5.
LE REALTÀ UMANE
5.1 STORIA
E ARCHEOLOGIA
Il territorio dei
Monti della Tolfa, in senso più ampio, è caratterizzato
da vestigia di una sequenza di insediamenti umani che, con diversi collegamenti
con il mondo esterno di allora, costituirono entità di varia
importanza fìn da epoche preistoriche.
In particolare, nella zona della ZPS gli insediamenti preistorici e
storici sono testimoniati da alcuni ritrovamenti sporadici e da approfonditi
scavi effettuati fra il 1987 e il 1995 nell’area della Fontanaccia,
presso il Monte La Tolfaccia (Allumiere). In questa zona alcuni resti
strutturali già affioravano sul terreno prima dell’inizio
della campagna di scavo. Il sito archeologico della Fontanaccia è
di notevole importanza: situato sul versante sud-occidentale dell’acrocoro
tolfetano, sulle pendici del M.La Tolfaccia rivolte verso la costa.
Sicuramente i fattori che indussero lo sviluppo di questo insediamento,
che appare essere stato utilizzato dall’età del Bronzo
fino al VII sec.d.C., furono l’esistenza di una sorgente perenne
e la sua posizione rispetto a numerose direttrici viarie provenienti
dalla costa.
La struttura più cospicua consiste in una villa romana databile
al I-II sec.d.C., che però fu utilizzata parzialmente fino alla
metà del V secolo d.C. Numerose le terracotte (ceramiche e strutturali)
ritrovate in loco. Furono inoltre individuati due gruppi di sepolture
nell’area della villa, vasetti votivi miniaturistici databili
fra il III ed il I sec. a.C. e tre tombe della metà dell’VIII
sec. a.C. Al di sotto di questi strati, sono state ritrovate ceramiche
del Bronzo Medio/Finale ed un’ascia in pietra verde del Neolitico.
Dunque la frequentazione in età preistorica di quest’area
è evidente.
In breve poi,
diversi ritrovamenti archeologici sporadici testimoniano della frequentazione
dell’intera area in epoca protostorica e storica: ritrovamenti
per lo più dovuti all’azione di “tombaroli”
o all’uso agricolo e alla ceduazione dei boschi. Presso il casaletto
della Cicugnola (Tolfa) sono stati ritrovati i resti di un edificio
rustico con macina e basolato, affiancato da una piccola necropoli.
Al M.Pozzo di Ferro, i frammenti di un dolio; al M.Acqua Tosta una tomba
a cassettone già violata anticamente; presso il Fosso del Lascone
frammenti di ceramiche protostoriche; alla Tolfaccia (versante ovest)
dei resti “protovillanoviani” e medioevali; nell’area
di Bandita Grande fu ritrovata una tomba con blocchi di tufo. Presso
il Casale di Prato Rotatore (S.Marinella) il ritrovamento di una torculazione
di pietra arenaria, frammenti fittili di muri di una villa romana e
resti di una fortificazione che domina il Fosso di Castelsecco, con
frammenti sia romani sia medioevali. Alla Macchia della Codata (ad ovest
del Fosso Marangone, Civitavecchia), un monumento a pianta ovale in
pietrame a secco con una gradinata. Sempre in quest’ultima area,
anche un’abitazione etrusca di età arcaica e frammenti
d’impasto dell’età del bronzo.
Va inoltre ricordato che appena al di fuori della ZPS, sul lato occidentale
(Civitavecchia) si estende la piana dei Bagni di Traiano e della Ficoncella.
Alla base
di molti aspetti della vita contemporanea in questa area vi è
una serie di tradizioni di origini profonde, in un ambiente che è
sempre stato abitato da una popolazione molto limitata ma con un suo
preciso sviluppo culturale. Vari fattori hanno contribuito a fare del
territorio dei Monti della Tolfa una zona di insediamenti umani fin
da epoche antichissime. Innanizitutto la presenza di giacimenti di minerali,
quali i solfuri di ferro e di rame prossimi alla superficie, conosciuti
e sfruttati sin da epoche antichissime; e solo in tempi molto più
recenti la scoperta e lo sfruttamento dell'allume e del caolino.
La vicinanza al mare, in una situazione di morfologie aspre che facilitava
lo stabilirsi di insediamenti difendibili, è stata senz’altro
fondamentae per lo sviluppo degli insediamenti etruschi e poi romani:
questa situazione è anche evidente dall’esistenza di porti
sulla vicina costa, quali Pyrgi e, successivamente, Tarquinia e Civitavecchia.
Insediamenti favoriti anche dalla posizione vicina alle aree di massimo
sviluppo della civiltà etrusca quali Tarquinia, Cerveteri ed
la Tuscia meridionale in genere; nonché dal clima più
salubre nei confronti delle aree maremmane basse e malariche e dall'estensione
di boschi e pascoli, che per molto tempo hanno favorito la sussistenza
delle popolazioni locali con i loro prodotti.
Le tracce degli insediamenti umani costituiscono oggi un notevole patrimonio
archeologico, in via di sviluppo e di valorizzazione da parte di Enti
Pubblici, di gruppi archeologici locali e di studiosi ed appassionati.
Nei due centri abitati di Allumiere e di Tolfa sono presenti due musei
ricchi di documentazioni dello sviluppo della vita nel territorio: il
Museo di Allumiere, ristrutturato pochi anni fa, presenta, oltre ai
reperti archeologici che vanno da epoche protostoriche fino all’epoca
industriale, anche una notevole testimonianza della geologia e della
mineralogia del comprensorio, nonché dell’uso tradizionale
del territorio. Il Museo di Tolfa è attualmente in fase di ampliamento,
in locali adeguati ad un’esposizione ampia e scientificamente
corretta, all’interno di una bellissima struttura antica (ex-convento
della Sughera) restaurata allo scopo.
La presenza degli etruschi nel territorio ha lasciato tutta una serie
di resti di varia entità, quali templi e tombe scavate nel tufo
che dimostrano la diffusione di piccole colonie in tutti i Monti della
Tolfa, con evidente collegamento con i massimi centri della Tuscia meridionale.
Ancora nei tempi romani i Monti della Tolfa rimasero fondamentalmente
zone agricolo-pastorali, attraversate da vie di collegamento tra Corneto
e Roma, ed anche sito di alcune ville. In quel periodo Tolfa (Forum
Clodii), acquisì decisamente un aspetto di cittadina minore dell'Impero.
