6.
USO DELLE RISORSE E DEL SUOLO
6.1 INTRODUZIONE
La “Carta
dell’uso del suolo ad orientamento agricolo e forestale”,
redatta secondo gli standard del progetto Corine Land Cover, ha interessato
una superficie complessiva di 11.634 ha, leggermente più ampia
della zona individuata dal confine della ZPS di 10.633, 6 ha.
Ad un primo inquadramento generale emerge chiaramente che i caratteri
del territorio sono in primo luogo contrassegnati dalla grande diffusione
delle formazioni naturali e seminaturali che coprono la gran parte del
territorio. Come è possibile osservare dal grafico riportato
in figura 1, che riassume i principali usi del suolo, nella zona indagata
le formazioni boscate e gli ambienti seminaturali interessano circa
il 78% della superficie, per un’estensione complessiva di circa
9.000 ha. La restante parte del territorio è quasi interamente
occupata dalle colture agrarie, che con circa 2.300 ha ricoprono il
21% della superficie. Gli altri usi del suolo, come si vedrà
di seguito in dettaglio, rivestono un interesse molto limitato anche
perché posti generalmente ai margini della ZPS.
Figura 1 Ripartizione
della superfcie secondo il 1° livello della classificazione Corine
Land Cover
Le zone urbane di
tipo residenziale sono quelle interessate da edifici adibiti in prevalenza
ad abitazione, ed occupano una superficie di 101,6 ha, ossia meno dell’1%
rispetto all’area totale del comprensorio. Tra le zone urbanizzate
le più diffuse sono quelle a tessuto discontinuo ed in particolare
aziende agricole, casali, cascine e masserie e case sparse che si estendono
rispettivamente per 40,4 ha e 31,6 ha. Le zone urbanizzate a tessuto
urbano continuo rappresentano solo il 5,5% della superficie con 5,6
ha, sono per lo più dislocate al di fuori del confine della ZPS,
nella fascia prospiciente l’abitato di Santa Marinella.
Le zone industriali, commerciali ed infrastrutturali sono anch’esse
piuttosto esigue, 52,7 ha di cui ben 31,9 ha sono rappresentati dall’autostrada
A12, che corre parallela alla costa per circa 10 Km.
6.3 TERRITORI
AGRICOLI (ha 2.391)
Seminativi semplici si sviluppano per 1785,6 ha e rappresentano così
oltre il 15% del totale; queste
Figura 2: Ripartizione
dei territori agricoli nei diversi usi del suolo
colture erbacee
(prevalentemente grano e frumento), soggette all’avvicendamento,
sono distribuite su tutta l’area del comprensorio anche se è
possibile osservarne una maggiore diffusione nella zona pianeggiante
posta ai piedi delle colline e prossima alla costa, dove vaste superfici
coltivate sono intervallate a boschi e macchie; internamente, invece,
i seminativi sono raggruppati in due grandi complessi localizzati a
Nord del Monte Cucchetto e nella valle Cardosa.
Nelle colture orto-floro-vivaistiche sono stati inclusi tutti i terreni
coltivati al di fuori del normale avvicendamento, ed adibiti ad orti,
a serre e vivai. Vi sono rientrate tutte le colture effettuate in ambienti
artificiali (serre tunnel ecc.) che garantiscono speciali condizioni
di clima. Si riscontrano esclusivamente nella zona sud dell’area
di indagine in prossimità della costa, ove è più
diretta l’azione mitigante del mare.
Le colture permanenti sono poco diffuse in tutto il territorio in esame
e sono rappresentate quasi esclusivamente da oliveti coltivati in piccoli
appezzamenti sulle prime pendici collinari che si affacciano al mare;
frutteti e vigneti hanno un’importanza del tutto marginale, la
loro diffusione è limitata a pochi impianti di modeste dimensioni.
I prati e i prato-pascoli avvicendati sono ubicati nella parte centrale
ed interna con appezzamenti continui di alcune decine di ettari. Sono
state incluse in questa categoria tutte le colture foraggiere avvicendate
(erbai), che occupano il terreno al massimo per un’annata agraria,
i prati costituiti da coltivazioni foraggiere erbacee in avvicendamento
per più annate agrarie consecutive ed i pascoli regolarmente
sfalciati e sottoposti a pratiche agronomiche regolari. È questo
un tipo di coltura strettamente connesso alle aziende agrarie con orientamento
zootecnico, più diffuse nel settore centrosettentrionale dell’area
d’indagine.
