’area dei
Monti della Tolfa, e di conseguenza il territorio della ZPS, si rivela
di estremo interesse per quanto concerne la mammalofauna, con la presenza
di circa quaranta specie delle settanta presenti nell’Italia centrale
(Contoli, 1977). A conferma dell’importanza dell’area oggetto
di studio va detto, inoltre, che tra le specie sicuramente presenti
nel territorio della ZPS, 5 sono incluse nell’Appendice II della
Direttiva Habitat 90/43/CEE come specie prioritarie, 3 sono inserite
nell’allegato IV della stessa direttiva (ovvero tra le specie
animali e vegetali che necessitano di stretta protezione) e, infine,
10 sono inserite nel Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini
et. al 1998).
Il gruppo degli insettivori è ben rappresentato con la presenza
di 6 specie, così come quello dei chirotteri che sono presenti
nell’area tolfetana con almeno 5 specie delle 19 presenti nell’intero
territorio regionale (la presenza di altre 6 specie segnalate in bibliografia
va verificata).
L’ordine dei roditori è ben rappresentato con non meno
di 7 specie certe e 4 dubbie, tra queste ultime lo scoiattolo (Sciurus
vulgaris), il ghiro (Glis glis) e il quercino (Eliomys quercinus dichrurus).
Tra i lagomorfi non è ancora certa la presenza della lepre italica
(Lepus corsicanus), mentre la lepre europea (Lepus capensis) sembra
aver perso i suoi caratteri tipici a causa delle continue immissioni
a scopo venatorio.
Il gruppo dei carnivori sembra essere ottimamente rappresentato anche
se andrebbe verificata la presenza del gatto selvatico (Felis silvestris
silvestris) e della puzzola (Mustela putorius).
Infine, tra gli artiodattili va citata la presenza del cinghiale (Sus
scrofa) e la recentissima reintroduzione del capriolo (Capreolus capreolus
italicus), scomparso dall’area agli inizi del ‘900.
Di seguito vengono
descritte le specie inserite negli Allegati II e IV della Direttiva
Habitat, quelle elencate nella Red List della UICN, nella Lista Rossa
degli animali d’Italia (WWF), che siano presenti o dubbie nella
ZPS in studio.
ORDINE CHIROPTERA
FAMIGLIA
RHINOLOPHIDAE
Ferro di cavallo maggiore Rhinolophus ferrumequinum
ferrumequinum (Schreber 1774)
La specie presenta un’ampia distribuzione che va dall’Europa
all’Asia, Giappone compreso e in Italia è presente in tutto
il territorio nazionale.
Il ferro di cavallo maggiore è inserito tra le specie dell’Allegato
II della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie
vulnerabile dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini
et al. 1998).
Le prime segnalazioni bibliografiche riferite alla specie nell’area
tolfetana risalgono agli anni ‘50 e, alcuni esemplari provenienti
da diverse località del comprensorio tolfetano vengono segnalati
da Contoli (1977). Ricerche più recenti confermano la presenza
della specie nel territorio oggetto di studio (Crucitti e Contestabile
1987).
Ferro di
cavallo Euriale Rhinolophus euryale euryale Blasius 1853
Tipica specie Turanico – Europeo – Mediterranea il ferro
di cavallo Euriale è presente praticamente in tutto il territorio
nazionale (AA. VV. 1999).
Il ferro di cavallo Euriale è inserito tra le specie dell’Allegato
II della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie
vulnerabile dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini
et al. 1998).
Per il comprensorio oggetto di studio, Contoli (1977) riporta una citazione
bibliografica risalente agli anni 50 e un paio di segnalazioni. Secondo
Crucitti e Contestabile (1987) il ferro di cavallo Euriale sarebbe presente
ai margini del territorio della ZPS. Lo stesso Crucitti (1986) lo ritiene
in rarefazione in tutto il territorio regionale.
Ferro di
cavallo minore Rhinolophus hipposideros minimus Heuglin 1861
La specie presenta un’ampia distribuzione Turanico – Europeo
– Mediterranea ed in Italia è presente in tutto il territorio
con la sottospecie minimus (AA. VV. 1999) (anche se lo status di sottospecie
non è ancora del tutto accettato).
Il ferro di cavallo minore è inserito tra le specie dell’Allegato
II della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie
in pericolo dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini
et al. 1998).
La specie, seppur presente nel Lazio, è caratterizzata da densità
piuttosto basse (Crucitti, 1986). Nel territorio della ZPS la specie
è presente (Crucitti e Contestabile 1987).
FAMIGLIA
VESPERTILIONIDAE
Vespertilio
di Capaccini Myotis capaccinii (Bonaparte 1837)
La specie presenta una tipica distribuzione Centroasiatico-Mediterranea
ed in Italia è presente in tutto il territorio nazionale.
Il Myotis capaccinii è inserito tra le specie dell’Allegato
II della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie
in pericolo dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini
et al. 1998).
La presenza della specie nel territorio della ZPS non è certa
anche se in diversi lavori la specie viene rinvenuta in aree limitrofe
(Crucitti e Tringali 1985; Contoli 1977).
Vespertilio
maggiore Myotis myotis myotis (Borkhausen 1797)
La specie presenta una distribuzione europeo – mediterranea ed
in Italia è presenta in gran parte del territorio nazionale.
Il vespertilio maggiore è inserito tra le specie dell’Allegato
II della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie
vulnerabile dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini
et al. 1998).
Contoli (1977) segnala la specie solo in alcune pubblicazioni risalenti
ai primi anni ’70 mentre dai dati riportati nel lavoro di Crucitti
e Tringali (1985) la specie, definita poco comune in tutto il territorio
regionale, sembra essere presente solo all’esterno del territorio
della ZPS.
Vespertilio
di Blith Myotis blythii oxygnatus (Monticelli 1885)
Questo vespertilio presenta una tipica distribuzione Centro asiatico
– Europea ed in Italia è largamente diffuso, anche se i
caratteri diagnostici per la distinzione dal Myotis myotis sono stati
evidenziati solo di recente.
Il vespertilio di Blyth è inserito tra le specie dell’Allegato
II della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie
vulnerabile dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini
et al. 1998).
Secondo Contoli (1977) la specie era sicuramente presente nel comprensorio
tolfetano mentre secondo Crucitti e Tringali (1985) la specie viene
ritenuta assente dal territorio oggetto di studio.
Serotino
comune Epseticus serotinus serotinus (Schreber 1774)
Il serotino presenta un’ampia distribuzione che va dalla Gran
Bretagna all’Africa Tropicale, alla Corea e buona parte della
Regione Orientale. In Italia la specie è presente nell’intero
territorio (AA. VV. 1999).
La specie è inserita nell’allegato IV della Direttiva Habitat
90/43/CEE ed è considerato specie a più basso rischio
dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
Per il comprensorio tolfetano si dispone esclusivamente di una segnalazione
bibliografica dei primi anni 70 riportata puntualmente da Contoli (1977).
Al momento non si ha alcuna informazione sulla presenza della specie
nel comprensorio oggetto di indagine.
Orecchioni Plecotus spp. Geoffroy 1818
La sistematica del genere Plecotus è non ancora del tutto chiara.
Le due specie europee sono l’orecchione (Plecotus auritus) e l’orecchione
meridionale (Plecotus austriacus). Queste specie non appaiono essere
comuni nel Lazio (Crucitti 1986) mentre per quanto concerne il comprensorio
tolfetano esiste una sola segnalazione a cura di Contoli (1977) basata
su un cranio incompleto proveniente da un rigetto di Strigiforme che
potrebbe essere attribuito alla sp. Austriacus. Non si hanno ulteriori
informazioni sulla presenza delle due specie che risultano inserite
nell’allegato IV della Direttiva Habitat 90/43/CEE e che sono
considerate specie a più basso rischio dal Libro Rosso degli
Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
Pipistrello
di Savi Hypsugo savii savii (Bonaparte 1837)
Il pipistrello di Savi presenta una distribuzione Centro Asiatico –
Mediterranea e nel nostro paese la specie è nota per l’intero
territorio.
La specie è inserita nell’Allegato IV della Direttiva Habitat
90/43/CEE ed è considerato specie a più basso rischio
dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
Nell’ambito dell’area della ZPS e, più in generale
dell’intero territorio tolfetano, non si hanno molte segnalazioni.
Contoli (1977) segnala la presenza di alcuni individui provenienti dall’area
di S. Marinella, quindi in un’area periferica del territorio della
ZPS.
Miniottero Miniopterus schreibersii schreibersii (Kuhl 1817)
La specie viene considerata sub-cosmopolita con ampia distribuzione
che comprende Europa, Asia ed Australia. In Italia la specie è
presente in tutto il territorio e Crucitti (1986) lo considera, tra
i chirotteri, la specie più abbondante.
Il miniottero è inserito tra le specie dell’Allegato II
della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie a più
basso rischio di estinzione dal Libro Rosso degli Animali d’Italia
(Bulgarini et al. 1998).
Contoli (1977) riporta numerose segnalazioni di presenza della specie
e, tra queste, anche alcune provenienti dal territorio della ZPS oggetto
di studio per altro confermate da Crucitti e Contestabile (1987).
FAMIGLIA MOLOSSIDAE
Molosso di Cestoni Tadarida teniotis teniotis (Rafinesque
1814)
L’unico rappresentante europeo della famiglia Molossidae ha un’ampia
distribuzione Centro Asiatico – Mediterranea ed in Italia è
presente in tutto il territorio nazionale.
Il Molosso di Cestoni è inserito in Allegato IV della Direttiva
Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie a più basso
rischio dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al.
1998).
Le conoscenze sulla distribuzione della specie nel Lazio sono alquanto
scarne (Crucitti, 1986). Nel territorio tolfetano la specie veniva ritenuta
da Contoli (1977) rarissima e, al momento, non si hanno informazioni
aggiornate sul suo status.
ORDINE LAGOMORPHA
FAMIGLIA
LEPORIDAE
Lepre comune Lepus europeus Pallas 1778
La specie è diffusa in gran parte dell’Europa continentale,
Medio Oriente, Asia Minore ed è stata introdotta in numerose
aree tra cui Australia e Nuova Zelanda.