Rimangono inoltre numerose testimonianze di archeologia industriale
sull’intero territorio toplfetano-cerite ed anche nell’area
della ZPS (Miniera di Ferro e Miniera di Piombo).
5.2 I VALORI
CULTURALI E LE ATTIVITÀ TRADIZIONALI
Attualmente la perdita
o il decadimento dei valori culturali si può porre in relazione
al cambiamento del tipo di vita e della sua qualità, subito nei
due comuni a partire dagli anni '50, con il ridursi del prodotto delle
attività economiche tradizionali, agricoltura, pastorizia e miniere.
Con l'instaurarsi del pendolarismo, la migrazione verso centri vicini
come Civitavecchia e Roma, l'abbandono delle campagne da parte dei giovani
e la conseguente senilizzazione di questa attività (oggi quasi
del tutto demandata a pensionati e "hobbisti”) si è
anche favorito il rapido decrescere di quella base di tradizioni culturali
collegate a queste stesse attività, e che solo una vita comunitaria
di aggregazione attorno ad un particolare tipo di vita può tramandare
nella sua interezza di contenuti e significati.
Ciò oltre natu¬ralmente all'evolversi dei costumi e delle
abitudini sociali delle popolazioni locali ed alla modificazione della
mentalità dei giovani, che esercitano sempre maggiore influenza
sulla vita sociale, politica ed economica dei due Comuni.
Mentre Allumiere (nata come centro per la conduzione delle miniere di
allume scoperte alla fine del XV secolo) ha avuto per secoli una vocazione
industriale-estrattiva (diverse le miniere e molte le cave di allume,
utilizzate fino a circa un secolo fa), e poi nel XX secolo, soprattutto
con le bonifiche dell’Ente Maremma, sviluppò un indirizzo
agricolo, Tolfa ha mantenuto (oggi in maniera marginale però)
la sua vocazione pastorale.
Il territorio della ZPS, come il resto del comprensorio, è costellato
di casali e di “casette” in gran parte di proprietà
delle Università Agrarie, quasi tutti in pessime condizioni e
disabitati. La funzione originaria di questi edifici era quella di provvedere
ad ospitare i contadini che coltivavano le zone più impervie
e lontane dall’abitato, nonché i butteri che sorvegliavano
le grandi mandrie che pascolavano liberamente, sfruttando così
doppiamente l’antico privilegio dell’uso civico. Le “casette”
dell’Agraria, piccoli edifici ad un solo piano, localizzati in
genere in prossimità di un fontanile, servivano in particolare
ad ospitare i braccianti e gli stagionali ingaggiati dai maggiori proprietari
di bestiame ed usufruttuari, per la coltivazione del grano duro e per
la raccolta del fieno. In questi piccoli edifici, una serie di tavole
disposte tutt’intorno, dotate di una copertura di rami di ginestra,
fungeva da giaciglio per l’intera settimana lavorativa.
In particolare due di queste storiche casette sono state restaurate
di recente: Lo Stazzalone (presso il Km 8 della S.P. 3/b) a cura della
Provincia di Roma (1997); La Cicugnola (presso la valle del Fosso del
Chiavaccio), in un sito già in uso nell’antichità,
è stata restaurata nel 1992 a cura dell’Università
Agraria di Tolfa e della Cooptur di Tolfa. L’uso che di queste
strutture rinnovate si può fare è fondamentalmente quello
di sosta e centro-visita per coloro che percorrono il territorio a piedi
o a cavallo.
I casali che nell’area della ZPS sono stati rinnovati e che attualmente
hanno un qualche uso sono: quello della Rimessa della Fiera, in cui
viene svolta un’attività agrituristica; Femmina Morta,
in cui l’Agraria di Tolfa svolge alcune attività legate
all’allevamento; Colle di Mezzo (fino a pochi anni fa “fagianario”
della Provincia di Roma), ora sede di un allevamente avicolo; la Casermetta
Forestale, infine, dove si potrebbero svolgere attività di educazione
ambientale.
5.3 POPOLAZIONE
E GESTIONE DEL TERRITORIO
L’ampio territorio
dei due comuni principali dei Monti della Tolfa (compresa l’area
della ZPS) è incluso quasi per intero nell’ambito dell’amministrazione
della Comunità montana (III zona) “Monti della Tolfa”,
Ente derivante dalla legge 3/12/71 n.1.102 che indica le norme per lo
sviluppo delle aree montane che coprono un’alta percentuale del
territorio nazionale. Il fine di questa legge è fondamentalmente
quello del riequilibrio sociale ed economico delle zone montane, inserito
nel quadro del programma economico nazionale ed in ottemperanza alle
indicazioni del piano Regionale. La legge punta a valorizzare le aree
montane che devono essere articolate in Comprensori, attraverso l’elaborazione
e l’attuazione di programmi di sviluppo e di piani territoriali
di zona. La Comunità Montana è un ente di diritto pubblico
con il potere di programmare lo sviluppo economico e sociale e la pianificazione
dello sviluppo urbanistico e degli interventi di bonifica. Essa ha dunque
il potere decisionale per attuare di fatto una concreta pianificazione
sovracomunale. Finalità essenziale della legge istitutiva delle
Comunità Montane è anche la difesa del suolo e la protezione
della natura. Nel caso dei Monti della Tolfa, la razionalizzazione ed
il potenziamento delle attività zootecniche e di quelle ad esse
collegate, con tutti il sistema di infrastrutture ed interventi previsti
deve costituire la struttura economica portante del territorio. Oltre
a ciò anche la riqualificazione delle attività artigianali,
delle infrastrutture e dei servizi civili e sociali, dovrebbe costituire
un impegno fondamentale per l’Ente (Contoli, Lombardi e Spada,
1980).