Le aree agricole eterogenee, coprono una superficie complessiva di 249
ha; sono concentrate a Nord di Santa Marinella dove piccoli campi coltivati
si alternano a tratti boscati segnando il passaggio tra la zona più
intensamente coltivata a quella in cui prevalgono le formazioni naturali
e seminaturali.
Figura 3: Ripartizione
dei territori boscati e degli ambienti seminaturali nei diversi tipi
di formazioni
6.4 TERRITORI
BOSCATI ED AMBIENTI SEMINATURALI
Le superfici forestali
sono costituite esclusivamente da formazioni a prevalenza di latifoglie
e coprono buona parte dell’area centrale e settentrionale del
comprensorio, rappresentando, così, anche in termini di estensione,
la forma di uso del suolo: più estesa è la cerreta termoigrofila
mediterranea, che copre 4111,5 ha di territorio, pari a circa il 77%
della superficie forestale totale. Questa formazione, presente nelle
fasce altimetriche maggiori, e su suoli profondi e freschi, è
distribuita principalmente nella parte orientale del comprensorio (Macchia
del Quartaccio, Monteianni, Riserva Pozzo di Ferro, M. Acqua Tosta),
in quella più settentrionale (M. La Roccaccia, M. Graziola) e
ad Ovest nella zona del M. Cucco. Il piano arboreo è composto
da cerro associato a frassino meridionale, acero campestre, acero trilobo,
olmo campestre, carpino nero e nelle stazioni più fresche di
fondovalle anche da carpino bianco. Nel piano arbustivo le specie più
diffuse sono, invece, biancospino, ligustro, fillirea ed in qualche
tratto albero di giuda e carpinello (vedere cap. 3). Si tratta prevalentemente
di boschi governati a ceduo matricinato o a ceduo composto, in cui il
cerro ed eventuali altre querce associate costituiscono la riserva di
matricine. Anche se la copertura delle chiome è generalmente
colma e la statura dei popolamenti piuttosto elevata (non di rado gli
alberi più grandi superano i 20 m di altezza) la densità
delle ceppaie, in particolare di quelle quercine, è spesso rada,
probabilmente a causa di un eccessivo carico di pascolo praticato in
questa zona sin da tempi antichissimi.
Ad un primo inquadramento, che per altro esula dalle finalità
di questo lavoro, questo tipo di bosco presenta molte affinità
soprattutto nella composizione dendrologica con il Fraxino oxycarpae-Quercetum
cerridis Foggi e Selvi, 1997 e con l’Asparago tenuifolii-Quercetum
orientali Scoppola e Filesi, 1995, descritti rispettivamente per i boschi
planiziari della Val di Cecina nella Toscana occidentale e per quelli
della vicina riserva di Monte Rufeno.
La seconda tipologia boschiva più diffusa è la lecceta
a viburno, che ricopre una superficie complessiva di 822,2 ha, pari
al 15% del totale, accorpati nella parte Sud-Est dell’Area, nelle
zone di Mt. Rosso, Mt. Fagiolano e Mt. Grande. Queste formazioni consistono
in soprassuoli a netta prevalenza di leccio con viburno, filliree e
lentisco nel piano arbustivo, a cui più sporadicamente si associano
anche l’alaterno, l’alloro e più raramente il mirto.
Nella compagine arborea in corrispondenza di stazioni più fresche
si riscontrano la roverella, l’orniello, l’acero trilobo
ed il frassino ossifillo. Anche per i boschi a prevalenza di leccio
la forma di governo adottata è quella a ceduo matricinato ma
con turni di utilizzazione più lunghi rispetto alla cerreta.
Questa forma di utilizzazione ha dato luogo, laddove la fertilità
è molto ridotta, a boscaglie molto dense in cui spesso la fillirea
diviene la specie dominante.
Tra le altre tipologie di boschi presenti predominano in termini di
superficie i boschi e le boscaglie di acero campestre e acero trilobo
(Acer monospessulanum), formazioni xerofile ubicate su suoli calcarei,
dove, nel piano arboreo, oltre agli aceri incontriamo cerro, roverella
e albero di Giuda, quest’ultimo generalmente relegato alle stazioni
più calde poste a contatto con la foresta mediterranea. La distribuzione
di questi boschi è più diffusa nella parte centro-settentrionale
del comprensorio con superfici continue di estensione media pari a 20-30
ettari; il nucleo più grande risulta quello del versante occidentale
del Poggio Lascone (circa 70 ha). Con molta probabilità la diffusione
dell’acero trilobo, che sembra essere in relazione a comunità
rupicole o di vetta nell’ambito della cerreta, deve essere messa
in relazione con l’azione del pascolo che ha favorito nelle stazioni
più difficili le specie meno esigenti e dotate di una maggiore
facoltà pollonifera.