In Italia la lepre autoctona viene identificata tradizionalmente con
la specie L. e. meridiei. In seguito ai numerosissimi episodi di introduzione
di capi provenienti da altre regioni geografiche, perpetrati negli anni
dalle associazioni venatorie, la specie autoctona è andata incontro
a probabili modificazioni del pool genetico originale e numerose ricerche
in corso sono finalizzate a valutare l’entità genetica
delle popolazioni italiane . Questa sua condizione ha fatto si che fosse
inclusa nel Libro Rosso degli Animali d’Italia nella categoria
in pericolo critico (Bulgarini et al. 1998).
Nel comprensorio dei Monti della Tolfa la lepre era ritenuta abbondante,
anche se già Contoli (1977) ritiene che le massicce immissioni
di esemplari non autoctoni potevano aver alterato l’integrità
genetica della lepre locale.
Lepre italica Lepus corsicanus De Winton 1898
La lepre italica
è una specie endemica italiana riconosciuta come tale solo recentemente
ed è definita come “minacciata” secondo i criteri
dell’IUCN (Amori et al. 1996, Bulgarini 1998). Benché sia
formalmente protetta, in quanto non inserita nell’elenco delle
specie cacciabili della legge 157/92 essa viene normalmente abbattuta
in quanto difficilmente riconoscibile durante l’attività
di caccia.
Nel 1898 il naturalista inglese W. E. De Winton descrisse per la prima
volta la lepre autoctona dell’Italia centro-meridionale, della
Sicilia, dell’isola d’Elba e della Corsica attribuendole
il rango di specie (Lepus corsicanus). Si trattava di una lepre con
alcuni caratteri morfologici ben distinti rispetto alla Lepre europea
(Lepus europaeus), fra cui la taglia più piccola, le tonalità
“fulve” del mantello, la colorazione grigio-nerastra della
nuca e della parte dorsale del collo (rossiccia nella lepre europea)
e con una serie di differenze nello scheletro. L’esemplare “tipo”
esaminato da De Winton è oggi conservato presso il Museo di Storia
Naturale di Londra; altri esemplari di questa forma, raccolti alla fine
del secolo scorso, sono presenti nelle collezioni dei Musei di Storia
Naturale di New York, Parigi e Firenze (“La Specola”). In
Italia la distribuzione “storica” di questa lepre aveva
come limite settentrionale l’isola d’Elba sul versante tirrenico
e la provincia di Foggia su quello adriatico.
La tesi che si trattasse di una buona specie (ben distinta da L. europaeus),
sostenuta da De Winton, non fu però condivisa da altri Autori
che in seguito si occuparono della sistematica delle lepri italiane
(Miller, 1912; Ellerman e Morrison Scott, 1951; Toschi, 1965), i quali
considerarono questo taxon una sottospecie di L. europaeus, senza tuttavia
motivare la loro tesi. Sulla base dell’orientamento prevalente,
fin dagli anni Sessanta si ritenne che le massicce e ripetute immissioni
(per fini venatori) di lepri europee appartenenti ad altre sottospecie
importate dall’Europa continentale, ormai non consentissero più
di distinguere l’originaria forma italica (Toschi, 1965). Ciò
nonostante, nel 1974 e ‘75 cinque lepri catturate in un’area
recintata di Mongiana (VV), gestita dal Corpo Forestale dello Stato,
furono acquisite dall’allora Laboratorio di Zoologia applicata
alla Caccia (l’attuale Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica)
e da Spagnesi identificate e collocate in collezione con la denominazione
di lepre italica (Lepus e. corsicanus). Nell’ultimo decennio una
revisione di reperti museali “storici” del genere Lepus
raccolti in Italia ha riproposto la collocazione di questo taxon al
livello specifico, confermando anche la corretta identificazione degli
esemplari provenienti da Mongiana (Palacios et al., 1989; Palacios,
1996). Recentemente, Lo Valvo et al. (1996) hanno analizzato un ridotto
numero di esemplari di lepri provenienti dalla Sicilia confermando queste
ipotesi.
Ulteriori indagini condotte su un numero più ampio di campioni
hanno dimostrato che la lepre italica e la lepre europea sono morfologicamente
e geneticamente distinte (Pierpaoli et al., 1998; Riga et al., 2001;
De Marinis e Toso, 1998). Si evidenzia, inoltre, l’esistenza di
una forte correlazione fra le sequenze di DNA mitocondriale riscontrati
e la distribuzione geografica dei campioni raccolti, per cui gli aplotipi
provenienti dall’Italia centrale (Roma, Viterbo) sono significativamente
differenti da quelli provenienti dall’Italia meridionale (Campania,
Calabria) e dalla Sicilia. In L. europaeus non è stata invece
riscontrata un’analoga correlazione, nonostante il campionamento
abbia interessato anche popolazioni geograficamente molto distanti fra
loro. Il confronto crociato tra i risultati delle valutazioni genetiche
e morfologiche è risultato sempre coerente, escludendo che fra
i campioni esaminati vi potessero essere ibridi delle due specie.
Dal punto di vista filogenetico L. corsicanus e L. europaeus appaiono
come forme estremamente differenziate ed appartenenti a due linee evolutive
indipendenti, essendo la lepre italica affine alla lepre variabile L.
timidus ed alla lepre della penisola Iberica L. granatensis (o loro
forme ancestrali) mentre la lepre europea è più affine
ad alcune specie di lepri africane (L. capensis, L. habessinicus, L.
starcki). Questo quadro filogenetico può essere spiegato ipotizzando
una presenza più antica in Europa di L. corsicanus ed una successiva
e più recente colonizzazione da parte di L. europaeus. Il susseguirsi
di periodi glaciali e interglaciali nel corso di tutto il Pleistocene
avrebbe avuto l’effetto di “confinare” in aree di
rifugio meridionali, o settentrionali, le forme del gruppo “corsicanus-timidus-granatensis”.
La pratica dei ripopolamenti a scopo venatorio effettuati con L. europaeus
in tempi storici ed in particolare nell’ultimo secolo, se da un
lato non ha avuto conseguenze di tipo genetico per L. corsicanus, potrebbe
invece aver significativamente determinato l’attuale struttura
genetica delle popolazioni di L. europaeus.
Per quanto riguarda lo status delle popolazioni, nelle regioni peninsulari
la presenza di popolazioni di Lepre italica sono state accertate a partire
(verso sud) dalla Toscana settentrionale (Capalbio), sul versante tirrenico,
e dal Gargano, su quello adriatico. Al momento è risultata una
distribuzione discontinua di dette popolazioni, sebbene proseguano gli
accertamenti di campo (Trocchi et al., 1998). Ad eccezione di poche
aree isolate dal resto del territorio (Castelporziano, P.N. Circeo)
in tutte le popolazioni dell’Italia peninsulare si verifica una
condizione di simpatria con la lepre europea, dovuta principalmente
alle immissioni effettuate a scopo venatorio. In Sicilia, invece, nonostante
siano stati immessi nel territorio decine di migliaia di lepri di individui
di lepri europee esse non sono riuscite a sopravvivere e non hanno dato
luogo a popolazioni vitali.
Sui Monti della Tolfa esiste una popolazione di lepre italica diffusa
in buona parte del territorio, sebbene con densità apparentemente
basse. Le indagini compiute dal personale dell’Istituto Nazionale
per la Fauna Selvatica su percorsi notturni con l’ausilio dei
fari e con il controllo degli animali abbattuti durante la stagione
venatoria hanno permesso di accertare la presenza della specie in diverse
aree del territorio (fig. XX). Come nel resto della penisola, anche
in questo comprensorio sono stati trovati individui di lepre europea
in simpatria e sintopia con la lepre italica. Un ruolo particolarmente
importante sembra essere svolto dalle aree protette (le due Zone di
Ripopolamento e Cattura) e dall’Azienda Faunistico Venatoria “Santa
Severa” (all’interno della quale la lepre non viene cacciata)
in quanto costituiscono un serbatoio per questa popolazione. La popolazione
di lepre italica dei Monti della Tolfa è in continuità
con quella della provincia di Viterbo, nuclei di questa specie sono
infatti stati ritrovati nei comuni di Tarquinia, Monte Romano, Civitella
Cesi, Blera. Questa area geografica risulta quindi strategicamente importante
per la conservazione nazionale della specie essendo una “metapopolazione”
costituita da numerosi nuclei in connessione tra di loro e dalle elevate
possibilità di colonizzazione delle aree adiacenti (grazie all’esistenza
nella zona di numerose aree naturali che possono svolgere il ruolo di
corridoi ecologici). Sarebbe quindi importante creare altre aree protette
o con divieto di caccia alla lepre (sia italica che europea) n modo
da aumentare il successo riproduttivo delle popolazioni e di non impedire
i naturali processi di interscambio tra i diversi nuclei.
ORDINE
RODENTIA
FAMIGLIA
SCIURIDAE
Scoiattolo Sciurus vulgaris Linnaeus 1758
Lo scoiattolo è una specie a diffusione eurasiatica e in Italia
è diffuso su tutto il territorio nazionale con la sola eccezione
delle isole.
La specie presenta una sistematica incerta e, attualmente vengono riconosciute
3 sottospecie: S. v. fuscoater diffusa nell’Italia settentrionale,
lo S. v. italicus diffuso fino a Marche e Umbria e S. v. meridionalis
che giunge fino in Aspromonte (AA. VV. 1999).
Nell’area dei Monti della Tolfa si registrano alcune vecchie segnalazioni
(Contoli, 1977). Non si hanno notizie recenti sulla presenza delle specie
né di quale sottospecie dovrebbe trattarsi anche se, presumibilmente,
dovrebbe essere la meridionalis.
La specie viene considerata vulnerabile dal Libro Rosso degli Animali
d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
FAMIGLIA
GLIRIDAE
Quercino Elomys quercinus (Linnaeus 1766)
Il quercino è presente nel territorio italiano con quattro differenti
sottospecie. La sottospecie nominale è diffusa in alcune aree
del nord est italiano e nel resto della penisola è presente E.
q. dichrurus (AA. VV. 1999). Particolarmente interessanti dal punto
di vista della conservazione sono la sottospecie sarda (E. q. sardus)
e quella di Lipari (E. q. liparensis).