In ognuno dei due Comuni è inoltre presente un Ente (Università
Agraria) demandato da secoli alla gestione dell’uso civico, privilegio
riservato ai residenti. Le due Università Agrarie, in quanto
ufficiali rappresentanti delle popolazioni, sono i proprietari di quasi
l’intero territorio, fatte salve pochissime eccezioni di proprietà
private, situate però soprattutto intorno ai due centri abitati
e nella zona nord del comprensorio, e di alcune aree di proprietà
comunale. L’accorpamento di vaste aree gravate di usi civici e
amministrate da un Consiglio composto dai diretti fruitori dei beni
posseduti dalle Università ha condotto sia pure indirettamente
ad una politica di conservazione del territorio nei suoi usi tradizionali
ed al mantenimento di grossi valori naturalistici su una grande parte
del territorio della Comunità Montana.
In particolare, l’istituzione dell’Università Agraria
di Tolfa deriva dall’unificazione delle due precedenti Università,
quella degli Agricoltori e Boattieri e quella di mosceria (piccoli possidenti
di bestiame), effettuata nel 1868. La prima istituzione delle due Università
risale a tempi antichi, ma mancano le memorie scritte. Il primo regolamento
fu approvato nel 1820: avvenuta la divisione di beni fra i cittadini
di Tolfa e della sua frazione (Allumiere), eretta allora a Comune, le
due Università ebbero poi un unico regolamento nel 1868, al tempo
della loro fusione. L’Università Agraria fu poi riconosciuta
come persona giuridica con legge del 4 agosto 1894, n°397. In seguito
fu compilato il nuovo Regolamento nel novembre 1896.
L’utenza, in base a tale regolamento, era riservata, come già
nei vecchi Statuti, alla sola classe dei possidenti di bestiame ed ai
nativi del luogo. Si modificò poi questa norma, ammettendo al
godimento delle terre comuni ed al diritto di utenza anche la classe
dei braccianti terrazzieri. Con l’entrata in vigore della legge
del 16 giugno 1927 n°1766, fu compilato un nuovo statuto col quale
si riservava il diritto di utenza ai cittadini capi-famiglia. Varie
successive deliberazioni modificarono lo Statuto, con cui si è
quindi esteso il diritto di utenza a tutti i cittadini maggiorenni di
entrambe i sessi.
Stralciando alcuni passi dallo Statuto dell’Agraria di Tolfa,
apprendiamo che “ l’Università Agraria cura gli intereressi
agricoli, zootecnici e di conservazione dei valori ambientali e naturalistici
dell’intera popolazione del Comune di Tolfa. Ne promuove lo sviluppo
ed il progresso civile, sociale ed economico e garantisce la partecipazione
dei cittadini alle scelte politiche ed all’attività amministrativa
[...] All’esercizio degli usi civici sul territorio dell’Università
Agraria di Tolfa hanno diritto tutti i cittadini compresi nei registri
della popolazione del Comune di Tolfa che risiedano stabilmente nello
stesso Comune”. Questi Enti sono stati tra le prime forme di associazionismo
agricolo e di cooperazione, ed oggi stimolano e valorizzano le forme
associative ed i loro organi di partecipazione.
Le critiche
alle Università Agrarie certo non mancano. Ad esempio, il fatto
che esse, che non hanno fonti finanziarie dirette né possono
alienare parte dei loro beni immobili e quindi usufruire di crediti
agrari, sopravvivano vendendo legna dei boschi e quindi svolgendo una
funzione negativa per la conservazione naturalistica. È comunque
altrettanto vero che esistono leggi regionali sul rimborso del mancato
taglio dei boschi cedui che, se adeguatamente finanziate e applicate
con tempestività, consentono di conservare il patrimonio boschivo
(Contoli, Lombardi, Spada, 1980).
In realtà, troppo spesso le critiche alle Università Agrarie
provengono da settori interessati a trasformare in senso produttivo
queste che restano tra le poche strutture di gestione del territorio
svincolate dall'interesse privato e finalizzate a scopi di interesse
pubblico non contingente.
I terreni di proprietà dell'Università Agraria di Allumiere
coprono circa 6.800 ettari, mentre quelli di Tolfa 6.600 circa. Rappresentano
quindi le massime proprietà di qualunque ente agrario del Lazio,
e ad esse va di certo riconosciuta anche la benemerita funzione che
hanno svolto per la tutela del patrimonio naturalistico della zona ed
il ruolo importante che potrebbero ancora svolgere in futuro.
Nell’ambito della ZPS, di cui l’Università Agraria
di Allumiere possiede la maggior parte della superficie, i terreni sono
quasi tutti di proprietà pubblica. Su quelle delle due Agrarie
ricadono dunque tutti i vincoli dell’uso civico che constano di
privilegi nella raccolta della legna secca, nel taglio e raccolta della
legna verde (in situazioni prestabilite e molto limitate), nell’uso
dei pascoli per il bestiame brado (mucche e cavalli maremmano-tolfetani),
nella raccolta di funghi, tartufi e altri “frutti del sottobosco”,
nell’uso delle strade vicinali. Le Università Agrarie di
Tolfa e di Allumiere provvedono, come accennato in precedenza, ogni
anno ad effettuare aste pubbliche per la vendita di boschi sottoposti
a ceduazione a “matricino”, con rotazione di 12-15 anni.
I tagli vengono effettuati sotto il controllo degli addetti dei due
Enti, e la sorveglianza del territorio (purtroppo insufficiente) dalle
guardie delle due Università.
È dunque evidente come il fatto che gli Enti in gioco su questa
area siano molto pochi (Università Agrarie, Comunità Montana
ed i Comuni) favorisca grandemente anche il dialogo e la pianificazione
per una gestione equilibrata delle risorse.
Certo in passato il territorio ha subito l’avvicendarsi di coltivazioni
di rapina che hanno impoverito il suolo notevolmente. Inoltre la continua
riduzione della copertura vegetale, dovuta al taglio dei boshi per legnatico,
per l’apertura di cave, nonché il dissodamento di pascoli,
sono state causa del dilavamento e del dissesto idrogeologico (M. Spada,
1983).
La struttura
della popolazione della Comunità Montana è stata analiz¬zata
negli anni ’70 nell'ambito della preparazione del piano di sviluppo
quinquennale da parte della Fondazione Olivetti. Possiamo esaminare
brevemente l'influenza che i principali fenomeni evolutivi della popolazione
della Comunità Montana hanno avuto sul presente stato di conservazione
dell'ambiente.
