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Studio su Tolfa di Paolo Macedone
 

 

5. LE REALTÀ UMANE

 

5.1 STORIA E ARCHEOLOGIA

Il territorio dei Monti della Tolfa, in senso più ampio, è caratterizzato da vestigia di una sequenza di insediamenti umani che, con diversi collegamenti con il mondo esterno di allora, costituirono entità di varia importanza fìn da epoche preistoriche.
In particolare, nella zona della ZPS gli insediamenti preistorici e storici sono testimoniati da alcuni ritrovamenti sporadici e da approfonditi scavi effettuati fra il 1987 e il 1995 nell’area della Fontanaccia, presso il Monte La Tolfaccia (Allumiere). In questa zona alcuni resti strutturali già affioravano sul terreno prima dell’inizio della campagna di scavo. Il sito archeologico della Fontanaccia è di notevole importanza: situato sul versante sud-occidentale dell’acrocoro tolfetano, sulle pendici del M.La Tolfaccia rivolte verso la costa. Sicuramente i fattori che indussero lo sviluppo di questo insediamento, che appare essere stato utilizzato dall’età del Bronzo fino al VII sec.d.C., furono l’esistenza di una sorgente perenne e la sua posizione rispetto a numerose direttrici viarie provenienti dalla costa.
La struttura più cospicua consiste in una villa romana databile al I-II sec.d.C., che però fu utilizzata parzialmente fino alla metà del V secolo d.C. Numerose le terracotte (ceramiche e strutturali) ritrovate in loco. Furono inoltre individuati due gruppi di sepolture nell’area della villa, vasetti votivi miniaturistici databili fra il III ed il I sec. a.C. e tre tombe della metà dell’VIII sec. a.C. Al di sotto di questi strati, sono state ritrovate ceramiche del Bronzo Medio/Finale ed un’ascia in pietra verde del Neolitico. Dunque la frequentazione in età preistorica di quest’area è evidente.
In breve poi, diversi ritrovamenti archeologici sporadici testimoniano della frequentazione dell’intera area in epoca protostorica e storica: ritrovamenti per lo più dovuti all’azione di “tombaroli” o all’uso agricolo e alla ceduazione dei boschi. Presso il casaletto della Cicugnola (Tolfa) sono stati ritrovati i resti di un edificio rustico con macina e basolato, affiancato da una piccola necropoli. Al M.Pozzo di Ferro, i frammenti di un dolio; al M.Acqua Tosta una tomba a cassettone già violata anticamente; presso il Fosso del Lascone frammenti di ceramiche protostoriche; alla Tolfaccia (versante ovest) dei resti “protovillanoviani” e medioevali; nell’area di Bandita Grande fu ritrovata una tomba con blocchi di tufo. Presso il Casale di Prato Rotatore (S.Marinella) il ritrovamento di una torculazione di pietra arenaria, frammenti fittili di muri di una villa romana e resti di una fortificazione che domina il Fosso di Castelsecco, con frammenti sia romani sia medioevali. Alla Macchia della Codata (ad ovest del Fosso Marangone, Civitavecchia), un monumento a pianta ovale in pietrame a secco con una gradinata. Sempre in quest’ultima area, anche un’abitazione etrusca di età arcaica e frammenti d’impasto dell’età del bronzo.
Va inoltre ricordato che appena al di fuori della ZPS, sul lato occidentale (Civitavecchia) si estende la piana dei Bagni di Traiano e della Ficoncella.
Alla base di molti aspetti della vita contemporanea in questa area vi è una serie di tradizioni di origini profonde, in un ambiente che è sempre stato abitato da una popolazione molto limitata ma con un suo preciso sviluppo culturale. Vari fattori hanno contribuito a fare del territorio dei Monti della Tolfa una zona di insediamenti umani fin da epoche antichissime. Innanizitutto la presenza di giacimenti di minerali, quali i solfuri di ferro e di rame prossimi alla superficie, conosciuti e sfruttati sin da epoche antichissime; e solo in tempi molto più recenti la scoperta e lo sfruttamento dell'allume e del caolino.
La vicinanza al mare, in una situazione di morfologie aspre che facilitava lo stabilirsi di insediamenti difendibili, è stata senz’altro fondamentae per lo sviluppo degli insediamenti etruschi e poi romani: questa situazione è anche evidente dall’esistenza di porti sulla vicina costa, quali Pyrgi e, successivamente, Tarquinia e Civitavecchia. Insediamenti favoriti anche dalla posizione vicina alle aree di massimo sviluppo della civiltà etrusca quali Tarquinia, Cerveteri ed la Tuscia meridionale in genere; nonché dal clima più salubre nei confronti delle aree maremmane basse e malariche e dall'estensione di boschi e pascoli, che per molto tempo hanno favorito la sussistenza delle popolazioni locali con i loro prodotti.
Le tracce degli insediamenti umani costituiscono oggi un notevole patrimonio archeologico, in via di sviluppo e di valorizzazione da parte di Enti Pubblici, di gruppi archeologici locali e di studiosi ed appassionati. Nei due centri abitati di Allumiere e di Tolfa sono presenti due musei ricchi di documentazioni dello sviluppo della vita nel territorio: il Museo di Allumiere, ristrutturato pochi anni fa, presenta, oltre ai reperti archeologici che vanno da epoche protostoriche fino all’epoca industriale, anche una notevole testimonianza della geologia e della mineralogia del comprensorio, nonché dell’uso tradizionale del territorio. Il Museo di Tolfa è attualmente in fase di ampliamento, in locali adeguati ad un’esposizione ampia e scientificamente corretta, all’interno di una bellissima struttura antica (ex-convento della Sughera) restaurata allo scopo.
La presenza degli etruschi nel territorio ha lasciato tutta una serie di resti di varia entità, quali templi e tombe scavate nel tufo che dimostrano la diffusione di piccole colonie in tutti i Monti della Tolfa, con evidente collegamento con i massimi centri della Tuscia meridionale. Ancora nei tempi romani i Monti della Tolfa rimasero fondamentalmente zone agricolo-pastorali, attraversate da vie di collegamento tra Corneto e Roma, ed anche sito di alcune ville. In quel periodo Tolfa (Forum Clodii), acquisì decisamente un aspetto di cittadina minore dell'Impero.
Rimangono inoltre numerose testimonianze di archeologia industriale sull’intero territorio toplfetano-cerite ed anche nell’area della ZPS (Miniera di Ferro e Miniera di Piombo).