La specie viene definita vulnerabile dal Libro Rosso degli Animali d’Italia
(Bulgarini et al. 1998).
Contoli (1977) riporta una sola segnalazione di un possibile avvistamento
della specie nel comprensorio tolfetano. Non si dispone di informazioni
recenti sulla presenza della specie nell’area della Tolfa.
Moscardino Muscardinus avellanarius speciosus (Dehne 1855)
Il moscardino ha un distribuzione europeo – mediterranea e in
Italia è presente in gran parte del territorio ad eccezione della
Sardegna e delle isole minori.
Il moscardino è inserito nell’Allegato IV della Direttiva
Habitat 90/43/CEE, ed è considerato specie vulnerabile dal Libro
Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
La specie sembra essere abbastanza frequente in tutto il comprensorio
tolfetano e molteplici sono le osservazioni e le segnalazioni (Contoli
1977).
FAMIGLIA
HYSTRICIDAE
Istrice Hystrix cristata Linnaeus 1758
L’istrice presenta una distribuzione peculiare per la sua presenza
nell’area del Maghreb, nelle regioni a sud del Sahara e in Italia,
dove ha colonizzato le regioni meridionali e centrali e dove sembra
stia ampliando ulteriormente il suo areale.
La specie è presente sia nell’area oggetto di indagine
che in tutto il comprensorio tolfetano. Le prime segnalazioni bibliografiche
risalgono ai primi del 900 e in generale la specie è stata considerata
sempre piuttosto comune. Fino a metà degli anni ‘70 veniva
regolarmente cacciata e si stima che venissero catturate un centinaio
di capi per annata venatoria (Contoli 1977). Nonostante la specie sia
ampiamente protetta è ancora soggetta ad un intenso bracconaggio
per le sue carni ritenute prelibate.
L’istrice è inserita nell’Allegato IV della Direttiva
Habitat 90/43/CEE e nel Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini
et al. 1998).
ORDINE CARNIVORA
FAMIGLIA
CANIDAE
Lupo Canis lupus lupus Linnaeus 1758
L’areale di distribuzione del lupo comprendeva l’intero
continente nord americano ed euroasiatico ma in seguito alla persecuzione
umana la specie si è estinta in molte zone, tra cui l’Europa
centro settentrionale. In Italia il lupo ha toccato il suo minimo storico
negli anni ’70 quando venivano stimati un centinaio di individui
relegati in alcune aree dell’Appennino centro meridionale. A partire
da quel periodo la specie è andata incontro ad una lenta ripresa
che ha portato la popolazione alla soglia dei 400-500 capi, localizzati
in gran parte della dorsale appenninica e, da pochi anni, anche in una
porzione delle Alpi Occidentali (Ciucci e Boitani, 1998).
Il lupo è inserito nella lista delle specie prioritarie dell’allegato
II della Direttiva Habitat 92/43 CEE e nel libro rosso degli animali
d’Italia, nella categoria vulnerabile.
Numerose sono le segnalazioni della presenza della specie nel comprensorio
tolfetano riportate da Contoli (1977). Il comprensorio tolfetano costituisce
la porzione meridionale di una importante ramificazione dell’areale
localizzata tra Lazio settentrionale e Toscana centro meridionale. Il
numero di individui presenti in questa porzione di territorio oscilla
negli anni, anche in relazione agli abbattimenti illegali si verificano
ancora nonostante il regime di protezione di cui beneficia la specie.
Vi sono testimonianze di recenti abbattimenti nel territirio adiacente
di Tarquinia.
Il comprensorio dei Monti della Tolfa, pur non ospitando nuclei stabili,
in virtù delle peculiari caratteristiche ambientali e del basso
grado di antropizzazione risulta essere un’area strategica per
la specie, soprattutto in termini di connessione con altre aree vitali.
FAMIGLIA
MUSTELIDAE
Puzzola
Mustela putorius Linnaeus 1758
In Italia questo mustelide è distribuito in tutta la penisola
con l’eccezione delle isole.
Nel comprensorio tolfetano negli anni ‘70 la specie era ritenuta
presente anche se con densità piuttosto basse (Contoli, 1977).
Attualmente si hanno scarne informazioni circa la presenza di questa
specie (una osservazione effettuata nel 1995, presso il km 5 della SP
3/b: Macedone, com. Pers.) e che, sicuramente, è presente in
un’area del litorale laziale a sud del comprensorio oggetto di
studio: il Bosco di Palo laziale (Marinelli com. pers.).
La puzzola è presente nel Libro Rosso degli Animali d’Italia
(Bulgarini et al. 1998) con lo status carente di informazioni, a conferma
della scarsità di informazioni che si hanno in merito.
Martora Martes martes (Linnaeus 1758)
La martora è considerata dal Libro Rosso degli Animali d’Italia
a basso rischio (Bulgarini et al. 1998). In Europa è distribuita
in gran parte delle aree mentre in Italia ha una distribuzione discontinua
ed è legata alla presenza di foreste di alto fusto.
Nonostante la specie fosse segnalata da numerose pubblicazioni storiche
facenti riferimento al comprensorio oggetto di studio, negli anni settanta
era già considerata rarissima, anche a causa della campagna di
sterminio cui era stata oggetto (e che accomunava tutti i mustelidi)
perpetrata attraverso l’uso di bocconi avvelenati (Contoli, 1977).
Vi sono state osservazioni recenti di questa specie nella area oggetto
di studio da parte di F. Riga (com. pers.).
FAMIGLIA FELIDAE
Gatto selvatico Felis silvestris silvestris Linnaeus
1758
A causa delle sue abitudini comportamentali particolarmente elusive
le conoscenze sulla distribuzione del gatto selvatico in Italia sono
scarse e frammentarie. Nell’area settentrionale Felis silvestris
silvestris è presente nelle Alpi liguri, al confine con la Francia
e nelle Alpi Carniche. La sua presenza sembra accertata poi lungo tutto
l’arco alpino, Sicilia compresa, mentre la popolazione sarda sembra
appartenere alla sottospecie F. s. lybica, che comprende i gatti selvatici
africani e del medio oriente (AA. VV. 1999).
Esistono numerosi riferimenti bibliografici e segnalazioni dirette che
davano la specie presente nell’area tolfetana fino agli anni ’70
(Contoli, 1977). Attualmente non esistono informazioni sulla eventuale
presenza del felide e sul suo status.
Il gatto selvatico è inserito nell’Allegato IV della Direttiva
Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie vulnerabile dal Libro
Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
ORDINE
ARCTIODACTYLA
FAMIGLIA
SUIDAE
Cinghiale Sus scrofa Linnaeus, 1758 (e sua gestione)
Il cinghiale
ha una distribuzione quasi ubiquitaria, in quanto è presente
dalla Val d’Aosta fino alla Calabria, in Sardegna, in Sicilia.
Esistono, inoltre, situazioni più frammentate e discontinue,
come ad esempio alcune zone prealpine e montane della Lombardia, Veneto,
Trentino e Friuli (Pedrotti e Toso, 1999). La distribuzione attuale
è il risultato di un quasi istantaneo processo di colonizzazione
che nel corso dell’ultimo trentennio ha portato la specie a quintuplicare
il proprio areale ed a occupare aree precedentemente non interessate
dalla sua presenza (Apollonio et al., 1988). Tale espansione delle popolazioni,
in termini di numero degli effettivi e di aree geografiche occupate,
è un processo che ha interessato la maggior parte dei paesi europei
e che è tuttora in corso (Massei e Genov, 2000).
I meccanismi alla base di questo processo di colonizzazione sono probabilmente
dovuti ad una serie di fattori diversi verificatisi contemporaneamente
in diverse aree geografiche. Tra questi un ruolo importante è
stato svolto dalle immissioni volontarie ed accidentali, dalla diminuzione
o scomparsa dei predatori, dalle modificazioni socio economiche e del
paesaggio agricolo che hanno provocato un abbandono delle colture in
aree di media ed alta collina ed una conseguente espansione delle aree
boschive. In Europa orientale e dettentrionale un evento significativo
è stato il verificarsi di una serie di inverni particolarmente
miti all’inizio degli anni ’70 il cui effetto è stato
quello di ridurre la mortalità invernale degli individui (Massei
e Toso, 1993). Tutti questi fattori sono stati sfruttati in pieno dal
cinghiale grazie alle caratteristiche biologiche della specie, quali
l’elevato potenziale riproduttivo (una produttività che
può raggiungere un incremento annuo del 200%), l’elevata
capacità di spostamento e la tendenza dei giovani maschi al nomadismo
ed alla dispersione.
Dal punto di vista sociale l’incremento verificatosi nel nostro
paese ha generato un crescente interesse venatorio in quasi tutte le
regioni ed il sorgere di numerose problematiche sia sul piano di gestione
delle popolazioni sia della conservazione delle specie animali con cui
il cinghiale interagisce. In particolare, nelle aree ad elevate densità
il cinghiale può provocare ingenti danni alle coltivazioni e
diminuire il successo riproduttivo delle specie di uccelli che nidificano
a terra quali la pernice rossa (Calderon, 1977), il fagiano (Marsan
et al., 1990) o di mammiferi quali lepre, arvicole, insettivori (Singer
e Ackerman 1981). Gravi danni possono essere causati dall’attività
di scavo (rooting) anche al rinnovo boschivo di querce (Groot Bruinderink
e Hazebroek, 1996), al manto erboso ed a tutta la comunità di
macroinvertebrati che ospita (Howe, Singer e Ackerman, 1981).
Dal punto di vista sistematico, una recente revisione morfologica e
genetica della sottospecie maremmana S.s. majori presente originariamente
in Italia centrale ha evidenziato che essa non è significativamente
diversa dalle altre popolazioni presenti nel continente o in altre aree
della penisola (Randi et al., 1989; Genov, 1999). Il cinghiale maremmano
deve essere quindi considerato un ecotipo adattato fenotipicamente all’ambiente
mediterraneo. Questa forma è comunque importante in quanto, essendosi
evoluta in questi ambienti, ha sicuramente un impatto ecologico minore
sull’ambiente, e inoltre perché riveste un importante significato
biogeografico. Purtroppo a causa di ripetuti interventi di immissione
a carattere venatorio con individui di origine centroeuropea o con soggetti
di allevamento (spesso ibridati con maiali domestici), l’ecotipo
maremmano è da considerarsi estinto in gran parte del territorio
originario, sopravvivendo in purezza soltanto in poche aree protette
ed isolate dall’ambiente circostante (ad es. nella Tenuta Presidenziale
di Castelporziano).