Nella Comunità Montana la situazione della popolazione può
essere riassunta nelle seguenti cifre, estratte dai dati statistici
ISTAT:
popolazione al 1977 ........... unità 8.953
territorio............................... kmq 260,06
abitanti per kmq ..................... 34,3
Popolazione al 1998..........
unità 9.281
Dati demografici
sull’età (Provincia di Roma - Assessorato alla Formazione
Professionale,1998).
Tolfa: |
|
Allumiere: |
Età |
Uomini |
Donne |
Totale |
|
Età |
Uomini |
Donne |
Totale |
Fino a 14 anni |
365 |
304 |
669 |
|
Fino a 14 anni |
342 |
297 |
639 |
15 –
24 |
378 |
323 |
701 |
|
15 –
24 |
306 |
302 |
608 |
25 –
34 |
370 |
380 |
750 |
|
25 –
44 |
627 |
603 |
1230 |
35 –
44 |
320 |
305 |
625 |
|
45 –
54 |
272 |
256 |
528 |
45 –
54 |
324 |
302 |
626 |
|
55 –
64 |
226 |
250 |
476 |
55 –
64 |
265 |
285 |
530 |
|
|
|
|
|
Oltre 64 |
461 |
601 |
1062 |
|
Oltre 64 |
352 |
464 |
817 |
Totale |
2483 |
2500 |
4983 |
|
Totale |
2125 |
2173 |
4298 |
Si è quindi
in presenza di un'area caratterizzata da una densità di popolazione
quasi venti volte inferiore a quella media della Provincia di Roma (687.3
ab/kmq) e di molto sotto la media regionale (273 ab/kmq). La densità
territoriale media è di circa 0,5 abitanti per ettaro, ma la
densità rurale è molto bassa; cioè l'effettiva
antropizzazione del territorio è molto scarsa. Questa situazione
è dovuta sia all'aspetto orografico della zona che rende difficoltosi
ed improduttivi gli insediamenti sparsi, sia allo sfruttamento subito
dal suolo nei secoli passati a cui si deve la progressiva riduzione
della copertura vegetale con il conseguente dilavamento e dissesto idrogeologico.
Ciò ha portato al graduale abbandono delle coltivazioni ed al
ritorno al pascolo di molti seminativi.
Questo basso valore di densità è ancora più rimarchevole
se si considera che oltre il 90 % della popolazione vive in abitazioni
accorpate ai centri principali di Allumiere, Tolfa e La Bianca (frazione
di Allumiere). È un fattore che ha indubbiamente favorito il
mantenimento di un pregevole equilibrio ambientale: qui infatti, sia
le antiche abitudini, sia la gestione collettiva del territorio, sia
anche le difficoltà ambien¬tali, hanno reso molto difficoltoso
e raro l'insediamento di strutture abitative autosufficienti in campagna,
se non nelle più adatte zone margi¬nali dell'area (Maremma).
Questa tendenza all'inurbamento della popola¬zione di Tolfa ed Allumiere
è continuata anche in questi ultimi anni. Ciò ha significato
l'abbandono di alcune piccole entità abitative rurali, ma contemporaneamente
negli ultimi venti anni è sorta una massiccia serie di seconde
case, in gran parte dovute ai residenti locali, e in minor quantità
– seppure sviluppate in precedenza – sono le lottizzazione
che hanno portato, tra Allumiere e Tolfa, al proliferare di ville di
estranei al contesto locale. Negli ultimi dieci anni però le
lottizzazioni, effettuate essenzialmente nell’ultimo tratto della
strada provinciale S.Severa-Tolfa, sono state indirizzate all’uso
abitativo locale.
Così come in molti altri paesi del Lazio il numero di abitanti
di Tolfa ed Allumiere è calato continuamente a partire dagli
anni '50 per fenomeni di migrazione e per la diminuzione progressiva
della natalità. Nel 1951 vi erano 9.550 residenti nel territorio
della Comunità Montana, nel 1961 9.086, nel 1971 8.805.
A partire dagli anni ‘70 si è avuta invece un'inversione
del fenomeno ed ora gli abitanti sono saliti a poco oltre le 9000 unità
(9281). Questa inversione è presumibilmente dovuta ad un lieve
aumento delle possibilità occupazionali in loco, unitamente alla
stretta occupazionale avvenuta dopo gli anni di boom economico ed al
fatto che alcuni posti di lavoro, nel settore delle costruzioni si sono
creati lungo il litorale tra Civitavecchia e Cerveteri.
L'esodo delle forze dì lavoro dal settore agricolo verso le altre
attività non ha determinato né il trasferimento definitivo
dei nuclei familiari, né l'alienazione dei fondi che continuano
ad essere condotti nelle forme tradizionali dalle minori forze familiari
con la conseguente riduzione del livello produttivo dovuta al minor
impegno.
Nell’area del sito di cui ci occupiamo la densità di popolazione
è ridotta invece quasi allo zero, in quanto non esistono in loco
strutture abitative permanenti, con l’eccezione dei sobborghi
di S.Marinella.
Se numericamente
la popolazione nel suo complesso non ha subito cambiamenti drammatici,
un esame della sua struttura mostra quanto sia marcato il processo di
senilizzazione. Nell'area si è avuta una variazione dell'indice
di vecchiaia, tra il 1951 ed il 1971, da 35,5 a 57,9 contro rispettivamente
il 27,5 ed il 35,1 della intera provincia di Roma. Nel settore agricoltura
ed allevamento un’indagine degli anni ’70 ha messo in evidenza
che il 65-70 % degli utenti delle Università Agrarie hanno un'età
superiore ai 50 anni e solo il 3 % meno di 30.
Allo stesso modo che in aree agricole montane, queste modifiche della
struttura della popolazione hanno comunque contribuito a conservare
valori ambientali altrimenti sottoposti a ben altre pressioni. Senilizzazione
degli allevatori ha significato anche mantenimento di strutture tradizionali
di allevamento ed agricoltura ben equilibrate rispetto all'ambiente
in cui si sono svolte per secoli. Lo sviluppo economico ha condotto
a modifiche di regimi di vita tradizionali, a miglioramenti delle strutture
abitative e quindi anche a minore richiesta di legnatico. La particolare
menta¬lità delle popolazioni locali, di cui abbiamo già
discusso, e la posizione ad una distanza da Roma sufficiente a rendere
ancora non troppo attraente economicamente la lottizzazione selvaggia,
sviluppatasi invece in Comuni più vicini (Cerveteri), hanno contribuito
in maniera molto notevole al mantenimento dei valori ambientali. In
particolare nella zona Meridionale dei Monti della Tolfa, dove la vicinanza
alla costa e all’area Cerite avrebbero potuto causare maggiori
danni ambientali.