5.2 I VALORI CULTURALI E LE ATTIVITÀ TRADIZIONALI

Attualmente la perdita o il decadimento dei valori culturali si può porre in relazione al cambiamento del tipo di vita e della sua qualità, subito nei due comuni a partire dagli anni '50, con il ridursi del prodotto delle attività economiche tradizionali, agricoltura, pastorizia e miniere.
Con l'instaurarsi del pendolarismo, la migrazione verso centri vicini come Civitavecchia e Roma, l'abbandono delle campagne da parte dei giovani e la conseguente senilizzazione di questa attività (oggi quasi del tutto demandata a pensionati e "hobbisti”) si è anche favorito il rapido decrescere di quella base di tradizioni culturali collegate a queste stesse attività, e che solo una vita comunitaria di aggregazione attorno ad un particolare tipo di vita può tramandare nella sua interezza di contenuti e significati.
Ciò oltre natu¬ralmente all'evolversi dei costumi e delle abitudini sociali delle popolazioni locali ed alla modificazione della mentalità dei giovani, che esercitano sempre maggiore influenza sulla vita sociale, politica ed economica dei due Comuni.
Mentre Allumiere (nata come centro per la conduzione delle miniere di allume scoperte alla fine del XV secolo) ha avuto per secoli una vocazione industriale-estrattiva (diverse le miniere e molte le cave di allume, utilizzate fino a circa un secolo fa), e poi nel XX secolo, soprattutto con le bonifiche dell’Ente Maremma, sviluppò un indirizzo agricolo, Tolfa ha mantenuto (oggi in maniera marginale però) la sua vocazione pastorale.
Il territorio della ZPS, come il resto del comprensorio, è costellato di casali e di “casette” in gran parte di proprietà delle Università Agrarie, quasi tutti in pessime condizioni e disabitati. La funzione originaria di questi edifici era quella di provvedere ad ospitare i contadini che coltivavano le zone più impervie e lontane dall’abitato, nonché i butteri che sorvegliavano le grandi mandrie che pascolavano liberamente, sfruttando così doppiamente l’antico privilegio dell’uso civico. Le “casette” dell’Agraria, piccoli edifici ad un solo piano, localizzati in genere in prossimità di un fontanile, servivano in particolare ad ospitare i braccianti e gli stagionali ingaggiati dai maggiori proprietari di bestiame ed usufruttuari, per la coltivazione del grano duro e per la raccolta del fieno. In questi piccoli edifici, una serie di tavole disposte tutt’intorno, dotate di una copertura di rami di ginestra, fungeva da giaciglio per l’intera settimana lavorativa.
In particolare due di queste storiche casette sono state restaurate di recente: Lo Stazzalone (presso il Km 8 della S.P. 3/b) a cura della Provincia di Roma (1997); La Cicugnola (presso la valle del Fosso del Chiavaccio), in un sito già in uso nell’antichità, è stata restaurata nel 1992 a cura dell’Università Agraria di Tolfa e della Cooptur di Tolfa. L’uso che di queste strutture rinnovate si può fare è fondamentalmente quello di sosta e centro-visita per coloro che percorrono il territorio a piedi o a cavallo.
I casali che nell’area della ZPS sono stati rinnovati e che attualmente hanno un qualche uso sono: quello della Rimessa della Fiera, in cui viene svolta un’attività agrituristica; Femmina Morta, in cui l’Agraria di Tolfa svolge alcune attività legate all’allevamento; Colle di Mezzo (fino a pochi anni fa “fagianario” della Provincia di Roma), ora sede di un allevamente avicolo; la Casermetta Forestale, infine, dove si potrebbero svolgere attività di educazione ambientale.