Anche nel territorio della ZPS dei Monti della Tolfa Meridionali e,
più in generale, in tutto il comprensorio, la popolazione di
cinghiale ha subito lo stesso destino. Gli esemplari originali hanno
infatti perso la loro identità genetica e, conseguentemente,
morfologica, in seguito alle ripetute immissioni di esemplari a scopo
venatorio e all’ibridazione con i maiali domestici allevati allo
stato semi-brado.
Per quanto riguarda la gestione della specie in questo territorio è
da segnalare che la caccia a questa specie era tradizionalmente praticata
anche da prima dell’esplosione demografica del cinghiale degli
ultimi anni. I Monti della Tolfa sono infatti una zona particolarmente
vocata, con ampia disponibilità di boschi, risorse idriche ed
aree aperte. Ciò che è sicuramente cambiato negli ultimi
anni è lo sforzo di caccia ed il numero di squadre che praticano
la caccia in battuta in questo territorio, come dimostrano i dati riportati
in seguito.
Dal punto di vista normativo, il regolamento di caccia al cinghiale
prevede la suddivisione del territorio dell’ATC in zone fisse
che vengono utilizzate dalle squadre di caccia registrate alla Provincia.
A differenza di quanto accade in altre province o regioni non c’è
un legame fisso tra squadra e zona in quanto ogni squadra può
andare effettuare le battute in ogni zona dell’ATC. Per l’assegnazione
giornaliera della zona vige il criterio dell’occupazione: la squadra
che per prima occupa il “punto presa” ha diritto di cacciare
in quella zona. Al termine della battuta il capo squadra compila una
scheda, da consegnare successivamente alla Provincia, nel quale sono,
o dovrebbero essere, riportate: la data e la località della battuta,
il numero ed il nome dei cacciatori, il numero dei cani utilizzati ed
il numero dei cinghiali abbattuti.
Dall’analisi dei resoconti di caccia al cinghiale nella stagione
venatoria 2000-2001 riferiti all’Ambito Territoriale di Caccia
RM1 (dati Provincia di Roma) risulta che il 51,13% delle giornate di
caccia al cinghiale si sono effettuate nei confini della ZPS, coinvolgendo
il 49,39% dei cacciatori e prelevando il 40,31% dei cinghiali rispetto
al totale. Inoltre, dovrebbero essere considerate anche le battute di
caccia effettuate nell’Azienda Faunistico Venatoria Santa Severa,
che ricade per buona parte all’interno della ZPS. Se a questi
si aggiungono anche i dati riferiti all’intero comprensorio dei
Monti della Tolfa si evidenzia che la quasi totalità della caccia
al cinghiale nell’ATC RM1 viene effettuata in questa area. Il
periodo di caccia al cinghiale è compreso tra il 1° novembre
ed il 31 gennaio, con 3 giornate di caccia alla settimana.
Nella tabella seguente vengono riportati il numero di battute di caccia
al cinghiale, di cacciatori, dei cani impiegati e di cinghiali abbattuti
nelle zone di caccia al cinghiale dell’ATC RM1 che ricadono completamente
o in parte all’interno della ZPS.
|
N° |
Battute |
90 |
Cacciatori |
2046 |
Cani |
868 |
Cinghiali abbattuti |
52 |
Dati riferiti alla
stagione venatoria 2000-2001.
I dati hanno soltanto
un valore indicativo in quanto le schede compilate dai rappresentanti
di ciascuna squadra sono in genere carenti, soprattutto per quanto riguarda
il numero di cinghiali abbattuti.
Più volte in passato sono state effettuate immissioni di cinghiali
nel territorio dei Monti della Tolfa soprattutto da parte delle associazioni
di cacciatori ed in alcuni casi con l’autorizzazione da parte
dell’Amministrazione Provinciale. Nel 2001 una immissione programmata
direttamente dalla Provincia è stata sospesa (quando era già
stata aggiudicata la gara per la fornitura degli animali) per l’insorgenza
dell’epidemia di afta epizootica. Tali immissioni vengono giustificate
dagli interessati sulla base della bassa consistenza della popolazione
di cinghiali dei Monti della Tolfa. Tale asserzione non è comunque
mai stata comprovata da dati ottenuti con criteri tecnici oggettivi.
Ciò che sembra mancare è quindi una strategia di gestione
del cinghiale, basata su un vero coordinamento degli interventi nelle
aree di caccia degli ATC e delle AFV ed in quelle di rispetto come le
Zone di Ripopolamento e Cattura, le oasi di protezione e le aree protette
regionali o provinciali (Pedrotti et al. 2001).
FAMIGLIA
CERVIDAE
Capriolo Capreolus capreolus (Linnaeus 1758)
Il capriolo, una volta presente nel comprensorio tolfetano insieme al
cervo, si è estinto ai primi del 900 a causa di un intenso prelievo
venatorio (Contoli, 1977).
L’analisi della distribuzione storica del capriolo in Italia centrale
è stata riassunta da Tassi (1976). All’inizio del secolo
scorso il capriolo era diffuso nella maremma toscana (specialmente nelle
zone pianeggianti), era presente nelle aree costiere tra Montalto di
Castro e Ischia di Castro mentre a sud di Roma era presente a Terracina
e San Felice Circeo (Ghigi, 1911). Sicuramente il capriolo rimase abbondante
intorno a Roma fino alla metà del XVII secolo per poi declinare
rapidamente in epoca successiva (Tarello, 1991). Le cause di questa
rarefazione sia dell’areale di distribuzione, sia nel numero degli
effettivi sono da ricercare nelle profonde trasformazioni del territorio
operate dalle attività umane (sviluppo delle attività
agro-silvo-pastorali) e nella persecuzione diretta (Toso, 1999). I minimi
storici della popolazione italiana di capriolo si osservano nel periodo
immediatamente successivo alla Seconda Guerra Mondiale, quando era ridotto
ad poche popolazioni isolate concentrate soprattutto nell’arco
alpino orientale e nella maremma.
A partire dalla fine degli anni ‘60 si è verificata un’inversione
di tendenza che ha portato la specie a rioccupare una parte considerevole
del proprio areale storico. Ciò è avvenuto grazie all’abbandono
delle attività agricole negli ambienti, alla diminuzione della
pressione venatoria, all’istituzione di aree protette ed alle
operazioni di reintroduzione operate in numerose aree dell’Italia
centro - settentrionale. Ancora critica è la situazione in Italia
meridionale, dove sono presenti popolazioni solo nel P.N. del Gargano,
nei monti dell’Orsomarso (P.N. Pollino) e nel P.N. della Sila.
Sebbene non si possa dire nulla sullo status tassonomico di queste popolazioni
originarie, gli individui presenti a Castelporziano derivano sicuramente
da esse, non essendo documentato alcun tipo di ripopolamento con individui
di origine centroeuropea.La sottospecie italica (C. c. italicus Festa
1925) è stata descritta sulla base di alcune caratteristiche
morfologiche e della colorazione del mantello. A questa sottospecie
apparterrebbero anche i piccoli nuclei presenti nella Foresta Umbra
(Parco Nazionale del Gargano) e dei Monti dell’Orsomarso (Parco
Nazionale del Pollino).
Uno studio più recente di carattere genetico ha in effetti dimostrato
che i capriolo di Castelporziano presentano sequenze della regione di
controllo del DNA mitocondriale (aplotipi) significativamente diverse
rispetto a quelli che si ritrovano nelle popolazioni Italiane delle
Alpi e dell’Europa continentale (Randi et al., 1998). Tali studi
non hanno comunque potuto confermare la validità della sottospecie.
Indicazioni più chiare sono emerse da ulteriori studi genetici,
condotti su un numero più ampio di campioni, provenienti da diverse
aree geografiche.
Le popolazioni di Castelporziano, del Gargano, dell’Orsomarso
e della Provincia di Siena condividerebbero infatti degli aplotipi simili
con un tempo di divergenza di 20-25.000 anni rispetto alle popolazioni
delle Alpi (Randi e Mucci, 2001). Risultati simili, pur se con qualche
differenza, sono stati ottenuti anche da Lorenzini et al. (2001).
L’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, in collaborazione
con la Provincia di Roma e la Tenuta Presidenziale di Castelporziano,
ha iniziato nel 2000 un programma triennale di reintroduzione del capriolo
italico nell’Azienda Faunistico Venatoria “Santa Severa”
situata nel comune di Tolfa sulle prime pendici dei Monti della Tolfa
(Fig. ??). Per le operazioni di reintroduzione verranno utilizzati individui
provenienti dalla Tenuta Presidenziale di Castelporziano.Le principali
motivazioni di questo progetto sono:
- ridurre la probabilità
che eventi di tipo catastrofico (epidemie, condizioni meteorologiche
sfavorevoli, ecc.) possano causare l’estinzione della popolazione
di Castelporziano;
- ricostituire una popolazione stabile di capriolo italico sui Monti
della Tolfa.
Nel febbraio 2001
sono iniziate le operazioni di reintroduzione all’interno del
territorio dell’azienda faunistico venatoria “Santa Severa”,
con l’immissione di u primo nucleo di 8 individui (5 femmine,
3 maschi). Due individui sono morti nel primo periodo dopo il rilascio:
una femmina è morta a causa dello stress seguito alla cattura,
un maschio è invece morto in seguito ad un incidente stradale.
Gli individui sopravvissuti frequentano attualmente (maggio 2001) stabilmente
il territorio dell’AFV “Santa Severa” e le aree limitrofe
(Fig. ??).
In figura ?? vengono riportate i limiti della distribuzione del capriolo
nel Lazio settentrionale, i siti dove sono stati realizzati (o sono
previsti) interventi di reintroduzione del capriolo e le aree boscate
che portebbero essere utilizzate da questa specie come corridoi ecologici.