Ancora oggi dunque esiste una base umana adeguata per poter tramandare
un patrimonio di valori culturali che, assieme ai valori naturali¬stici,
si vogliono conservare nella ZPS “Monti della Tolfa meridionali”,
valori da vedere come un insieme unico da valorizzare.
Dati sui titoli
di studio:
Tolfa:
titolo
di studio |
uomini |
donne |
totale |
Laurea |
39 |
12 |
51 |
Diploma |
363 |
375 |
738 |
Media inferiore |
808 |
594 |
1402 |
Elementare |
816 |
1129 |
1945 |
Totale |
2026 |
2110 |
4136 |
Senza titolo |
|
|
847 |
Totale |
|
|
4983 |
Allumiere:
non disponibili
Dati sull’occupazione:
Tolfa:
popolazione |
uomini |
donne |
totale |
Attiva
di cui: |
1250 |
1230 |
2480 |
occupati |
788 |
702 |
1490 |
disoccupati |
462 |
523 |
985 |
In cerca di
1^ occupaz. |
352 |
400 |
752 |
Non
attiva Di cui: |
1233 |
1270 |
2503 |
casalinghe |
|
120 |
120 |
studenti |
650 |
600 |
1250 |
ritirati |
583 |
550 |
1133 |
Totale popolazione |
2483 |
2500 |
4983 |
Tipologia
di imprese:
SETTORE |
Ditte
individuali |
società |
Totali |
agricoltura |
34 |
5 |
39 |
Ind. estrattiva |
2 |
2 |
4 |
Ind. Manifatt. |
5 |
1 |
6 |
Energia gas |
1 |
5 |
6 |
costruzioni |
67 |
13 |
80 |
Commercio ripar. |
71 |
14 |
85 |
Alberghi pubblici
eser. |
16 |
4 |
20 |
Trasp. Comun. |
6 |
2 |
8 |
Credito –
assic. |
2 |
4 |
6 |
Altri servizi |
58 |
9 |
67 |
TOTALE |
262 |
59 |
321 |
Allumiere:
SETTORE |
Ditte
individuali |
società |
Totali |
agricoltura |
12 |
1 |
13 |
Ind. estrattiva |
|
1 |
1 |
Ind. Manifatt. |
4 |
5 |
9 |
Energia gas |
|
1 |
1 |
costruzioni |
30 |
9 |
39 |
Commercio ripar. |
50 |
9 |
59 |
Alberghi pubblici
eser. |
8 |
4 |
12 |
Trasp. Comun. |
3 |
|
3 |
Credito–
assic. |
4 |
1 |
5 |
Altri servizi |
36 |
5 |
41 |
TOTALE |
147 |
36 |
183 |
5.4 TURISMO E USO DEL TERRITORIO
Il turismo è
da molto tempo qui una buona fonte di reddito, soprattutto nei mesi
estivi. Comunque il turismo domenicale, data la vicinanza con Roma,
è aumentato negli ultimi venti anni, facendo anche incrementare
il numero di strutture di ristorazione (tra cui alcune aziende agri-turistiche):
mancano però ancora adeguate strutture ricettive (due presenti
all’interno del sito). Esistono comunque alcune puntiformi strutture
nei due centri abitati di Tolfa e Allumiere e nelle loro vicinanze.
Inoltre è disponibile una grande struttura (ex-convento), ristrutturato
dal Comune di Tolfa (che ne è il proprietario) in funzione di
trasformarlo in struttura di accoglienza per gruppi.
Strutture
di accoglienza all’interno della ZPS
Casale
“Rimessa della Fiera” (con maneggio) |
Strada
Provinciale 3/b, km 4+200 |
Circa
20 posti letto |
Casale Pratolungo
(con maneggio) |
StradaProvincialeSassicari-Civitavecchia
Nord, Km 1+500 |
? |
Purtroppo troppo
spesso i turisti occasionali approfittano della scarsa sorveglianza
degli Enti per percorrere le strade delle Agrarie ed i letti dei torrenti
con mezzi fuoristrada e motocicli, e lasciano rifiuti sui prati più
vicini alle strade.
La morfologia e il tipo di gestione del territorio non permettono (e
non sarebbe neanche auspicabile) un turismo generalizzato e di massa.
Il turista più curioso e allenato dovrebbe essere indotto a visitare
quei pochi sentieri, attrezzati allo scopo, che siano situati non troppo
distanti dalle strade principali e la cui percorrenza non disturbi eccessivamente
gli habitat e le tradizionali attività economiche.
A questo scopo fu istituito nel 1997 “Il Sentiero del Biancone”.
Questo sentiero, che sfrutta le rotte percorse dal bestiame, le antiche
strade delle Agrarie e i torrenti, si snoda per circa 16 chilometri
in forma di anello, a partire dal km 4 della Provinciale S.Severa-Tolfa,
in corrispondenza del casale Rimessa della Fiera, salendo verso le creste
del M.Chiavaccio e del M.Cavone; segue la direttrice dell’acquedotto
di Civitavecchia fino al Fosso di Monteianni; attraversa la Provinciale
e riprende sul lato opposto in direzione sud, lungo il letto del Rio
Fiume, fino al punto di partenza. Dal sentiero principale si può
anche deviare in direzione del casaletto della Cicugnola e tornare al
punto di partenza percorrendo la valle del Fosso del Chiavaccio.
L’intero sentiero è segnalato con macchie di vernice rossa
e dotato di cartellonistica che descrive le caratteristiche ambientali
e storiche dell’area. In concomitanza con la realizzazione del
sentiero fu anche prodotta una carta 1:25000 in forma di depliant illustrativo.5.5 EDUCAZIONE
AMBIENTALEIl territorio in
oggetto si presta abbastanza bene all’effettuazione di programmi
di educazione ambientale rivolta a bambini e ragazzi in età scolare.