Le formazioni forestali rimanenti sono il querceto di roverella (86,9
ha) ed il pioppo-olmeto ripariale (75,6 ha). I primi sono boschi termoeliofili,
governati a ceduo matricinato dominati dalla roverella con buona partecipazione
di sclerofille sempreverdi negli strati arborei dominati, e nello strato
arbustivo. Si tratta di piccoli nuclei ubicati prevalentemente sulla
sinistra orografica del fosso di Castelsecco, tra il Poggio Alto e il
mare, ove segnano la zona di transizione tra foresta caducifoglia e
vegetazione sempreverde. Con ogni probabilità (come dimostra
l’esiguità e la frammentarietà di queste formazioni)
si tratta di un tipo di cenosi forestale secondaria costituitasi in
seguito alla degradazione della lecceta, che la roverella tende a colonizzare.
I secondi, invece, consistono in formazioni ripariali di specie igrofile
(pioppo bianco, pioppo nero, ontano nero e salice) localizzate lungo
i principali rii (F.so Marangone, F.so Castelsecco e Rio Fiume). I popolamenti
più interessanti si riscontrano soprattutto lungo il corso inferiore
del fosso Marangone e del Rio Fiume, in corrispondenza degli aspetti
più termofili di questa formazione che vede, oltre ad una più
cospicua partecipazione del frassino ossifillo, la presenza di frammenti
di vegetazione a tamerice africana (Tamarix africana).
Le zone caratterizzate
da vegetazione arbustiva ed erbacea coprono circa un terzo della superficie
totale del comprensorio meridionale dei Monti della Tolfa; si tratta
sia di terreni incolti e praterie secondarie con arbusti e cespugli
decidui, semidecidui o sempreverdi sia di cespuglieti ed arbusteti veri
e propri.
Le praterie aride calcaree sono diffuse soprattutto sul lato occidentale
della zona d’indagine, vasti appezzamenti di queste formazioni
si riscontrano nelle località di Prato Cipolloso, Maggiorana,
Valle Cardosa. Si tratta di praterie xeriche pseudosteppiche, discontinue,
costituite prevalentemente da terofite, insediatesi in seguito alla
distruzione della vegetazione forestale. Sovente sono in fase di colonizzazione
da parte delle specie dei pruneti e dei ginestreti che colonizzano indifferentemente
i pascoli ottenuti sia dalla distruzione della foresta mediterranea
sia di alcuni aspetti della foresta di caducifoglie.
I pruneti, con 1719,2 ha di superficie pari al 15% del totale, sono
una formazione molto estesa e probabilmente, per quanto precedentemente
accennato, anche in espansione. Sono costituiti prevalentemente da prugnolo,
biancospino, pero mandorlino e talvolta anche da Paliurus. Queste specie,
che sovente si trovano associate, possono talora dar luogo anche a piccoli
popolamenti monospecifici. Sono localizzati prevalentemente nella parte
centrale ed interna della zona d’indagine, sia sotto forma di
piccole superfici frammentate e discontinue, sia formando vasti complessi
continui ed uniformi che possono raggiungere anche i 200-250 ha di superficie.
La distribuzione dei ginestreti è invece circoscritta a pochi
nuclei ubicati in stazioni più xeriche rispetto alle precedenti
dei pruneti e generalmente ubicate al margine di aree pascolate o al
bordo delle radure dei querceti più termofili. Occupano una superficie
di circa 77 ettari pari a poco meno dell’1% del totale.
Nella zona d’indagine la macchia a fillirea e lentisco è
diffusa quasi esclusivamente nel settore sud- occidentale. In particolare
sui primi rilievi a nord di S. Marinella si riscontra la quasi totalità
dei 403,5 ha di macchia rilevati nell’intero territorio studiato.