4.4.3 CHECK LIST
ORDINE |
FAMIGLIA |
SPECIE E GENERE |
PRES. |
RED |
|
LISTA |
|
|
|
NELLA |
LIST |
DIRETTIVA |
ROSSA |
|
|
|
ZPS |
UICN |
HABITAT |
|
INSECTIVORA |
|
|
|
|
|
|
|
SORICIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Sorex araneus |
SI |
|
|
|
|
|
Crocidura leucodon |
SI |
|
|
|
|
|
Crocidura suaveolens |
SI |
|
|
|
|
|
Suncus etruscus |
SI |
|
|
|
|
ERINACEIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Erinaceus europaeus |
SI |
|
|
|
|
TALPIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Talpa romana |
SI |
|
|
|
CHIROPTERA |
|
|
|
|
|
|
|
RHINOLOPHIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Rhinolophus
euryale |
SI |
|
All. II |
VU |
|
|
Rhinolophus
ferrumequinum ferrumequinum |
SI |
|
All. II |
VU |
|
|
Rhinolophus
hipposideros minimus |
SI |
|
All. II |
EN |
|
VESPERTILIONIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Myotis capaccinii |
? |
|
All. II |
EN |
|
|
Myotis myotis
myotis |
? |
|
All. II |
VU |
|
|
Myotis blythii
oxygnathus |
? |
|
All. II |
VU |
|
|
Epseticus serotinus
serotinus |
? |
|
Allegato IV |
LR |
|
|
Plecotus austriacus |
? |
|
Allegato IV |
LR |
|
|
Plecotus auritus |
? |
|
Allegato IV |
LR |
|
|
Hypsugo savii savii |
SI |
|
Allegato IV |
LR |
|
|
Miniopterus
schreibersi schreibersi |
SI |
|
All. II |
LR |
|
MOLOSSIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Tadarida teniotis
teniotis |
? |
|
Allegato IV |
LR |
LAGOMORPHA |
|
|
|
|
|
|
|
LEPORIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Lepus capensis |
SI |
|
|
CR |
|
|
Lepus corsicanus |
SI |
|
|
CR |
RODENTIA |
|
|
|
|
|
|
|
SCIURIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Sciurus vulgaris |
? |
|
|
VU |
|
GLIRIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Glis glis |
? |
|
|
|
|
|
Muscardinus
avellanarius speciosus |
SI |
LR |
Allegato IV |
VU |
|
|
Eliomys quercinus
dichrurus |
? |
VU |
|
VU |
|
MICROTIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Microtus savii |
SI |
|
|
|
|
|
Clethrionomis
glareous |
SI |
|
|
|
|
MURIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Apodemus sylvaticus |
SI |
|
|
|
|
|
Apodemus flavicollis |
SI |
|
|
|
|
|
Mus domesticus |
SI |
|
|
|
|
|
Rattus rattus |
SI |
|
|
|
|
|
Rattus norvegicus |
? |
|
|
|
|
HYSTRICIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Hystrix cristata |
SI |
|
Allegato IV |
X |
|
MYOCASTORIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Myocastor coypus |
SI |
|
|
|
CARNIVORA |
|
|
|
|
|
|
|
CANIDAE |
Canis lupus |
SI |
VU |
Sp. prioritaria |
VU |
|
|
Vulpes vulpes |
SI |
|
|
|
|
MUSTELIDAE |
Lutra lutra |
NO |
|
|
CR |
|
|
Meles meles |
SI |
|
|
|
|
|
Mustela nivalis |
SI |
|
|
|
|
|
Mustela putorius |
SI |
|
|
DD |
|
|
Martes foina |
SI |
|
|
|
|
|
Martes martes |
SI |
|
|
LR |
|
FELIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Felis silvestris silvestris |
? |
|
Allegato IV |
VU |
ARTIODACTYLA |
|
|
|
|
|
|
|
SUIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Sus scrofa |
SI |
|
|
|
|
CERVIDAE |
|
|
|
|
|
|
|
Capreolus capreolus
italicus |
SI |
|
|
EN |
LEGENDA CATEGORIE
CR - Critically endangered - In pericolo critico
EN - Endangered - In pericolo
VU - Vulnerable - Vulnerabile
LR - Lower risk - A più basso rischio
DD - Data deficient - Carenza di informazioni
NE - Not evaluated - Non valutato
Sp. Prioritaria - Specie prioritaria inserita nell'allegato II della
Direttiva Habitat 92/43/CEE
Allegato IV - Specie inserita nell'allegato IV della Direttiva Habitat
92/43/CEE
4.5
ARTROPODI
4.5.1 ENTOMOFAUNA
Gli insetti dei
Monti della Tolfa sono stati studiati in modo incompleto e le conoscenze
sono ancora frammentarie e, spesso, datate nel tempo. Gran parte degli
studi sono stati effettuati nell'intero comprensorio tolfetano-cerite,
e non in particolare sul territorio della ZPS: pertanto le specie riportate
in questo lavoro, salvo quando specificato diversamente, provengono
da località dell'intero comprensorio.
Le conoscenze disponibili vengono riassunte di seguito, focalizzando
l'attenzione sui gruppi sistematici sottoposti ad indagine.
4.5.1.1
COLEOTTERI CURCULIONIDI
Per quanto concerne
i Coleotteri Curculionidi, Colonnelli (1983 ) in uno specifico lavoro
svolto nel territorio dei Monti della Tolfa e nel comprensorio dei Monti
Sabatini, ha stimato la presenza di 214 specie. Questo valore non è
ancora esaustivo e l'Autore ritiene che possa coprire circa il 70 %
delle specie realmente presenti.
La comunità locale dei curculionidi non differisce molto da quelle
campionate nelle regioni mediterranee dell'Italia centrale, sebbene
nell'area di studio siano presenti specie generalmente rinvenute ad
altitudini mediamente elevate: tra le specie presenti a bassa quota
nell'ambito territoriale della ZPS va segnalato Ceutorhyncus barbareae.
Inoltre, alcune specie solitamente ritenute piuttosto rare vengono rinvenute
nell'area oggetto di studio con una certa frequenza e ciò potrebbe
essere ricondotto alla scarso grado di antropizzazione del comprensorio
tolfetano. Tra queste sono state rinvenute nel territorio della ZPS:
Otiorhynchus frescati, Homorhythmus cremieri, Aubeonymus carinicollis
e Meira sp.
4.5.1.2
COLEOTTERI BUPRESTIDI
Il gruppo dei Coleotteri
Buprestidi è stato ampiamente indagato da Gobbi (1977). Nel comprensorio
tolfetano sono state accertate 60 specie (sulle 105 laziali) e il lavoro
svolto non può certo considerarsi esaustivo. Tra le specie più
interessanti vanno citate Acmaeodera degener quattordecimpunctata, Kisanthobia
ariasi, Sphenoptera antiqua, Aurigena lugubris, Dicerca beroliensis,
Eurythyrea quercus e Anthaxia deaurata.
4.5.1.3
COLEOTTERI SCARABEOIDEI LAPAROSTICTI
I Coleotteri Scarabeoidei
Laparosticti rinvenuti nell'intero comprensorio della Tolfa ammontano
a 59 specie, suddivise nelle seguenti famiglie: Scarabeidi (21 specie),
Aphodiidi (32 specie), Geotrupidi (5 specie) e Trogidi (una sola specie).
Di queste, 46 sono state rinvenute in un'area effettivamente compresa
all'interno della ZPS (Carpaneto, 1983). La comunità di questi
coleotteri se confrontata con altre aree limitrofe (ad esempio la zona
dei monti Sabatini) appare meno diversificata, probabilmente in relazione
alla ridotta rappresentanza del piano montano nell'area tolfetana. Tra
le specie rilevate degne di nota vanno citate: Aphodius lugens e Aphodius
varians.
4.5.1.4
COLEOTTERI CARABIDI
Questo è
il gruppo meglio conosciuto e sul quale sono state effettuate considerazioni
più dettagliate. Per la regione tolfetana sono conosciute attualmente
179 specie di Coleotteri Carabidi, numero certamente inferiore, soprattutto
per carenza di ricerche, a quello reale, ma che è già
ora comparabile con quello di altre aree laziali, come ad esempio i
Colli Albani, recentemente oggetto di specifiche ricerche su questo
gruppo di coleotteri (De Felici & Vigna Taglianti, 1994).
Tale numero di specie rappresenta il 35% circa di tutte le specie laziali
(Vigna Taglianti, dati inediti) e il 14% circa dell'intera carabidofauna
italiana (Vigna Taglianti, 1993).
Il 47% delle specie presenti appartengono a corotipi ad ampia distribuzione
nella regione paleartica (Vigna Taglianti & al., 1993, 1999), il
27 % a corotipi a distribuzione europea, il 24% a corotipi a distribuzione
mediterranea, ed il 2% a corotipi estesi alle regioni paleotropicali.
Tredici (quasi l'8% del totale) sono le specie endemiche italiane presenti
nei Monti della Tolfa, di cui 3 alpino-appenniniche, 2 centro-appenniniche
e 8 appenniniche:
|
Specie |
Corotipi |
1 |
Carabus (Archicarabus)
rossii Dejean, 1826 |
APPE |
2 |
Carabus (Chaetocarabus)
lefebvrei Dejean, 1826 |
APPE |
3 |
Cychrus italicus
Bonelli, 1810 |
ALAP |
4 |
Ocydromus (Ocydromus)
rudis (De Monte, 1947) |
APPE |
5 |
Anillus bordonii
Magrini & Vanni, 1993 |
APPC |
6 |
Trechus fairmairei
Pandell‚, 1867 |
ALAP |
7 |
Platyderus
neapolitanus Reiche, 1855 |
APPE |
8 |
Calathus montivagus
Dejean 1831 |
APPE |
9 |
Calathus fracassii
Heyden, 1908 |
APPE |
10 |
Laemostenus
(Actenipus) latialis Leoni, 1907 |
APPC |
11 |
Pterostichus
(Pterostichus) micans Heer, 1841 |
ALAP |
12 |
Harpalophonus
italus (Schaum, 1860) |
APPE |
13 |
Brachinus (Brachynoaptinus)
italicus (Dejean, 1831) |
APPE |
4.5.1.4
a. LE PRINCIPALI CENOSI A COLEOTTERI CARABIDI DEI MONTI DELLA TOLFA.