Sono abbastanza numerosi i gruppi scolastici che, per lo più
in modo autonomo, da Roma e da Civitavecchia si recano in primavera
nel territorio dei Monti della Tolfa, senza però trovare in genere
un sostegno didattico adeguato.
Tenendo conto del fatto che non esistono strutture abbastanza capienti
e funzionali a tale scopo all’interno della ZPS, sarebbe importante
utilizzare i due centri abitati e le le strutture in loco per l’ospitalità.
Questo fornirebbe la possibilità ai piccoli visitatori di usufruire
delle facilitazioni offerte da Tolfa e da Allumiere e, allo stesso tempo,
di poter godere del territorio a partire dai suoi nuclei storici.
Le visite al territorio, con una particolare attenzione ai valori naturalistici
e a quelli archeologici, potrebbere essere effettuate con piccoli mezzi
a motore con i quali raggiungere i principali accessi all’area
del sito. Da quei punti si potrebbero percorrere (come già è
stato sperimentato dalle scuole dell’obbligo di Tolfa, in occasione
di un programma di educazione ambientale promosso dal Comune di Tolfa
nel 1995) alcuni dei principali sentieri ed utilizzare come centri visita
alcuni dei piccoli casali posti sui percorsi. 5.6 I FATTORI
UMANI NELLA CONSERVAZIONE DEI VALORI AMBIENTALII fattori antropici
generali che hanno consentito il permanere dei valori naturalistici,
comprendono innanzitutto la prevalente gestione del territorio attraverso
attività silvo-pastorali che, secondo l'Ente Ma¬remma, interessavano
nel 1956 il 40 % e nel 1961 il 65 % del territorio dei Monti della Tolfa;
infatti, salvo forse in determinati e limitati periodi storici, nei
quali per esigenze contingenti si giunse a dissodare e coltivare anche
alcune delle zone meno adatte, dando tra l'altro inizio a seri fenomeni
di erosione e degradazione del suolo, l'agricoltura tradizionalmente
non assume una importanza fondamentale nell'economia locale. Ciò
del resto è in piena armonia con le reali vocazioni del comprensorio,
quasi del tutto inadatto alle attività agricole colturali, in
rapporto all’eccessiva acclività del suolo (legata a sua
volta all'origine geologica), ed alla conseguente predisposizione all'erosione
accelerata ed alla degradazione.
Da ciò deriva tra l'altro lo scarso livello di inquinamento da
pesticidi e la presenza di numerosi corsi di acqua relativamente poco
inquinati. L'uniforme gestione del territorio, correlata anche alla
presenza di vaste aree affidate alla gestione collettiva delle Università
Agrarie, ha evitato l'eccessivo insediamento rurale sparso, rendendo
maggiore il significato della scarsa densità di popolazione;
la scarsità delle industrie completa inoltre questo quadro. Non
si deve poi dimenticare il tradizionale attaccamento alla propria terra
e ai suoi aspetti più tipici che caratterizza le genti della
zona.
Nel complesso, si può in sintesi affermare che, a differenza
di quanto accade solitamente in Italia, nel comprensorio le tradizionali
attività umane non sembrano essere nel complesso deleterie per
valori naturalistici, tranne alcuni casi particolari, e che anzi, in
certo modo, tali realtà ambientali ed umane sembrano strettamente
e positivamente collegate tra di loro, tenendo anche conto del fatto
che i più caratterizzanti di tali valori sono quelli estesi o
legati a vaste superfici o a tutto il territorio, per cui il comprensorio
non si configura tanto come un mosaico di biotopi di grande interesse,
quanto come una vasta area con caratteristiche unitarie, pur nella sua
estremamente complessa diversificazione. Area che deve essere gestita
in maniera omogenea e nello stesso tempo finemente articolata a livello
territoriale per non perdere le sue preminenti caratteristiche (Contoli,
Lombardi, Spada, 1980).
I vincoli esistenti sul comprensorio non giustificano da soli tale positiva
situazione: l'unico discretamente esteso è quello idrogeologico,
mentre quello paesistico è assai limitato e non vi sono oasi
di protezione della fauna.5.7 SITUAZIONI
DI DEGRADO Al di là
del tipo di gestione forestale e di pascolo che, seppure tradizionali
e abbastanza integrati con l’ambiente naturale, hanno causato,
e continuano a causare, non pochi danni al suolo, alle cenosi vegetazionali
e a molte specie animali (ad esempio, con il passaggio del bestiame
all’interno dell’alveo dei torrenti), altre cause di degrado
ambientale, all’interno del sito, possono essere induividuate
come segue:A. Discariche e
inquinamentoDopo la chiusura
della discarica di S.Severa (al km 1 della S.P. 3/b) non esistono più
gravi minacce di inquinamento all’interno della ZPS. Rimangono
però alcuni siti dove vengono di preferenza, ma solo occasionalmente,
scaricati rifiuti in modo abusivo.
Si tratta essenzialmente di due siti posti lungo la strada provinciale
S. Severa-Tolfa: al km 4 (presso il ponte e nei dintorni del maneggio);
al km 7,800 (nei pressi del ponte e all’inizio della cararreccia
che segue il corso del Fosso di Monteianni, nei pressi dell’acquedotto
di Civitavecchia).
Inoltre, lungo la strada comunale La Bianca-La Fontanaccia, entro i
primi 2 chilometri, sono presenti numerosi orti privati, al cui interno
vengono accumulati rifiuti di vario tipo; mentre lungo la strada si
riscontrano accumuli di materiale edilizio di scarto.
Lungo la carrareccia S.Marinella-La Fontanaccia, nei pressi del Casale
di Prato Rotatore, vi sono enormi cumuli di materiale edilizio e di
rottami metallici.
Probabilmente, gli orti de La Bianca e le serre dei dintorni di Civitavecchia
e di S.Marinella scaricano in falda liquami e sostanze organiche (concimi
chimici e fitofarmaci) in quantità non indifferenti.