5.3 POPOLAZIONE E GESTIONE DEL TERRITORIO

L’ampio territorio dei due comuni principali dei Monti della Tolfa (compresa l’area della ZPS) è incluso quasi per intero nell’ambito dell’amministrazione della Comunità montana (III zona) “Monti della Tolfa”, Ente derivante dalla legge 3/12/71 n.1.102 che indica le norme per lo sviluppo delle aree montane che coprono un’alta percentuale del territorio nazionale. Il fine di questa legge è fondamentalmente quello del riequilibrio sociale ed economico delle zone montane, inserito nel quadro del programma economico nazionale ed in ottemperanza alle indicazioni del piano Regionale. La legge punta a valorizzare le aree montane che devono essere articolate in Comprensori, attraverso l’elaborazione e l’attuazione di programmi di sviluppo e di piani territoriali di zona. La Comunità Montana è un ente di diritto pubblico con il potere di programmare lo sviluppo economico e sociale e la pianificazione dello sviluppo urbanistico e degli interventi di bonifica. Essa ha dunque il potere decisionale per attuare di fatto una concreta pianificazione sovracomunale. Finalità essenziale della legge istitutiva delle Comunità Montane è anche la difesa del suolo e la protezione della natura. Nel caso dei Monti della Tolfa, la razionalizzazione ed il potenziamento delle attività zootecniche e di quelle ad esse collegate, con tutti il sistema di infrastrutture ed interventi previsti deve costituire la struttura economica portante del territorio. Oltre a ciò anche la riqualificazione delle attività artigianali, delle infrastrutture e dei servizi civili e sociali, dovrebbe costituire un impegno fondamentale per l’Ente (Contoli, Lombardi e Spada, 1980).
In ognuno dei due Comuni è inoltre presente un Ente (Università Agraria) demandato da secoli alla gestione dell’uso civico, privilegio riservato ai residenti. Le due Università Agrarie, in quanto ufficiali rappresentanti delle popolazioni, sono i proprietari di quasi l’intero territorio, fatte salve pochissime eccezioni di proprietà private, situate però soprattutto intorno ai due centri abitati e nella zona nord del comprensorio, e di alcune aree di proprietà comunale. L’accorpamento di vaste aree gravate di usi civici e amministrate da un Consiglio composto dai diretti fruitori dei beni posseduti dalle Università ha condotto sia pure indirettamente ad una politica di conservazione del territorio nei suoi usi tradizionali ed al mantenimento di grossi valori naturalistici su una grande parte del territorio della Comunità Montana.
In particolare, l’istituzione dell’Università Agraria di Tolfa deriva dall’unificazione delle due precedenti Università, quella degli Agricoltori e Boattieri e quella di mosceria (piccoli possidenti di bestiame), effettuata nel 1868. La prima istituzione delle due Università risale a tempi antichi, ma mancano le memorie scritte. Il primo regolamento fu approvato nel 1820: avvenuta la divisione di beni fra i cittadini di Tolfa e della sua frazione (Allumiere), eretta allora a Comune, le due Università ebbero poi un unico regolamento nel 1868, al tempo della loro fusione. L’Università Agraria fu poi riconosciuta come persona giuridica con legge del 4 agosto 1894, n°397. In seguito fu compilato il nuovo Regolamento nel novembre 1896.
L’utenza, in base a tale regolamento, era riservata, come già nei vecchi Statuti, alla sola classe dei possidenti di bestiame ed ai nativi del luogo. Si modificò poi questa norma, ammettendo al godimento delle terre comuni ed al diritto di utenza anche la classe dei braccianti terrazzieri. Con l’entrata in vigore della legge del 16 giugno 1927 n°1766, fu compilato un nuovo statuto col quale si riservava il diritto di utenza ai cittadini capi-famiglia. Varie successive deliberazioni modificarono lo Statuto, con cui si è quindi esteso il diritto di utenza a tutti i cittadini maggiorenni di entrambe i sessi.
Stralciando alcuni passi dallo Statuto dell’Agraria di Tolfa, apprendiamo che “ l’Università Agraria cura gli intereressi agricoli, zootecnici e di conservazione dei valori ambientali e naturalistici dell’intera popolazione del Comune di Tolfa. Ne promuove lo sviluppo ed il progresso civile, sociale ed economico e garantisce la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche ed all’attività amministrativa [...] All’esercizio degli usi civici sul territorio dell’Università Agraria di Tolfa hanno diritto tutti i cittadini compresi nei registri della popolazione del Comune di Tolfa che risiedano stabilmente nello stesso Comune”. Questi Enti sono stati tra le prime forme di associazionismo agricolo e di cooperazione, ed oggi stimolano e valorizzano le forme associative ed i loro organi di partecipazione.
Le critiche alle Università Agrarie certo non mancano. Ad esempio, il fatto che esse, che non hanno fonti finanziarie dirette né possono alienare parte dei loro beni immobili e quindi usufruire di crediti agrari, sopravvivano vendendo legna dei boschi e quindi svolgendo una funzione negativa per la conservazione naturalistica. È comunque altrettanto vero che esistono leggi regionali sul rimborso del mancato taglio dei boschi cedui che, se adeguatamente finanziate e applicate con tempestività, consentono di conservare il patrimonio boschivo (Contoli, Lombardi, Spada, 1980).
In realtà, troppo spesso le critiche alle Università Agrarie provengono da settori interessati a trasformare in senso produttivo queste che restano tra le poche strutture di gestione del territorio svincolate dall'interesse privato e finalizzate a scopi di interesse pubblico non contingente.
I terreni di proprietà dell'Università Agraria di Allumiere coprono circa 6.800 ettari, mentre quelli di Tolfa 6.600 circa. Rappresentano quindi le massime proprietà di qualunque ente agrario del Lazio, e ad esse va di certo riconosciuta anche la benemerita funzione che hanno svolto per la tutela del patrimonio naturalistico della zona ed il ruolo importante che potrebbero ancora svolgere in futuro.
Nell’ambito della ZPS, di cui l’Università Agraria di Allumiere possiede la maggior parte della superficie, i terreni sono quasi tutti di proprietà pubblica. Su quelle delle due Agrarie ricadono dunque tutti i vincoli dell’uso civico che constano di privilegi nella raccolta della legna secca, nel taglio e raccolta della legna verde (in situazioni prestabilite e molto limitate), nell’uso dei pascoli per il bestiame brado (mucche e cavalli maremmano-tolfetani), nella raccolta di funghi, tartufi e altri “frutti del sottobosco”, nell’uso delle strade vicinali. Le Università Agrarie di Tolfa e di Allumiere provvedono, come accennato in precedenza, ogni anno ad effettuare aste pubbliche per la vendita di boschi sottoposti a ceduazione a “matricino”, con rotazione di 12-15 anni. I tagli vengono effettuati sotto il controllo degli addetti dei due Enti, e la sorveglianza del territorio (purtroppo insufficiente) dalle guardie delle due Università.
È dunque evidente come il fatto che gli Enti in gioco su questa area siano molto pochi (Università Agrarie, Comunità Montana ed i Comuni) favorisca grandemente anche il dialogo e la pianificazione per una gestione equilibrata delle risorse.
Certo in passato il territorio ha subito l’avvicendarsi di coltivazioni di rapina che hanno impoverito il suolo notevolmente. Inoltre la continua riduzione della copertura vegetale, dovuta al taglio dei boshi per legnatico, per l’apertura di cave, nonché il dissodamento di pascoli, sono state causa del dilavamento e del dissesto idrogeologico (M. Spada, 1983).
La struttura della popolazione della Comunità Montana è stata analiz¬zata negli anni ’70 nell'ambito della preparazione del piano di sviluppo quinquennale da parte della Fondazione Olivetti. Possiamo esaminare brevemente l'influenza che i principali fenomeni evolutivi della popolazione della Comunità Montana hanno avuto sul presente stato di conservazione dell'ambiente.
Nella Comunità Montana la situazione della popolazione può essere riassunta nelle seguenti cifre, estratte dai dati statistici ISTAT:
popolazione al 1977 ........... unità 8.953
territorio............................... kmq 260,06
abitanti per kmq ..................... 34,3

Popolazione al 1998.......... unità 9.281

Dati demografici sull’età (Provincia di Roma - Assessorato alla Formazione
Professionale,1998).