Se per quanto riguarda pruneti e ginestreti si trattava prevalentemente
di arbusteti di invasioni, in questo caso si tratta per lo più
di macchie secondarie residuali che derivano dalla degradazione della
foresta mediterranea. Sono formazioni a prevalenza di fillirea e lentisco
a cui sovente si associano l’albero di Giuda il viburno e nelle
stazioni più calde l’alaterno, l’olivo selvatico,
e la ginestra spinosa.
6.5 CORPI IDRICI (ha 11)
Sono stati classificati
come torrenti soltanto i corsi d’acqua di una certa dimensione,
più grandi dell’unità minima cartografabile, come
il tratto finale del Rio Fiume ed una piccola porzione di mare inclusa
nel perimetro della ZPS.
Tabella 1 Ripartizione
della superficie nelle diverse classi di uso del suolo (codice Corine)
11 |
Zone
urbanizzate di tipo residenziale |
|
111 |
Zone residenziali
a tessuto continuo 5,6 |
|
112 |
Zone residenziali
a tessuto discontinuo e rado |
|
1121 |
Case sparse |
31,6 |
1122 |
Borghi e villaggi |
24,0 |
1123 |
Aziende agricole
e annessi, casali, cascine e masserie |
40,4 |
12 |
Zone industriali,
commerciali ed infrastrutturali |
|
121 |
Aree industriali,
commerciali e dei servizi pubblici e privati |
18,0 |
122 |
Reti stradali,
ferroviarie, opere d’arte e infrastrutture tecniche |
|
1221 |
Linee ferroviarie
e spazi associati |
|
12212 |
Ferrovie a
due binari |
1,7 |
1222 |
Viabilità
stradale e sue pertinenze |
|
12221 |
Autostrade,
caselli e raccordi autostradali |
31,9 |
12222 |
Strade statali |
1,1 |
13 |
Zone estrattive |
|
131 |
Aree estrattive |
4,4 |
14 |
Zone verdi |
|
142 |
Aree ricreative
e sportive |
6,0 |
21 |
Seminativi |
|
211 |
Seminativi
in aree non irrigue |
|
2111 |
Colture intensive |
|
21113 |
Colture orto-floro-vivaistiche |
73,1 |
21121 |
Seminativi
semplici |
1785,6 |
22 |
Colture permanenti |
|
221 |
Vigneti |
5,0 |
222 |
Frutteti |
3,5 |
223 |
Oliveti.
|
52,5 |
23 |
Prati stabili
(foraggiere artificiali) |
|
231 |
Prati e prati-pascoli
avvicendati |
221,7 |
24 |
Zone agricole
eterogenee |
|
241 |
Colture temporanee
associate a colture permanenti. |
8,0 |
242 |
Sistemi colturali
e particellari complessi. |
80,6 |
243 |
Aree prevalentemente
occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali importanti. |
154,5 |
244 |
Aree agroforestali |
6,5 |
31 |
Zone boscate
con identificazione del grado di copertura |
|
311 |
Boschi di latifoglie |
|
3111 |
Bosco di Leccio |
|
31111 |
Lecceta a Viburno |
822,2 |
3112 |
Bosco di querce
caducifoglie |
|
31122 |
Querceto di
Roverella |
86,9 |
31124 |
Cerreta termoigrofila
mediterranea |
4111,5 |
3113 |
Bosco di latifoglie
mesofile (Acero-Frassino, Carpino nero e Ornello) |
|
31131 |
Boschi e boscaglie
di Acero campestre e Acero trilobo |
250,8 |
3116 |
Bosco di specie
igrofile |
|
31163 |
Pioppo olmeto
ripariale |
75,6 |
32 |
Zone caratterizzate
da vegetazione arbustiva e erbacea |
|
321 |
Prati-pascoli
naturali e praterie |
|
3211 |
Praterie aride
calcaree |
1520,0 |
322 |
Brughiere e
cespuglieti |
|
3222 |
Arbusteti termofili
|
|
32222 |
Pruneti |
1719,2 |
3223 |
Arbusteti xerofili |
|
32231 |
Ginestreto |
77,3 |
323 |
Aree a vegetazione
sclerofilla |
|
3231 |
Macchia |
|
32311 |
Macchia a Fillirea
e Lentisco |
403,5 |
33 |
Zone aperte
con vegetazione rada o assente |
|
333 |
Aree con vegetazione
rada |
0,8 |
51 |
Acque continentali |
|
5112 |
Torrenti |
8,3 |
52 |
Acque marittime |
|
523 |
Mari |
2,5 |
7.