Non certamente ultimo tra i fattori inquinanti dell’area è
la presenza del polo energetico di Civitavecchia. Le centrali Enel a
carbone e a gasolio producono un forte inquinamento dell’aria
su una ampia fascia costiera: data la posizione dei Monti della Tolfa
rispetto al mare e rispetto alle correnti aeree che scaricano l’umidità
sui rilievi, si può supporre (studi approfonditi non sono ancora
stati effettuati, ma i rilevamenti della ASL locale dovrebbero probabilmente
riservare sgradevoli sorprese) che il territorio (forse non per intero)
sia soggetto a piogge acide, con conseguente influenza sulla vegetazione,
diretta e indiretta (per esempio attraverso i danni arrecati ai funghi
micorrizici). Di questi fattori bisognerà necessariamente tener
conto nel futuro piano di gestione della ZPS.B. Erosione Gravi minacce di
erosione non sono riscontrabili all’interno della ZPS, ma sono
diffusi piccoli fenomeni erosivi in corrispondenza di alcuni pendii
collinari non protetti dal bosco e sottoposti a sovrapascolamento. La
diminuizione del carico del bestiame, verificatasi in questi ultimi
anni, sta, talora, inducendo un ritorno a situazioni più naturali
e comunque meno degradate. Il fenomeno è particolarmente evidente
nell’area fra il M. La Tolfaccia e S.Marinella.
È stato di recente effettuata un’opera di rettificazione
dell’alveo fluviale del Fosso di Freddara, nei pressi di Prato
Cipolloso (Comune di S. Marinella, ma proprietà dell’Università
Agraria di Allumiere): è stata eliminata un’ansa del corso
d’acqua, probabilmente in modo non autorizzato, con eliminazione
di una zona umida in cui è presente un prezioso boschetto di
Tamarix africana, con individui vecchi e di grandi dimensioni.C. Attività
estrattive Nell’area
del sito e nell’intero comprensorio tolfetano-cerite, un tempo
esistevano numerose attività estrattive (allume, sabbia, caolino,
piombo, ferro, ecc.). A tutt’oggi ne rimangono ben poche attive.
In particolare, all’interno della ZPS ne esiste una sola in attività:
si tratta di una cava di sabbia posta al margine occidentale del sito,
in località Pratolongo (comune di Civitavecchia), lungo la strada
Sassicari-Civitavecchia nord. D. Incendi La scarsissima
frequentazione e la quasi totale inesistenza di abitazioni, nonché
il fatto che quasi l’intero territorio sia di proprietà
pubblica, non favoriscono l’insorgere di incendi estivi, come
invece accade in tante altre aree mediterranee, nonostante la siccità
prolungata. Questo fatto ci conferma ulteriormente come la maggioranza
degli incendi nel nostro Paese sia dolosa e dovuta ad interessi particolari.
Nel territorio della ZPS, così come in tutto il comprensorio
tolfetano, gli incendi sono invece molto rari, e limitati per lo più
ai margini delle principali strade. La diffusione dell’allevamento
brado bovino ed equino e la scarsa agricoltura inoltre non incoraggiano
la pratica del bruciare le stoppie, come invece avviene laddove vi siano
allevamenti ovini e campi di frumento (ad esempio in Maremma).
Il Corpo Forestale dello Stato segnala che negli ultimi dieci anni vi
sono stati, nell’intero territorio della Comunità Montana,
pochi incendi gravi: questi hanno percorso un totale di 265 ettari di
territorio, tutto esterno alla ZPS.E. Edilizia L’area in
oggetto non è mai stata ambita da speculatori, fatta eccezione
per una ristretta fascia adiacente l’abitato di S.Marinella: gli
edifici di recente costruzione sono rarissimi e presenti quasi esclusivamente
in quest’ultima area (esiste anche un convento all’inizio
della strada per Prato Rotatore). Vi sono inoltre pochi “capanni
agricoli” (in realtà casette in cemento e tufo, dotate
di fondamenta) lungo la strada La Bianca-La Fontanaccia, e pochissime
villette al margine occidentale, in comune di Civitavecchia.F. Altre
strutture L’area della
ZPS è quasi del tutto priva di strutture e sovrastrutture di
grave impatto ambientale e paesaggistico. Il territorio è però
percorso da almeno cinque elettrodotti (due nella zona sud e tre nel
margine nord), che tagliano pascoli e boschi per molti chilometri. Oltre
all’impatto paesaggistico, sussiste un danno ambientale dovuto,
non solo all’installazione dei piloni, ma anche e soprattutto
alla loro manutenzione, effettuata con pesanti mezzi fuoristrada e con
periodici tagli a raso della vegetazione.
Sono inoltre presenti alcuni acquedotti con “bottini” in
cemento. Per realizzare il più recente (La Bianca-S.Marinella)
sono state impiegate cariche di dinamite, con grave compromissione ambientale
(vedere capitolo 4.3).G. Fuoristradismo Purtroppo lo scarso
controllo del territorio (vogliamo qui ricordare che i cancelli delle
proprietà delle Università Agrarie affacciantisi lungo
le strade principali rimangono purtroppo quasi sempre aperti; o comunque
vengono facilmente divelti da estranei, e non riparati in tempi brevi
dagli Enti) fa sì che l’uso di veicoli fuoristrada, non
deputati all’uso civico del territorio, giungano fino al cuore
di territori di grande pregio naturalistico. “Turisti” e
cacciatori motorizzati percorrono abbastanza spesso alcune carrarecce,
attraversando anche i torrenti. Motocicli da motocross inoltre si possono
talvolta incontrare addirittura all’interno degli alvei fluviali.H. La caccia
Come per il bosco e per il pascolo, anche per la caccia va fatta una
distinzione tra caccia tradizionale e caccia “introdotta”.
La prima viene svolta ormai da pochi caccaitori locali e si rivolge
essenzialmente a poche specie classiche della fauna, quali i tordi,
la beccaccia, la lepre, il cinghiale. Purtroppo ne fanno le spese anche
animali rari e/o protetti, quali l’istrice, piccoli e medi carnivori,
uccelli rapaci. I cacciatori provenienti dall’esterno del territorio
ripropongono i consueti moduli della caccia anonima, avulsa dalla, comunque
opinabile, cultura venatoria locale. Si imporrebbe dunque una riduzione
o comunque un maggiore controllo della caccia nel sito.