 

Tolfa:   Allumiere:
Età Uomini Donne

Totale

  Età Uomini Donne
Totale
Fino a 14 anni 365 304 669   Fino a 14 anni 342 297 639
15 – 24 378 323 701   15 – 24 306 302 608
25 – 34 370 380 750   25 – 44 627 603 1230
35 – 44 320 305 625   45 – 54 272 256 528
45 – 54 324 302 626   55 – 64 226 250 476
55 – 64 265 285 530          
Oltre 64 461 601 1062   Oltre 64 352 464 817
Totale 2483 2500 4983   Totale 2125 2173 4298

Si è quindi in presenza di un'area caratterizzata da una densità di popolazione quasi venti volte inferiore a quella media della Provincia di Roma (687.3 ab/kmq) e di molto sotto la media regionale (273 ab/kmq). La densità territoriale media è di circa 0,5 abitanti per ettaro, ma la densità rurale è molto bassa; cioè l'effettiva antropizzazione del territorio è molto scarsa. Questa situazione è dovuta sia all'aspetto orografico della zona che rende difficoltosi ed improduttivi gli insediamenti sparsi, sia allo sfruttamento subito dal suolo nei secoli passati a cui si deve la progressiva riduzione della copertura vegetale con il conseguente dilavamento e dissesto idrogeologico. Ciò ha portato al graduale abbandono delle coltivazioni ed al ritorno al pascolo di molti seminativi.
Questo basso valore di densità è ancora più rimarchevole se si considera che oltre il 90 % della popolazione vive in abitazioni accorpate ai centri principali di Allumiere, Tolfa e La Bianca (frazione di Allumiere). È un fattore che ha indubbiamente favorito il mantenimento di un pregevole equilibrio ambientale: qui infatti, sia le antiche abitudini, sia la gestione collettiva del territorio, sia anche le difficoltà ambien¬tali, hanno reso molto difficoltoso e raro l'insediamento di strutture abitative autosufficienti in campagna, se non nelle più adatte zone margi¬nali dell'area (Maremma).
Questa tendenza all'inurbamento della popola¬zione di Tolfa ed Allumiere è continuata anche in questi ultimi anni. Ciò ha significato l'abbandono di alcune piccole entità abitative rurali, ma contemporaneamente negli ultimi venti anni è sorta una massiccia serie di seconde case, in gran parte dovute ai residenti locali, e in minor quantità – seppure sviluppate in precedenza – sono le lottizzazione che hanno portato, tra Allumiere e Tolfa, al proliferare di ville di estranei al contesto locale. Negli ultimi dieci anni però le lottizzazioni, effettuate essenzialmente nell’ultimo tratto della strada provinciale S.Severa-Tolfa, sono state indirizzate all’uso abitativo locale.
Così come in molti altri paesi del Lazio il numero di abitanti di Tolfa ed Allumiere è calato continuamente a partire dagli anni '50 per fenomeni di migrazione e per la diminuzione progressiva della natalità. Nel 1951 vi erano 9.550 residenti nel territorio della Comunità Montana, nel 1961 9.086, nel 1971 8.805. A partire dagli anni ‘70 si è avuta invece un'inversione del fenomeno ed ora gli abitanti sono saliti a poco oltre le 9000 unità (9281). Questa inversione è presumibilmente dovuta ad un lieve aumento delle possibilità occupazionali in loco, unitamente alla stretta occupazionale avvenuta dopo gli anni di boom economico ed al fatto che alcuni posti di lavoro, nel settore delle costruzioni si sono creati lungo il litorale tra Civitavecchia e Cerveteri.
L'esodo delle forze dì lavoro dal settore agricolo verso le altre attività non ha determinato né il trasferimento definitivo dei nuclei familiari, né l'alienazione dei fondi che continuano ad essere condotti nelle forme tradizionali dalle minori forze familiari con la conseguente riduzione del livello produttivo dovuta al minor impegno.
Nell’area del sito di cui ci occupiamo la densità di popolazione è ridotta invece quasi allo zero, in quanto non esistono in loco strutture abitative permanenti, con l’eccezione dei sobborghi di S.Marinella.
Se numericamente la popolazione nel suo complesso non ha subito cambiamenti drammatici, un esame della sua struttura mostra quanto sia marcato il processo di senilizzazione. Nell'area si è avuta una variazione dell'indice di vecchiaia, tra il 1951 ed il 1971, da 35,5 a 57,9 contro rispettivamente il 27,5 ed il 35,1 della intera provincia di Roma. Nel settore agricoltura ed allevamento un’indagine degli anni ’70 ha messo in evidenza che il 65-70 % degli utenti delle Università Agrarie hanno un'età superiore ai 50 anni e solo il 3 % meno di 30.
Allo stesso modo che in aree agricole montane, queste modifiche della struttura della popolazione hanno comunque contribuito a conservare valori ambientali altrimenti sottoposti a ben altre pressioni. Senilizzazione degli allevatori ha significato anche mantenimento di strutture tradizionali di allevamento ed agricoltura ben equilibrate rispetto all'ambiente in cui si sono svolte per secoli. Lo sviluppo economico ha condotto a modifiche di regimi di vita tradizionali, a miglioramenti delle strutture abitative e quindi anche a minore richiesta di legnatico. La particolare menta¬lità delle popolazioni locali, di cui abbiamo già discusso, e la posizione ad una distanza da Roma sufficiente a rendere ancora non troppo attraente economicamente la lottizzazione selvaggia, sviluppatasi invece in Comuni più vicini (Cerveteri), hanno contribuito in maniera molto notevole al mantenimento dei valori ambientali. In particolare nella zona Meridionale dei Monti della Tolfa, dove la vicinanza alla costa e all’area Cerite avrebbero potuto causare maggiori danni ambientali.
Ancora oggi dunque esiste una base umana adeguata per poter tramandare un patrimonio di valori culturali che, assieme ai valori naturali¬stici, si vogliono conservare nella ZPS “Monti della Tolfa meridionali”, valori da vedere come un insieme unico da valorizzare.