Sulla base delle
ricerche effettuate finora nel comprensorio, realizzate con frequenti
raccolte dirette, svolte da numerosi entomologi romani a partire dagli
anni '60, e dei campionamenti di durata annuale effettuati con trappole
a caduta in alcune stazioni più significative, nel corso di un
programma di ricerche sulle taxocenosi a carabidi di un transetto centroappenninico,
da parte del Dipartimento di Biologia Animale e dell'Uomo dell'Università
“La Sapienza", abbiamo potuto riconoscere le principali comunità
della regione tolfetana.
1. Taxocenosi
delle formazioni mediterranee a sclerofille, riferibili ai Quercetalia
ilicis
Queste formazioni
presentano una carabidofauna non molto ricca ma certamente interessante
e caratteristica, costituita da elementi termofili.
Essa è dominata da Calathus montivagus, specie endemica italiana,
e comprende altri due elementi caratteristici di boschi mediterranei,
come Pristonychus algerinus e Pseudomasoreus canigoulensis, specie a
diffusione mediterranea occidentale.
2.Taxocenosi
delle foreste termofile decidue, riferibili ai Quercetalia pubescenti-petreae
ed ai Fagetalia sylvaticae
Queste cenosi,
ampiamente diffuse nelle formazioni termofile ed anche mesofile dell'Italia
centrale, hanno come specie caratteristiche Abax ater, Laemostenus latialis
(specie endemica centroappenninica), Cychrus italicus, Pterostichus
micans e Notiophilus rufipes, tutte specie forestali, alcune più
decisamente mesofile (Abax ater e Pterostichus micans) ed altre più
nettamente termofile (Cychrus italicus e Laemostenus latialis), presenti
dal livello del mare, dove le condizioni edafiche e bioclimatiche lo
consentono, fino al limite altitudinale dei boschi appenninici.
Tali taxocenosi non mostrano quindi un particolare interesse, se non
per le condizioni di extra-zonalità delle faggete dei dintorni
di Allumiere. Le stesse popolazioni di Abax ater qui presenti, risultano,
probabilmente, isolate da quelle dell'Antiappennino laziale.
E' da rilevare la mancanza di Carabus lefebvrei in questo comprensorio,
che pur è frequente nel viterbese e raggiunge aree limitrofe
(Manziana).
3.Taxocenosi
dei prato-pascoli
La carabidofauna
delle aree aperte risulta composta da numerose specie con esigenze microclimatiche
spesso differenti, molte di tipo steppico, mesofile, presenti nell'area
soprattutto per l'alta ritenuta idrica dei suoli argillosi. Altre specie,
in numero minore, sono elementi termofili di tipo mediterraneo, legate
a condizioni di maggiore aridità.
Il primo gruppo comprende specie con preferenze più o meno marcatamente
igrofile, come Nebria brevicollis, Carabus alysidotus, Agonum sordidum,
Parophonus spp., Dicheirotrichus pallidus, e la comunità Anchomenus
dorsalis, Chlaenius chrysocephalus, Brachinus spp., e specie più
decisamente steppiche, frequenti anche in terreni coltivati, come Carabus
rossii, C. coriaceus, Calathus fuscipes, Steropus melas, alcune specie
di Ophonus, di Harpalus e di Amara.
Quasi tutte sono specie ad ampia diffusione, spesso con affinità
orientali (turaniche o centroasiatiche), euritope e/o euriecie, colonizzatrici
e quindi ad alto potere di dispersione, nell'area tolfetana favorite
dall'alto impatto antropico dovuto soprattutto al pascolamento bovino
brado.
Il secondo gruppo si hanno elementi xerofili come Olisthopus glabricollis,
O. fuscatus, Acinopus picipes, Carterus spp., Ophonus subquadratus e
O. rotundatus: si tratta essenzialmente di specie mediterranee o mediterraneo-occidentali,
termofile, con buona capacità di dispersione.
4.Taxocenosi
igrofile, ripariali
Gli ambienti umidi
sono ampiamente diffusi in tutta l'area tolfetana grazie all'esteso
sovrascorrimento superficiale delle acque dovuto alle peculiari caratteristiche
litologiche.
Accanto a taxocenosi ripariali non particolarmente caratterizzanti,
in cui ritroviamo presenza di Chlaenius (s.l.) spp., Bembidion (s.l.)
spp., Agonum ssp., ed altre specie tipicamente igrofile, ve ne sono
alcune notevolmente interessanti ed addirittura esclusive, per le attuali
conoscenze, di tale area.
Ad esempio, i piccoli fossi presenti nella parte nord orientale dell'area
meridionale, e insistenti sulle argille turchine, marnose e sulle marne
grigio azzurre del Piacenziano, presentano una taxocenosi ripariale
unica in tutto il Lazio, formata da Ocydromus gudenzi (di cui i Monti
della Tolfa sono l'unico sito laziale conosciuto), Ocydromus latinus
e Ocydromus rudis (specie endemica appennini
5.Taxocenosi
endogee
Particolare interesse
mostrano alcune aree con suoli argillosi a forte ritenuta idrica, con
sistema di fessurazione provocata dall'aridità estiva, in cui
si rinvengono specie particolari, steppiche o deserticole (Siagona europea,
Apotomus rufus, Polyderis algiricus, Porotachys bisulcatus, Zuphium
olens, Parazuphium baeticum), o di tipo endogeo vero e proprio (come
Anillus bordonii). Alcune di queste specie sono tra gli elementi più
significativi dal punto di vista faunistico e biogeografico dell'area.
4.5.1.4.
b. COLEOTTERI CARABIDI DI PARTICOLARE IMPORTANZA
Lophyridia littoralis
nemoralis (Olivier, 1790)
In Italia questa specie è presente su tutte le coste sabbiose
della penisola. I reperti della Caldara di Manziana e di Canale Monterano,
aree della regione tolfetana non incluse nell'area SIC, potrebbero indicare
una sua potenzialmente presenza anche nell'area protetta. Essi sono
particolarmente interessanti, sia in quanto trovati in aree geograficamente
interne sia per le caratteristiche ambientali, con presenza di fenomeni
vulcanici secondari, quali in particolare emissioni acqua sulfurea a
media temperatura.
Carabus (Archicarabus)
alysidotus Illiger, 1798
Specie diffusa in Italia e Francia meridionale, a gravitazione tirrenica,
rara e localizzata. Elemento brachittero, di basse e medie quote, fortemente
igrofilo, rinvenibile esclusivamente presso ruscelli, stagni, paludi,
o, lontano dall'acqua, in aree con suolo argilloso a forte ritenuta
idrica.
Ocydromus (Bembidionetolitzkya)
bugnioni (K. Daniel, 1902)
Specie ripicola, dei greti di fiumi e torrenti nel tratto montano e
submontano.
Ocydromus (Bembidionetolitzkya)
coeruleus (Audinet-Serville, 1826)
Specie a distribuzione prevalentemente occidentale, presente in poche
stazioni della pianura padana e della penisola, sul versante tirrenico
della Toscana e del Lazio.
Questa specie Š legata ai greti del tratto pedemontano di fiumi
e torrenti, in cui le ghiaie sono frammiste a materiale fino, come silt
e argilla (Bonavita & Vigna Taglianti, 1993).
Ocydromus (Peryphanes)
gudenzii Neri, 1982
Specie nota esclusivamente dell'Italia appenninica e della penisola
balcanica. Elemento ripicolo, al bordo di fiumi e torrenti sia nel tratto
montano che in quello collinare. Alle altitudini inferiori sembra trovarsi
quasi esclusivamente su substrato argilloso, soprattutto in presenza
di formazioni calanchive.
Ocydromus (Ocydromus)
rudis (De Monte, 1947)
Specie endemica appenninica, sembra trovarsi quasi esclusivamente su
substrato argilloso, a quote medio-basse, sul versante tirrenico della
penisola. Nei Monti della Tolfa sembra costituire una comunit…
caratteristica e costante con Ocydromus gudenzii ed Ocydromus latinus.
Polyderis algiricus
(Lucas, 1846)
Specie tirrenico-maghrebina caratteristica di suoli argillosi a forte
ritenuta idrica, spesso con sistema di fessurazione provocato dall'aridità
estiva.
Anillus bordonii
Magrini & Vanni, 1993
Specie endogea, endemica dell'Appennino centrale.
Dicheirotrichus
pallidus (Dejean, 1829)
Specie ad ecologia poco nota, igrofila, con esigenze microclimatiche
di tipo mesofilo, presente su suoli argillosi a forte ritenuta idrica.
Zuphium olens (Rossi,
1790)
Specie caratteristica di aree umide, con suoli argillosi a forte ritenuta
idrica, spesso con sistema di fessurazione provocato dall'aridità
estiva.
Parazuphium baeticum
(Daniel & Daniel, 1898)
Specie caratteristica di aree umide, con suoli argillosi a forte ritenuta
idrica, spesso con sistema di fessurazione provocato dall'aridità
estiva.
I Monti della Tolfa presentano dunque una notevole eterogeneità
ambientale, in parte dovuta alla presenza di ambienti antropizzati accanto
ad altri a forte grado di naturalità, nonostante le formazioni
forestali primarie ad alto fusto siano state quasi tutte smantellate.
La mancanza di buona copertura arborea in molte aree, inoltre, è
stata causa di fenomeni di erosione e dissesto.
Accanto a ciò va rilevato che gli ambienti di acque correnti
e gli ambienti steppici a prato-pascolo, grazie alla natura argilloso-marnosa
di buona parte dei terreni affioranti, non sono stati alterati se non
in maniera marginale.
A causa della sua recente storia, l'area tolfetana non mostra particolari
fenomeni di isolamento dalle altre aree medio-tirreniche, e quindi mancano
elementi endemici, cosa che vale peraltro per tutti gli apparati vulcanici
preappenninici del Lazio.
La grande diffusione dell'allevamento brado, con la conseguente ampia
estensione di formazioni aperte e di aree a prato-pascolo, ha consentito
la presenza di comunità di tipo steppico, particolarmente significative,
ricche di elementi di origine settentrionale ed orientale, talora rappresentati
da specie ad ampia diffusione, ma anche da specie rare e localizzate,
legate a suoli argillosi umidi.