Nei due comuni interessati e in quelli adiacenti di Civitavecchia e
S.Marinella, nell’anno 2000, sono stati rilasciati i seguenti
numeri di permessi di caccia :
Comune |
Anno
2000 |
TOLFA |
101 |
ALLUMIERE |
129 |
CIVITAVECCHIA |
754 |
S.MARINELLA |
200/250 |
Per quanto
riguarda la complessa problematica inerente alla caccia al cinghiale
e alla sua continua reintroduzione, vedere cap. 4.4.2 (Mammalofauna).I. Randagismo
canino Il randagismo canino
è una piaga nell’intero Paese: è recente (maggio
2001) la notizia dell’abbandono delle covate da parte dei fenicotteri
nidificanti nello Stagno di Cagliari, causata dal disturbo provocato
da cani randagi.
Il problema è legato a problemi ambientali e sanitari: i cani
inselvatichiti (quelli cioè ormai completamente indipendenti
dall’uomo, e che vivono in branchi in maniera simile al lupo)
aggrediscono il bestiame, e possono essere vettori, congiuntamente ai
randagi (cioè i cani non di proprietà che vagano nei pressi
degli insediamenti umani), di epidemie di rabbia silvestre e della forma
rabica urbana. Inoltre i cani inselvatichiti possono ibridarsi col lupo,
contribuendo al declino della forma pura appenninica.
Angelici (1989) ha effettuato un censimento dei cani vaganti con padrone,
dei randagi e di quelli inselvatichiti, ottenendo dei numeri piuttosti
elevati per le prime due categorie:
cani vaganti 29 (comune di Tolfa) 29 (comune di Allumiere)
cani randagi 34 (comune di Tolfa) 32 (comune di Allumiere)
Nessun cane rinselvatichito è stato osservato.
A tutt’oggi, sembrerebbe diminuito drasticamente il numero totale
di cani (vaganti e randagi) in tutto il territorio della ZPS. Sussiste
però una situazione assai rischiosa, appena l di fuori della
ZPS: in località Casal Dei Frati (Tolfa) un canile di proprietà
privata ospita un numero imprecisato di cani in condizioni assai precarie.
La fuga di alcuni individui, se non di tutti contemporaneamente, comporterebbe,
come è facilmente intuibile, una gravissima compromissione per
l’ambiente.J. Viabilità
RETE STRADALE ALL’INTERNO DELLA ZPSLa rete stradale
è scarsamente estesa in tutto il comprensorio tolfetano-cerite,
e in particolare nella ZPS in esame.
Al suo interno ricadono solamente due strade ricoperte di asfalto:Strada Provinciale
3/B S.Severa-Tolfa, dal km 1+400 al km 13+500.
Questa provinciale è caratterizzata da una larghezza media di
circa 5 metri e da una bassissima frequenza di traffico veicolare. Ai
suoi lati persiste, per quasi tutto il percorso (22 km), una recinzione
a paletti di castagno e filo spinato disposto in parallelo. La strada
ha un dislivello totale (nel tratto incluso nella ZPS) di 324 metri.
Sale in forma di ripidi tornanti dal km 8 al 10, dominando l’intera
Valle del Rio Fiume. In corrispondenza del km 13,500 una deviazione
scende verso sud in direzione S.Severa nord: quest’ultima strada
è molto dissestata e assai poco frequentata. Nella proposta di
piano per un parco sui M. della Tolfa (Contoli, Lombardi, Spada, 1980)
veniva proposto di utilizzare questa variante per raggiungere l’Aurelia
e di abbandonare invece il tracciato della Provinciale 3/b.Strada Comunale
La Bianca-La Fontanaccia, dal km 1+700 alla fine della strada (priva
di segnaletica e di pietre miliari).
Questa strada ha un uso esclusivamente locale: permette di raggiungere
gli orti ed i pochiterreni privati nei dintorni della frazione La Bianca
e quindi i pascoli dell’Agraria di Allumiere, presso il M.La Tolfaccia.
Ha una larghezza di 4-5 metri ed è molto dissestata lungo l’intero
suo percorso (attualmente in ripristino: maggio 2001). La frequenza
di traffico veicolare è bassissima. La strada corre quasi interamente
in piano lungo la cresta meridionale dell’acrocoro tolfetano,
da cui si domina la costa fra Civitavecchia e S.Severa.Le carrarecce sono
invece abbastanza numerose e si dipartono dalle due precedenti e da
quelle poste ai limiti del comprensorio.Dalla Strada Provinciale
S.Severa Tolfa si dipartono le seguenti carrarecce:- Al km 4 la strada
che percorre la valle del Fosso del Chiavaccio in direzione nord, e
che successivamente si suddivide in numerosi sentieri;
- Al km 7,600 la strada che percorre la valle del Fosso di Monteianni
in direzione del M.La Tolfaccia. Anche questa si suddivide in numerosi
sentieri;
- Al km 15,800 quella che raggiunge e aggira il M.Graziola.Dalla strada comunale
La Bianca-La Fontanaccia:- In località
Poggio Malinverno, la strada per il Casale Le Rocchette;
- Poco prima del M.La Tolfaccia la strada per il casale Colle di Mezzo;
- Da La Fontanaccia la strada per S.Marinella, che attraversa i pascoli
dell’Agraria di Allumiere.SentieristicaIl bestiame brado
ha prodotto, in molti secoli di questo tipo di attività, numerosi
sentieri all’interno della macchia e del bosco. Le necessità
da parte degli uomini di raggiungere i capi sparsi su un territorio
molto vasto, prima a cavallo e a piedi, oggi anche con veicoli fuoristrada,
hanno accentuato l’ampiezza di molti sentieri.
La frequentazione della maggior parte di questi sentieri è assai
scarsa attualmente. Spesso i torrenti costituiscono vie di penetrazione
in aree in cui il rigoglio della vegetazione e l’abbandono delle
attività agrosilvopastorali non permetterebbero l’accesso.
La sentieristica ad uso turistico è praticamente assente in quest’area,
con un’unica eccezione: il sentiero intitolato “Del Biancone”,
finanziato dalla Provincia di Roma, Assessorato all’Ambiente,
e dall’Università Agraria di Tolfa nel 1997, e di cui si
è già trattato in precedenza.
Si è proceduto,
nell’ambito di questo studio preliminare, ad effettuare una valutazione
dell’impatto ambientale delle due strade che percorrono il comprensorio
della ZPS, attraverso parametri quantitativi e qualitativi che vengono
esplicati di seguito
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