Dati sui titoli di studio:

 

Tolfa:

titolo di studio uomini donne totale
Laurea 39 12 51
Diploma 363 375 738
Media inferiore 808 594 1402
Elementare 816 1129 1945
Totale 2026 2110 4136
Senza titolo     847
Totale     4983

Allumiere: non disponibili


Dati sull’occupazione:

Tolfa:

popolazione uomini donne totale
Attiva di cui: 1250 1230 2480
occupati 788 702 1490
disoccupati 462 523 985
In cerca di 1^ occupaz. 352 400 752
Non attiva Di cui: 1233 1270 2503
casalinghe   120 120
studenti 650 600 1250
ritirati 583 550 1133
Totale popolazione 2483 2500 4983

Tipologia di imprese:

SETTORE Ditte individuali società Totali
agricoltura 34 5 39
Ind. estrattiva 2 2 4
Ind. Manifatt. 5 1 6
Energia gas 1 5 6
costruzioni 67 13 80
Commercio ripar. 71 14 85
Alberghi pubblici eser. 16 4 20
Trasp. Comun. 6 2 8
Credito – assic. 2 4 6
Altri servizi 58 9 67
TOTALE 262 59 321

Allumiere:

SETTORE

Ditte individuali

società Totali
agricoltura 12 1 13
Ind. estrattiva   1 1
Ind. Manifatt. 4 5 9
Energia gas   1 1
costruzioni 30 9 39
Commercio ripar. 50 9 59
Alberghi pubblici eser. 8 4 12
Trasp. Comun. 3   3
Credito– assic. 4 1 5
Altri servizi 36 5 41
TOTALE 147 36 183

5.4 TURISMO E USO DEL TERRITORIO

Il turismo è da molto tempo qui una buona fonte di reddito, soprattutto nei mesi estivi. Comunque il turismo domenicale, data la vicinanza con Roma, è aumentato negli ultimi venti anni, facendo anche incrementare il numero di strutture di ristorazione (tra cui alcune aziende agri-turistiche): mancano però ancora adeguate strutture ricettive (due presenti all’interno del sito). Esistono comunque alcune puntiformi strutture nei due centri abitati di Tolfa e Allumiere e nelle loro vicinanze. Inoltre è disponibile una grande struttura (ex-convento), ristrutturato dal Comune di Tolfa (che ne è il proprietario) in funzione di trasformarlo in struttura di accoglienza per gruppi.

Strutture di accoglienza all’interno della ZPS

Casale “Rimessa della Fiera” (con maneggio) Strada Provinciale 3/b, km 4+200 Circa 20 posti letto
Casale Pratolungo (con maneggio) StradaProvincialeSassicari-Civitavecchia Nord, Km 1+500 ?