IL TERRITORIO ADIACENTE
Il territorio adiacente
alla ZPS “Comprensorio meridionale dei Monti della Tolfa”
consiste essenzialmente nel più ampio comprensorio tolfetano-cerite,
i cui limiti sono stati suggeriti più volte da vari Autori in
maniera differente. La definizione più ampia è quella
proposta da Contoli et al. (1975) secondo i quali i limiti del vasto
comprensorio sono individuabili in questo modo: a nord e nordest dal
bacino del fiume Mignone; ad est dalla Strada Statale Braccianese-Claudia
tra Veiano e Manziana e dalla Strada Provinciale Manziana-Furbara; a
sud e ad ovest dalla Strada Statale Aurelia, tra Furbara e la foce del
fiume Mignone.
L’intero complesso collinare ha un’estensione di circa 70-80.000
ettari, situati tra la Maremma, che vi rientra in piccola parte, i Monti
Cimini, il lago di Bracciano ed il mare, e include 13 comuni, di cui
due per intero (Tolfa ed Allumiere) e gli altri dieci marginalmente:
Civitavecchia, S.Marinella, Cerveteri, Manziana, Canale Monterano, Oriolo
Romano, Veiano (inclusa la frazione Civitella Cesi), Barbarano, Blera,
Monteromano, Tarquinia. Si estende dunque sia nella provincia di Roma
sia in quella di Viterbo.
I più alti rilievi, situati più che altro nell’acrocoro
centrale, lungo la linea congiungente Monte Acqua Tosta a Tolfa ed Allumiere,
superano di poco i 600 m s.l.m. (Monte Urbano, 633 m), ma nel complesso
il comprensorio presenta un paesaggio molto vario, soprattutto se confrontato
con altre aree dell’Antiappennino centrale. Oltre alla geomorfologia
collinare dolce, caratterizzante quasi l’intera ZPS con affioramenti
e depositi sedimentari, le litologie affioranti nel resto del comprensorio
sono molto varie e frammentate. Le vicende tettoniche hanno inoltre
piegato e più volte innalzato le primitive morfologie.
Le aree a morfologia più aspra si ritrovano sui rilievi maggiori:
si tratta di affioramenti di vulcaniti antiche (le trachiti) che formano
innanzittutto l’acrocoro tolfetano (di cui il M. Acqua Tosta e
il M. la Tolfaccia, inseriti nella ZPS, fanno parte); quindi la zona
di Sasso (Monte Santo, 430 m) e quella di Canale Monterano (M. Calvario,
545 m).
Lungo l’area a est e nordest, i prodotti del vulcanesimo sabatino
e di Vico formano un paesaggio tabulare, talora profondamente inciso
dai corsi d’acqua con tipologia a canyons.
Si può individuare un’antica linea di costa a quota 38-48
m s.l.m., attraverso i depositi del Quaternario marino, oggi situata
a varia distanza dalla costa attuale ed estendentesi massimamente in
profondità all’altezza della foce del Fiume Mignone.
L’ampio
comprensorio presenta anche una notevole variabilità climatica.
Il minimo delle precipitazioni annue (720 mm) si riscontra nella località
La Farnesiana (maremma laziale), mentre all’interno (Allumiere,
stazione che rientra nel clima mediterraneo-umido) si registrano valori
attarno ai 1000 mm. La fascia a bioclima mediterraneo si amplia verso
nord, nelle aree più depresse; mentre il resto del comprensorio
interno rientra nel bioclima temperato.
Il Fiume Mignone, che segna profondamente i confini settentrionali del
comprensorio, è l’unico corso d’acqua in cui si possano
rilevare segni di alluvionamento. La maggior parte dei corsi d’acqua
appartiene al bacino idrografico di questo fiume. Cataudella (1977)
afferma che le acque del Mignone presentano ancora un notevole grado
di purezza, almeno per i primi due terzi del suo corso, conservando
così ancora gran parte delle caratteristiche primitive. Nell’ultimo
tratto invece l’intervento umano è più visibile:
pochi anni fa fu addirittura attuato uno sconsiderato intervento di
“pulitura” e arginatura con terra di riporto dell’alveo
fluviale in comune di Tarquinia, con grave scovolgimento degli habitat.
In generale comunque il grado di inquinamento medio è certamente
tra i più bassi della regione laziale. Per il bacino del Fiume
Mignone viene citata, tra l’altro, la presenza di Petromizon marinus
e Lampetra planeri (Ciclostomata), di Blennius fluviatilis e di Alosa
fallax nilotica (Osteicthyes).