Le formazioni forestali e quelle ripariali presentano anch'esse elementi
di particolare interesse: la presenza di un alto numero di specie endemiche
italiane nelle cenosi forestali, e di specie endemiche e relitte in
quelle igrofile ed endogee, rende i boschi e le aree a substrato argilloso
e marnoso dei Monti della Tolfa gli ambienti più fortemente significativi
dell'area e quindi quelli più bisognosi di tutela e protezione.
4.5.1.4.
c. CHECKLIST DEI CARABIDAE DEI MONTI DELLA TOLFA
* specie endemiche
italiane
1. Cicindela (Cicindela)
campestris Linn‚, 1758 PAL
c. campestris Linn‚, 1758
2. Cylindera (Cicindina)
trisignata (Dejean, 1822) MED
t. trisignata (Dejean, 1822)
3. Lophyridia littoralis
(Fabricius, 1787) CEM
l. nemoralis (Olivier, 1790)
4. Calosoma inquisitor
(Linn‚, 1758) SIE
5. Calosoma sycophanta
(Linn‚, 1758) PAL
6. Campalita maderae
(Fabricius, 1775) MED
7. Carabus (Carabus)
granulatus Linn‚, 1758 ASE
g. interstitialis Duftschmid, 1812
8. Carabus (Archicarabus)
alysidotus Illiger, 1798 WME
9. Carabus (Archicarabus)
rossii Dejean, 1826 * APPE
10. Carabus (Tomocarabus)
convexus Fabricius, 1775 SIE
c. convexus Fabricius, 1775
11. Carabus (Chaetocarabus)
lefebvrei Dejean, 1826* APPE
l. bayardi Solier, 1835
12. Carabus (Procrustes)
coriaceus Linn‚, 1758 EUR
c. coriaceus Linn‚, 1758
13. Carabus (Megodontus)
violaceus Linn‚, 1758 EUR
v. picenus Villa, 1838
14. Cychrus italicus
Bonelli, 1809 * ALAP
15. Leistus (Pogonophorus)
rufomarginatus (Duftschmid, 1812) EUR
16. Leistus (Sardoleistus)
sardous Baudi, 1883 WME
17. Leistus (Leistus)
fulvibarbis Dejean, 1826 EUM
f. fulvibarbis Dejean, 1826
18. Nebria (Eunebria)
psammodes (Rossi, 1792) SEU
19. Nebria (Nebria)
brevicollis (Fabricius, 1792) TUE
20. Notiophilus
rufipes Curtis, 1829 EUR
21. Notiophilus
geminatus Dejean, 1831 MED
22. Notiophilus
substriatus Waterhouse, 1833 EUR
23. Omophron limbatum
(Fabricius, 1776) PAL
24. Siagona europaea
Dejean, 1826 AIM
25. Dyschiriodes
(Dyschiriodes) aeneus (Dejean, 1825) ASE
26. Apotomus rufus
(Rossi, 1790) WME
27. Asaphidion curtum
(Heyden, 1870) WME
28. Metallina (Metallina)
lampros (Herbst, 1784) PAL
29. Phyla tethys
(Netolitzky, 1926) MED
30. Philochthus
inoptatus (Schaum, 1857) SEU
31. Philochthus
lunulatus (Fourcroy, 1785) EUM
32. Ocydromus (Bembidionetolitzkya)
bugnioni (K. Daniel, 1902) SEU
33. Ocydromus (Bembidionetolitzkya)
coeruleus (Audinet-Serville, 1826) WME
34. Ocydromus (Peryphanes)
gudenzii Neri, 1982 SEU
35. Ocydromus (Peryphanes)
latinus (Netolitzky, 1911) SEU
36. Ocydromus (Ocyturanes)
praeustus (Dejean, 1831) MED
37. Ocydromus (Peryphus)
cruciatus (Dejean, 1831) PAL
38. Ocydromus (Peryphus)
testaceus (Duftschmid, 1812) EUR
39. Ocydromus (Peryphus)
tetracolus (Say, 1823) OLA
40. Ocydromus (Ocydromus)
decorus (Zenker, 1801) CAE
41. Ocydromus (Ocydromus)
modestus (Fabricius, 1801) CEU
42. Ocydromus (Ocydromus)
rudis (De Monte, 1947) * APPE
43. Ocydromus (Omoperyphus)
hypocrita (Dejean, 1831) MED
44. Ocydromus (Nepha)
tetragrammus (Chaudoir, 1846) EUM
t. illigeri (Netolitzky, 1914)
45. Ocydromus (Nepha)
callosus (Kster, 1847) MED
46. Synechostictus
cribrum (Duval, 1851) WME
c. stenacrus (De Monte, 1947)
47. Synechostictus
dahli (Dejean, 1831) WME
48. Synechostictus
elongatus (Dejean, 1831) SEU
49. Limnaeum abeillei
(Bedel, 1879) WME
50. Limnaeum nigropiceum
(Marsham, 1802) MED
51. Princidium (Princidium)
punctulatum (Drapiez, 1820) CEM
52. Ocys harpaloides
(Audinet-Serville, 1821) EUM
53. Polyderis algiricus
(Lucas, 1846) WME
54. Paratachys bistriatus
(Duftschmid, 1812) WPA
55. Paratachys fulvicollis
(Dejean, 1831) TUE
56. Porotachys bisulcatus
(Nicolai, 1822) WPA
57. Tachyura (Tachyura)
thoracica (Kolenati, 1845) SEU
58. Tachyura (Tachyura)
quadrisignata (Duftschmid, 1812) EUM
59. Tachyura (Tachyura)
sexstriata (Duftschmid, 1812) EUR
60. Tachyura (Tachyura)
diabrachys (Kolenati, 1845) TEM
61. Sphaerotachys
hoemorrhoidalis (Ponza, 1805) AFM
62. Anillus bordonii
Magrini & Vanni, 1993 * APPC
63. Thalassophilus
longicornis (Sturm, 1825) EUR
64. Perileptus areolatus
(Creutzer, 1799) EUM
65. Trechus quadristriatus
(Schrank, 1781) TEM
66. Trechus fairmairei
Pandell‚, 1867 * ALAP
67. Paranchus albipes (Fabricius, 1796) EUM
68. Oxypselaphus
obscurus (Herbst, 1784) OLA
69. Anchomenus (Anchomenus)
dorsalis (Pontoppidan, 1763) PAL
70. Agonum marginatum
(Linn‚, 1758) WPA
71. Agonum permoestum
Puel, 1938 SEU
72. Agonum nigrum
Dejean, 1828 TEM
73. Agonum sordidum
Dejean, 1828 EME
74. Olisthopus fuscatus
Dejean, 1828 MED
75. Olisthopus glabricollis
(Germar, 1817) EME
76. Platyderus neapolitanus
Reiche, 1855 * APPE
n. neapolitanus Reiche, 1855
77. Synuchus vivalis
(Illiger, 1798) ASE
78. Calathus circumseptus
Germar, 1824 WME
79. Calathus cinctus
Motschulsky, 1850 WPA
80. Calathus montivagus
Dejean 1831 * APPE
81. Calathus fracassii
Heyden, 1908 * APPE
f. luigionii Leoni, 1907
82. Calathus fuscipes
(Goeze, 1777) EUM
f. latus Audinet-Serville, 1821
83. Laemostenus
(Laemostenus) venustus (Dejean, 1828) EME
84. Laemostenus
(Actenipus) latialis Leoni, 1907 * APPC
85. Laemostenus
(Pristonychus) algerinus (Gory, 1833) WME
algerinus (Gory, 1833)
86. Platysma (Platysma)
nigrum (Schaller, 1783) ASE
87. Platysma (Melanius)
nigrita (Paykull, 1790) PAL
88. Platysma (Melanius)
oenotrium (Ravizza, 1975) SEU
89. Steropus (Feronidius)
melas (Creutzer, 1799) CEU
m. italicus (Dejean, 1828)
90. Pterostichus
(Pterostichus) micans Heer, 1841 * ALAP
91. Argutor vernalis
(Panzer, 1796) PAL
92. Poecilus (Poecilus)
cupreus (Linn‚, 1758) ASE
93. Abax (Abax)
ater (Villers, 1789) EUR
curtulus Fairmaire, 1856
94. Zabrus tenebrioides
(Goeze, 1777) TUE
95. Amara (Zezea)
kulti Fassati, 1947 SEU
96. Amara (Amara)
aenea (Degeer, 1774) PAL
97. Amara (Amara)
anthobia Villa & Villa, 1833 EUR
98. Amara (Amara)
eurynota (Panzer, 1797) SIE
99. Amara (Celia)
montana Dejean, 1828 MED
100. Amara (Percosia)
equestris (Duftschmid, 1812) ASE
101. Scybalicus
oblongiusculus (Dejean, 1829) MED
102. Anisodactylus
(Anisodactylus) binotatus (Fabricius, 1787) ASE
103. Diachromus
germanus (Linn‚, 1758) TEM
104. Carterus (Carterus)
dama (Rossi, 1792) MED
105. Carterus (Carterus)
gilvipes (Piochard de la Br–lerie, 1873) MED
106. Carterus (Carterus)
rotundicollis Rambur, 1837 WME
107. Ditomus calydonius
(Rossi, 1790) TUE
108. Ditomus tricuspidatus
(Fabricius, 1792) MED
109. Dixus clypeatus
(Rossi, 1790) WME
110. Acinopus (Acinopus)
picipes (Olivier, 1795) TUE
111. Acinopus megacephalus
(Rossi, 1794) TUE
112. Parophonus
hispanus (Rambur, 1838) WME
113. Parophonus
mendax (Rossi, 1790) SEU
114. Ophonus (Ophonus)
sabulicola (Panzer, 1796) TUE
s. columbinus (Germar, 1817)
115. Ophonus (Ophonus)
ardosiacus (Lutshnik, 1922) EUM
116. Ophonus (Ophonus)
azureus (Fabricius, 1775) CEM
117. Ophonus (Ophonus)
rotundatus (Dejean, 1829) WME
118. Ophonus (Ophonus)
subquadratus (Dejean, 1829) MED
119. Ophonus (Metophonus)
rupicola (Sturm, 1818) EUR
120. Ophonus (Metophonus)
rufibarbis (Fabricius, 1792) TEM
121. Ophonus (Metophonus)
jeanneli Sciaky, 1987 SEU
122. Cryptophonus
melancholicus (Dejean, 1829) EUM
123. Pseudophonus
(Pseudophonus) rufipes (Degeer, 1774) PAL
124. Harpalophonus
italus (Schaum, 1860) * APPE
125. Harpalus (Harpalus)
distinguendus (Duftschmid, 1812) PAL
126. Harpalus (Harpalus)
oblitus Dejean, 1829 TEM
127. Harpalus (Harpalus)
cupreus Dejean, 1829 SEU
128. Harpalus (Harpalus)
pygmaeus Dejean, 1829 SEU
129. Harpalus (Harpalus)
dimidiatus (Rossi, 1790) EUR
130. Harpalus (Harpalus)