Purtroppo troppo spesso i turisti occasionali approfittano della scarsa sorveglianza degli Enti per percorrere le strade delle Agrarie ed i letti dei torrenti con mezzi fuoristrada e motocicli, e lasciano rifiuti sui prati più vicini alle strade.
La morfologia e il tipo di gestione del territorio non permettono (e non sarebbe neanche auspicabile) un turismo generalizzato e di massa. Il turista più curioso e allenato dovrebbe essere indotto a visitare quei pochi sentieri, attrezzati allo scopo, che siano situati non troppo distanti dalle strade principali e la cui percorrenza non disturbi eccessivamente gli habitat e le tradizionali attività economiche.
A questo scopo fu istituito nel 1997 “Il Sentiero del Biancone”. Questo sentiero, che sfrutta le rotte percorse dal bestiame, le antiche strade delle Agrarie e i torrenti, si snoda per circa 16 chilometri in forma di anello, a partire dal km 4 della Provinciale S.Severa-Tolfa, in corrispondenza del casale Rimessa della Fiera, salendo verso le creste del M.Chiavaccio e del M.Cavone; segue la direttrice dell’acquedotto di Civitavecchia fino al Fosso di Monteianni; attraversa la Provinciale e riprende sul lato opposto in direzione sud, lungo il letto del Rio Fiume, fino al punto di partenza. Dal sentiero principale si può anche deviare in direzione del casaletto della Cicugnola e tornare al punto di partenza percorrendo la valle del Fosso del Chiavaccio.
L’intero sentiero è segnalato con macchie di vernice rossa e dotato di cartellonistica che descrive le caratteristiche ambientali e storiche dell’area. In concomitanza con la realizzazione del sentiero fu anche prodotta una carta 1:25000 in forma di depliant illustrativo.5.5 EDUCAZIONE AMBIENTALEIl territorio in oggetto si presta abbastanza bene all’effettuazione di programmi di educazione ambientale rivolta a bambini e ragazzi in età scolare. Sono abbastanza numerosi i gruppi scolastici che, per lo più in modo autonomo, da Roma e da Civitavecchia si recano in primavera nel territorio dei Monti della Tolfa, senza però trovare in genere un sostegno didattico adeguato.
Tenendo conto del fatto che non esistono strutture abbastanza capienti e funzionali a tale scopo all’interno della ZPS, sarebbe importante utilizzare i due centri abitati e le le strutture in loco per l’ospitalità. Questo fornirebbe la possibilità ai piccoli visitatori di usufruire delle facilitazioni offerte da Tolfa e da Allumiere e, allo stesso tempo, di poter godere del territorio a partire dai suoi nuclei storici.
Le visite al territorio, con una particolare attenzione ai valori naturalistici e a quelli archeologici, potrebbere essere effettuate con piccoli mezzi a motore con i quali raggiungere i principali accessi all’area del sito. Da quei punti si potrebbero percorrere (come già è stato sperimentato dalle scuole dell’obbligo di Tolfa, in occasione di un programma di educazione ambientale promosso dal Comune di Tolfa nel 1995) alcuni dei principali sentieri ed utilizzare come centri visita alcuni dei piccoli casali posti sui percorsi. 5.6 I FATTORI UMANI NELLA CONSERVAZIONE DEI VALORI AMBIENTALII fattori antropici generali che hanno consentito il permanere dei valori naturalistici, comprendono innanzitutto la prevalente gestione del territorio attraverso attività silvo-pastorali che, secondo l'Ente Ma¬remma, interessavano nel 1956 il 40 % e nel 1961 il 65 % del territorio dei Monti della Tolfa; infatti, salvo forse in determinati e limitati periodi storici, nei quali per esigenze contingenti si giunse a dissodare e coltivare anche alcune delle zone meno adatte, dando tra l'altro inizio a seri fenomeni di erosione e degradazione del suolo, l'agricoltura tradizionalmente non assume una importanza fondamentale nell'economia locale. Ciò del resto è in piena armonia con le reali vocazioni del comprensorio, quasi del tutto inadatto alle attività agricole colturali, in rapporto all’eccessiva acclività del suolo (legata a sua volta all'origine geologica), ed alla conseguente predisposizione all'erosione accelerata ed alla degradazione.
Da ciò deriva tra l'altro lo scarso livello di inquinamento da pesticidi e la presenza di numerosi corsi di acqua relativamente poco inquinati. L'uniforme gestione del territorio, correlata anche alla presenza di vaste aree affidate alla gestione collettiva delle Università Agrarie, ha evitato l'eccessivo insediamento rurale sparso, rendendo maggiore il significato della scarsa densità di popolazione; la scarsità delle industrie completa inoltre questo quadro. Non si deve poi dimenticare il tradizionale attaccamento alla propria terra e ai suoi aspetti più tipici che caratterizza le genti della zona.
Nel complesso, si può in sintesi affermare che, a differenza di quanto accade solitamente in Italia, nel comprensorio le tradizionali attività umane non sembrano essere nel complesso deleterie per valori naturalistici, tranne alcuni casi particolari, e che anzi, in certo modo, tali realtà ambientali ed umane sembrano strettamente e positivamente collegate tra di loro, tenendo anche conto del fatto che i più caratterizzanti di tali valori sono quelli estesi o legati a vaste superfici o a tutto il territorio, per cui il comprensorio non si configura tanto come un mosaico di biotopi di grande interesse, quanto come una vasta area con caratteristiche unitarie, pur nella sua estremamente complessa diversificazione. Area che deve essere gestita in maniera omogenea e nello stesso tempo finemente articolata a livello territoriale per non perdere le sue preminenti caratteristiche (Contoli, Lombardi, Spada, 1980).
I vincoli esistenti sul comprensorio non giustificano da soli tale positiva situazione: l'unico discretamente esteso è quello idrogeologico, mentre quello paesistico è assai limitato e non vi sono oasi di protezione della fauna.5.7 SITUAZIONI DI DEGRADO Al di là del tipo di gestione forestale e di pascolo che, seppure tradizionali e abbastanza integrati con l’ambiente naturale, hanno causato, e continuano a causare, non pochi danni al suolo, alle cenosi vegetazionali e a molte specie animali (ad esempio, con il passaggio del bestiame all’interno dell’alveo dei torrenti), altre cause di degrado ambientale, all’interno del sito, possono essere induividuate come segue:A. Discariche e inquinamentoDopo la chiusura della discarica di S.Severa (al km 1 della S.P. 3/b) non esistono più gravi minacce di inquinamento all’interno della ZPS. Rimangono però alcuni siti dove vengono di preferenza, ma solo occasionalmente, scaricati rifiuti in modo abusivo.