Nell’ambito faunistico, inoltre, l’intera area adiacente
alla ZPS presenta una più alta ricchezza di specie, anche grazie
alla maggiore diversità ambientale e alla presenza di corridoi
faunistici che collegano quest’area marginale con l’Appennino.
Il lupo è stato segnalato spesso in passato, e di recente sono
state di nuovo segnalate uccisioni di questo carnivoro nella zona settentrionale
(Tarquinia). Della lontra sono state più volte ritrovate tracce
nel passato recente lungo il corso del Fiume Mignone. Il comprensorio
ospiterebbe circa 40 specie di mammiferi sulle 70 dell’Italia
centrale. Per quanto riguarda l’avifauna, l’ampliamento
dell’area di studio non induce un cospicuo aumento del numero
di specie già presenti nella ZPS.
Per quanto riguarda il popolamento vegetale, il clima più temperato
da luogo a vegetazioni più appenniniche. Oltre agli ampi boschi
di querce decidue sottoposti a ceduazione (ma di particolare pregio
la grande cerreta di Manziana, bosco in gran parte d’alto fusto),
molto interessanti sono le cerrete a farnetto, la vegetazione ripariale
ad Osmunda regalis, la presenza di faggete ripariali lungo i corsi d’acqua
di fondovalle (grazie al fenomeno dell’inversione termica) e di
una vera e propria faggeta appenninica sulle alture di Allumiere (circa
600 m), collegata a quella altrettanto depressa di Oriolo Romano da
una miriade di stazioni a faggio a bassa quota, ma microclimaticamente
ancora favorevoli, isolate all’interno di foreste di cerri, carpini,
frassini e talvolta in castagneti. Questi ultimi si collegano direttamente
alla faggeta di Allumiere, formando una foresta di ampie dimensioni,
digradante verso le pendici rivolte a nordovest: il castagneto, qui
come ovunque in Italia, è di origine naturale ma ampiamente favorito
dall’uomo, che ne ha indotto la diffusione a scapito di quercete
e faggete.
La faggeta di Allumiere ed i castagneti adiacenti costituiscono un Sito
di Importanza Comunitaria (SIC, codice IT 6003003) di 320 ettari di
superficie. Al suo inrerno sono stati riconosciuti i seguenti habitat
prioritari (Allegato I):
9260 – Castagneti: copertura 45%; rappresentatività eccellente;
grado di conservazione eccellente; valutazione globale eccellente.
9210 – Faggeti degli Appennini di Taxus (qui assente però)
e di Ilex (molto diffuso); copertura 45%; rappresentatività buona;
grado di conservazione eccellente; valutazione globale eccellente.
Nell’ambito
del comprensorio tolfetano-cerite la gestione del territorio non è
troppo difforme dal tipo già descritto per la ZPS, con una maggiore
accentuazione però delle attività agricole. Sono inoltre
presenti i centri abitati di Tolfa, Allumiere, La Bianca, Canale Monterano
ed alcuni altri piccoli insediamenti (S.Severa nord, Monte Virginio,
insediamenti periferici di Manziana).
La dismessa ferrovia Civitavecchia-Sutri attraversa il territorio nella
sua porzione più settentrionale: il tentativo di ripristino di
questa linea ferroviaria, seppure ben presto abortito, ha portato all’apertura
di una via di penetrazione in una delle aree più importanti del
comprensorio. Fino a pochi anni fa, questa zona era stata scelta da
molte coppie di barbagianni (Tyto alba) come area di caccia e nidificazione,
grazie alla presenza di numerose piccole stazioni e caselli ferroviari
abbandonati. Area caratterizzata da un bassissimo disturbo ambientale
dovuto alla presenza stessa dei binari e delle traversine ricoperte
di vegetazione. Una volta divelte queste strutture e ripristinato il
fondo con lo scopo di riattivare la ferrovia, il disturbo è aumentato
enormemente soprattutto a causa delle attività di caccia e di
fuoristradismo: la presenza del barbagianni è diminuita così
in modo drastico.
Nel comprensorio è presente anche una Riserva Naturale Regionale:
quella di Monterano, istituita con legge regionale n° 79 del 2/12/1988,
e avente una superficie di 1.450 ettari, a cavallo tra i Monti della
Tolfa veri e propri e l’area Sabatina.
Geologia
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