rubripes (Duftschmid, 1812) ASE
131. Harpalus (Harpalus)
attenuatus Stephens, 1828 MED
132. Harpalus (Harpalus)
serripes (Quensel, 1806) PAL
133. Harpalus (Harpalus)
tardus (Panzer, 1797) ASE
134. Harpalus (Harpalus)
flavicornis Dejean, 1829 SEU
135. Stenolophus
teutonus (Schrank, 1781) TEM
136. Stenolophus
persicus Mannerheim, 1844 EME
137. Stenolophus
skrimshiranus Stephens, 1828 EUM
138. Stenolophus
mixtus (Herbst, 1784) PAL
139. Dicheirotrichus
pallidus (Dejean, 1829) WME
140. Bradycellus
(Bradycellus) verbasci (Duftschmid, 1812) TUE
141. Acupalpus interstitialis
Reitter, 1884 EUR
142. Acupalpus parvulus
(Sturm, 1825) ASE
143. Acupalpus notatus
Mulsant & Rey, 1861 MED
144. Acupalpus luteatus
(Duftschmid, 1812) SIE
145. Anthracus quarnerensis
(Reitter, 1884) SEU
146. Amblystomus
niger Heer, 1838 EUM
147. Licinus silphoides
(Rossi, 1790) SEU
148. Chlaenius (Chlaenites)
spoliatus (Rossi, 1790) PAL
149. Chlaenius (Chlaenius)
festivus (Panzer, 1796) TUE
150. Chlaenius (Chlaenius)
velutinus (Duftschmid, 1812) EUM
v. velutinus (Duftschmid, 1812)
151. Chlaenius (Trichochlaenius)
chrysocephalus (Rossi, 1790) WME
152. Dinodes (Dinodes)
decipiens (Dufour, 1820) EUM
153. Chlaeniellus
vestitus (Paykull, 1790) PAL
154. Chlaeniellus
nigricornis (Fabricius, 1787) ASE
155. Callistus lunatus
(Fabricius, 1775) TUE
156. Lamprias fulvicollis
(Fabricius, 1792) WME
157. Lamprias cyanocephalus
(Linn‚, 1758) PAL
158. Lebia humeralis
Dejean, 1825 SEU
159. Demetrias (Demetrias)
atricapillus (Linn‚, 1758) EUM
160. Pseudomasoreus
canigoulensis (Fairmaire & LaboulbŠne, 1854) WME
161. Syntomus obscuroguttatus
(Duftschmid, 1812) EUM
162. Lionychus quadrillum
(Duftschmid, 1812) EUR
163. Apristus europaeus
Mateu, 1981 SEU
164. Microlestes
corticalis (Dufour, 1820) TUM
165. Microlestes
fulvibasis (Reitter, 1900) TUM
166. Microlestes
fissuralis (Reitter, 1900) TUE
167. Microlestes
minutulus (Goeze, 1777) OLA
168. Microlestes
negrita (Wollaston, 1854) MED
169. Microlestes
luctuosus Holdhaus, 1904 TUM
170. Paradromius
linearis (Olivier, 1795) EUM
171. Zuphium olens
(Rossi, 1790) AIM
172. Parazuphium
baeticum (Daniel & Daniel, 1898) WME
173. Drypta (Drypta)
dentata (Rossi, 1790) AFP
174. Brachinus (Brachinus)
crepitans (Linn‚, 1758) PAL
175. Brachinus (Brachinus)
psophia Audinet-Serville, 1821 TUE
176. Brachinus (Brachynidius)
brevicollis Motschulsky, 1844 TUM
177. Brachinus (Brachynidius)
explodens (Duftschmid, 1812) ASE
178. Brachinus (Brachynidius)
sclopeta (Fabricius, 1792) EUM
179. Brachinus (Brachynoaptinus)
italicus (Dejean, 1831) * APPE
4.5.1.5
ALTRI COLEOTTERI
Nell'ambito dei
Coleotteri, seppure non trattati dagli Autori citati, sono sicuramente
presenti nell'area: Cerambyx cerdo (Cerambicidae) e Lucanus cervus (Lucanidae),
ambedue incluse fra le specie prioritarie dalla Direttiva Habitat (All.
II).
4.5.1.6
ODONATI
Informazioni dettagliate
sugli Odonati dei Monti della Tolfa sono state raccolte da Crucitti
e Consiglio (1983) che hanno descritto un totale di 32 specie (sulle
55 dell'Italia centrale) all'interno del comprensorio tolfetano. In
questo studio preliminare la diversità di specie è risultata
essere particolarmente elevata, soprattutto se confrontata con altre
aree laziali (ad esempio la tenuta di Castel Porziano). Per quanto concerne
il gruppo degli zigotteri, particolarmente interessante è la
presenza di 4 specie della sottofamiglia Lestinae e in particolare Lestens
virens vestalis e Lester dryas. Tra gli anisotteri, alcuni generi sono
presenti con tutte le specie: è il caso di Aeschna (3 specie
su 3), Anax (2 su 2), Onychogomphyus (2 su 2), Orthetrum (3 su 3).
La famiglia Gomphidae presente in Italia con specie rare o localizzate
è rappresentata da 3 specie. La presenza di Oxygastra curtisi
(specie prioritaria All. II) è un evento da sottolineare, considerato
che la specie ha un'areale molto localizzato. Altre specie da evidenziare
sono sicuramente: Trithemis annulata e Boyeria irene.
Oxygastra curtisii
(Dale, 1834)
Famiglia: Cordulidae Sottofamiglia: Gomphomacromiinae
Corologia: Europa occidentale.
Distribuzione in Italia: Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana. Due
sole stazioni note nell'Italia centro-meridionale: Fiume Garigliano
e Fiume Mignone.
Ecologia: Specie reofila.
Sebbene il reperto (Crucitti e Consiglio 1983) appartenga al bacino
idrografico del Fiume Mignone, non è escluso che possa essere
presente anche nella ZPS in questione.
4.5.1.7
LEPIDOTTERI
Citiamo di seguito
alcune specie di lepidotteri di notevole interesse (Prola, 1987; A.
Zuppa, com. person.):
Famiglia: PIERIDAE
Colias alfacariensis Berger, 1948
In Italia centrale è frequente in montagna mentre alle quote
più basse è piuttosto rara. Nei Monti della Tolfa è
piuttosto rara. E' stata osservata nella Valle del Mignone e a Monte
Tolfaccia.
Famiglia: NYMPHALIDAE
Clossiana euphrosyne (Linnaeus, 1758)
In Italia centrale è frequente dalle colline alla media montagna.
Nei Monti della Tolfa è stata osservata nei pressi delle rovine
di Monterano, Monte Tolfaccia e tra Allumiere e la Farnesiana.
Famiglia: LYCAENIDAE
Pseudophilotes baton (Bergstrasser, 1779)
In Italia centrale è diffusa dal livello del mare alla media
montagna, localizzata , ma spesso numerosa. Nei Monti della Tolfa è
piuttosto scarsa, è stata osservata nella Valle del Mignone,
a Monte Tolfaccia, a Monte Angiano e nei pressi di Rota.Aricia
agestis (Denis e Schiffermuller, 1775)
In Italia centrale abita la pianura, la collina, la montagna fino a
1500m, più in alto diviene sempre più rara. Nei Monti
della Tolfa è piuttosto frequente su tutto il territorio, più
comune nel versante del Rio Fiume.
Famiglia: HESPERIIDAE
Gegenes nostrodamus (Fabricius, 1793)
In Italia centrale è molto localizzata negli ambienti caldi e
secchi con macchia mediterranea. Nei Monti della Tolfa è presente
nell'ultimo tratto del Rio Fiume.
Famiglia: NOCTUIDAE
Leptologia blidaensis (Stertz, 1915)Atlantico-Mediterranea occidentale.
In Italia era nota per la Sardegna. È però presente anche
sul litorale tirrenico della penisola, dove è probabilmente più
diffusa di quanto si sappia attualmente. È stata raccolta sui
Monti della tolfa, lungo la S.P. 3/b, nei dintorni del km 4, a m 50
s.l.m. (Zilli, 1990). Nel frattempo quella popolazione sembra essere
scomparsa, apparentemente a causa dei lavori per la realizzazione di
un maneggio.
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Seppur non riferito
direttamente all'area della ZPS vale la pena di citare un interessante
lavoro svolto sulla famiglia dei Simulidi (Diptera) (Rivosecchi et al.
1977), che ha indagato questo gruppo sistematico lungo il fiume Mignone
ed i suoi affluenti. In questo lavoro sono state campionate 24 specie.
Come evidenziato per altri gruppi sistematici e per alcune associazioni
vegetali, anche tra i Simulidi si rinvengono specie che solitamente
vivono a quote più elevate, è il caso di Eusimulium fucente,
Eusimulium marsicanum, Prosimulim tomosvarji e Prosimulium rufipes la
cui presenza nel comprensorio tolfetanosta forse a testimoniare l'esistenza
di una fauna stenoterma fredda che si è potuta conservare grazie
a condizioni particolari.
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4.5.2 ARACNIDI
Brignoli (1966)
ha studiato gli araneidi del Lazio e cita, per i Monti della Tolfa,
il ritrovamento dei rari Araneus arnida e Cyrtarachne ixoidoides, come
specie nuove per il Lazio.
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