Si tratta essenzialmente di due siti posti lungo la strada provinciale S. Severa-Tolfa: al km 4 (presso il ponte e nei dintorni del maneggio); al km 7,800 (nei pressi del ponte e all’inizio della cararreccia che segue il corso del Fosso di Monteianni, nei pressi dell’acquedotto di Civitavecchia).
Inoltre, lungo la strada comunale La Bianca-La Fontanaccia, entro i primi 2 chilometri, sono presenti numerosi orti privati, al cui interno vengono accumulati rifiuti di vario tipo; mentre lungo la strada si riscontrano accumuli di materiale edilizio di scarto.
Lungo la carrareccia S.Marinella-La Fontanaccia, nei pressi del Casale di Prato Rotatore, vi sono enormi cumuli di materiale edilizio e di rottami metallici.
Probabilmente, gli orti de La Bianca e le serre dei dintorni di Civitavecchia e di S.Marinella scaricano in falda liquami e sostanze organiche (concimi chimici e fitofarmaci) in quantità non indifferenti.
Non certamente ultimo tra i fattori inquinanti dell’area è la presenza del polo energetico di Civitavecchia. Le centrali Enel a carbone e a gasolio producono un forte inquinamento dell’aria su una ampia fascia costiera: data la posizione dei Monti della Tolfa rispetto al mare e rispetto alle correnti aeree che scaricano l’umidità sui rilievi, si può supporre (studi approfonditi non sono ancora stati effettuati, ma i rilevamenti della ASL locale dovrebbero probabilmente riservare sgradevoli sorprese) che il territorio (forse non per intero) sia soggetto a piogge acide, con conseguente influenza sulla vegetazione, diretta e indiretta (per esempio attraverso i danni arrecati ai funghi micorrizici). Di questi fattori bisognerà necessariamente tener conto nel futuro piano di gestione della ZPS.B. Erosione Gravi minacce di erosione non sono riscontrabili all’interno della ZPS, ma sono diffusi piccoli fenomeni erosivi in corrispondenza di alcuni pendii collinari non protetti dal bosco e sottoposti a sovrapascolamento. La diminuizione del carico del bestiame, verificatasi in questi ultimi anni, sta, talora, inducendo un ritorno a situazioni più naturali e comunque meno degradate. Il fenomeno è particolarmente evidente nell’area fra il M. La Tolfaccia e S.Marinella.
È stato di recente effettuata un’opera di rettificazione dell’alveo fluviale del Fosso di Freddara, nei pressi di Prato Cipolloso (Comune di S. Marinella, ma proprietà dell’Università Agraria di Allumiere): è stata eliminata un’ansa del corso d’acqua, probabilmente in modo non autorizzato, con eliminazione di una zona umida in cui è presente un prezioso boschetto di Tamarix africana, con individui vecchi e di grandi dimensioni.C. Attività estrattive Nell’area del sito e nell’intero comprensorio tolfetano-cerite, un tempo esistevano numerose attività estrattive (allume, sabbia, caolino, piombo, ferro, ecc.). A tutt’oggi ne rimangono ben poche attive. In particolare, all’interno della ZPS ne esiste una sola in attività: si tratta di una cava di sabbia posta al margine occidentale del sito, in località Pratolongo (comune di Civitavecchia), lungo la strada Sassicari-Civitavecchia nord. D. Incendi La scarsissima frequentazione e la quasi totale inesistenza di abitazioni, nonché il fatto che quasi l’intero territorio sia di proprietà pubblica, non favoriscono l’insorgere di incendi estivi, come invece accade in tante altre aree mediterranee, nonostante la siccità prolungata. Questo fatto ci conferma ulteriormente come la maggioranza degli incendi nel nostro Paese sia dolosa e dovuta ad interessi particolari.
Nel territorio della ZPS, così come in tutto il comprensorio tolfetano, gli incendi sono invece molto rari, e limitati per lo più ai margini delle principali strade. La diffusione dell’allevamento brado bovino ed equino e la scarsa agricoltura inoltre non incoraggiano la pratica del bruciare le stoppie, come invece avviene laddove vi siano allevamenti ovini e campi di frumento (ad esempio in Maremma).
Il Corpo Forestale dello Stato segnala che negli ultimi dieci anni vi sono stati, nell’intero territorio della Comunità Montana, pochi incendi gravi: questi hanno percorso un totale di 265 ettari di territorio, tutto esterno alla ZPS.E. Edilizia L’area in oggetto non è mai stata ambita da speculatori, fatta eccezione per una ristretta fascia adiacente l’abitato di S.Marinella: gli edifici di recente costruzione sono rarissimi e presenti quasi esclusivamente in quest’ultima area (esiste anche un convento all’inizio della strada per Prato Rotatore). Vi sono inoltre pochi “capanni agricoli” (in realtà casette in cemento e tufo, dotate di fondamenta) lungo la strada La Bianca-La Fontanaccia, e pochissime villette al margine occidentale, in comune di Civitavecchia.F. Altre strutture L’area della ZPS è quasi del tutto priva di strutture e sovrastrutture di grave impatto ambientale e paesaggistico. Il territorio è però percorso da almeno cinque elettrodotti (due nella zona sud e tre nel margine nord), che tagliano pascoli e boschi per molti chilometri. Oltre all’impatto paesaggistico, sussiste un danno ambientale dovuto, non solo all’installazione dei piloni, ma anche e soprattutto alla loro manutenzione, effettuata con pesanti mezzi fuoristrada e con periodici tagli a raso della vegetazione.
Sono inoltre presenti alcuni acquedotti con “bottini” in cemento. Per realizzare il più recente (La Bianca-S.Marinella) sono state impiegate cariche di dinamite, con grave compromissione ambientale (vedere capitolo 4.3).G. Fuoristradismo Purtroppo lo scarso controllo del territorio (vogliamo qui ricordare che i cancelli delle proprietà delle Università Agrarie affacciantisi lungo le strade principali rimangono purtroppo quasi sempre aperti; o comunque vengono facilmente divelti da estranei, e non riparati in tempi brevi dagli Enti) fa sì che l’uso di veicoli fuoristrada, non deputati all’uso civico del territorio, giungano fino al cuore di territori di grande pregio naturalistico. “Turisti” e cacciatori motorizzati percorrono abbastanza spesso alcune carrarecce, attraversando anche i torrenti. Motocicli da motocross inoltre si possono talvolta incontrare addirittura all’interno degli alvei fluviali.H. La caccia

Come per il bosco e per il pascolo, anche per la caccia va fatta una distinzione tra caccia tradizionale e caccia “introdotta”. La prima viene svolta ormai da pochi caccaitori locali e si rivolge essenzialmente a poche specie classiche della fauna, quali i tordi, la beccaccia, la lepre, il cinghiale. Purtroppo ne fanno le spese anche animali rari e/o protetti, quali l’istrice, piccoli e medi carnivori, uccelli rapaci. I cacciatori provenienti dall’esterno del territorio ripropongono i consueti moduli della caccia anonima, avulsa dalla, comunque opinabile, cultura venatoria locale. Si imporrebbe dunque una riduzione o comunque un maggiore controllo della caccia nel sito.
Nei due comuni interessati e in quelli adiacenti di Civitavecchia e S.Marinella, nell’anno 2000, sono stati rilasciati i seguenti numeri di permessi di caccia :

Comune Anno 2000
TOLFA 101
ALLUMIERE 129
CIVITAVECCHIA 754
S.MARINELLA 200/250

 


Per quanto riguarda la complessa problematica inerente alla caccia al cinghiale e alla sua continua reintroduzione, vedere cap. 4.4.2 (Mammalofauna).I. Randagismo canino Il randagismo canino è una piaga nell’intero Paese: è recente (maggio 2001) la notizia dell’abbandono delle covate da parte dei fenicotteri nidificanti nello Stagno di Cagliari, causata dal disturbo provocato da cani randagi.
Il problema è legato a problemi ambientali e sanitari: i cani inselvatichiti (quelli cioè ormai completamente indipendenti dall’uomo, e che vivono in branchi in maniera simile al lupo) aggrediscono il bestiame, e possono essere vettori, congiuntamente ai randagi (cioè i cani non di proprietà che vagano nei pressi degli insediamenti umani), di epidemie di rabbia silvestre e della forma rabica urbana. Inoltre i cani inselvatichiti possono ibridarsi col lupo, contribuendo al declino della forma pura appenninica.
Angelici (1989) ha effettuato un censimento dei cani vaganti con padrone, dei randagi e di quelli inselvatichiti, ottenendo dei numeri piuttosti elevati per le prime due categorie:
cani vaganti 29 (comune di Tolfa) 29 (comune di Allumiere)
cani randagi 34 (comune di Tolfa) 32 (comune di Allumiere)
Nessun cane rinselvatichito è stato osservato.
A tutt’oggi, sembrerebbe diminuito drasticamente il numero totale di cani (vaganti e randagi) in tutto il territorio della ZPS. Sussiste però una situazione assai rischiosa, appena l di fuori della ZPS: in località Casal Dei Frati (Tolfa) un canile di proprietà privata ospita un numero imprecisato di cani in condizioni assai precarie. La fuga di alcuni individui, se non di tutti contemporaneamente, comporterebbe, come è facilmente intuibile, una gravissima compromissione per l’ambiente.J. Viabilità

RETE STRADALE ALL’INTERNO DELLA ZPS
La rete stradale è scarsamente estesa in tutto il comprensorio tolfetano-cerite, e in particolare nella ZPS in esame.
Al suo interno ricadono solamente due strade ricoperte di asfalto:Strada Provinciale 3/B S.Severa-Tolfa, dal km 1+400 al km 13+500.
Questa provinciale è caratterizzata da una larghezza media di circa 5 metri e da una bassissima frequenza di traffico veicolare. Ai suoi lati persiste, per quasi tutto il percorso (22 km), una recinzione a paletti di castagno e filo spinato disposto in parallelo. La strada ha un dislivello totale (nel tratto incluso nella ZPS) di 324 metri. Sale in forma di ripidi tornanti dal km 8 al 10, dominando l’intera Valle del Rio Fiume. In corrispondenza del km 13,500 una deviazione scende verso sud in direzione S.Severa nord: quest’ultima strada è molto dissestata e assai poco frequentata. Nella proposta di piano per un parco sui M. della Tolfa (Contoli, Lombardi, Spada, 1980) veniva proposto di utilizzare questa variante per raggiungere l’Aurelia e di abbandonare invece il tracciato della Provinciale 3/b.Strada Comunale La Bianca-La Fontanaccia, dal km 1+700 alla fine della strada (priva di segnaletica e di pietre miliari).
Questa strada ha un uso esclusivamente locale: permette di raggiungere gli orti ed i pochiterreni privati nei dintorni della frazione La Bianca e quindi i pascoli dell’Agraria di Allumiere, presso il M.La Tolfaccia. Ha una larghezza di 4-5 metri ed è molto dissestata lungo l’intero suo percorso (attualmente in ripristino: maggio 2001). La frequenza di traffico veicolare è bassissima. La strada corre quasi interamente in piano lungo la cresta meridionale dell’acrocoro tolfetano, da cui si domina la costa fra Civitavecchia e S.Severa.Le carrarecce sono invece abbastanza numerose e si dipartono dalle due precedenti e da quelle poste ai limiti del comprensorio.Dalla Strada Provinciale S.Severa Tolfa si dipartono le seguenti carrarecce:- Al km 4 la strada che percorre la valle del Fosso del Chiavaccio in direzione nord, e che successivamente si suddivide in numerosi sentieri;
- Al km 7,600 la strada che percorre la valle del Fosso di Monteianni in direzione del M.La Tolfaccia. Anche questa si suddivide in numerosi sentieri;
- Al km 15,800 quella che raggiunge e aggira il M.Graziola.Dalla strada comunale La Bianca-La Fontanaccia:- In località Poggio Malinverno, la strada per il Casale Le Rocchette;
- Poco prima del M.La Tolfaccia la strada per il casale Colle di Mezzo;
- Da La Fontanaccia la strada per S.Marinella, che attraversa i pascoli dell’Agraria di Allumiere.SentieristicaIl bestiame brado ha prodotto, in molti secoli di questo tipo di attività, numerosi sentieri all’interno della macchia e del bosco. Le necessità da parte degli uomini di raggiungere i capi sparsi su un territorio molto vasto, prima a cavallo e a piedi, oggi anche con veicoli fuoristrada, hanno accentuato l’ampiezza di molti sentieri.
La frequentazione della maggior parte di questi sentieri è assai scarsa attualmente. Spesso i torrenti costituiscono vie di penetrazione in aree in cui il rigoglio della vegetazione e l’abbandono delle attività agrosilvopastorali non permetterebbero l’accesso.
La sentieristica ad uso turistico è praticamente assente in quest’area, con un’unica eccezione: il sentiero intitolato “Del Biancone”, finanziato dalla Provincia di Roma, Assessorato all’Ambiente, e dall’Università Agraria di Tolfa nel 1997, e di cui si è già trattato in precedenza.
Si è proceduto, nell’ambito di questo studio preliminare, ad effettuare una valutazione dell’impatto ambientale delle due strade che percorrono il comprensorio della ZPS, attraverso parametri quantitativi e qualitativi che vengono esplicati di seguito