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Torna su(1) G. vom RATH, Geognostisch-mineralogische Fragmente aus Italien in Zeitschrift der deutschen geologischen Gesellschaft, vol. XVIII, Berlin, 1866, p. 585 sgg.; G. Ponzi, La Tuscia Romana e la Tolfa negli Atti dell'Accademia dei Lincei (Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali), serie III, vol. I, Roma, 1877, p. 877 sgg.
Torna su(2) Si è supposto, che significhi sfruttamento delle vene alluminose nell'età antica il nome di cava dei Romani, che porta oggi una delle miniere abbandonate della Tolfa. Ma è facile comprendere come tal nome non richieda di risalire a tradizioni della Roma antica (cf. PONZI, p. 919); pare anzi che la cava suddetta non sia nel numero di quelle, ove furon trovate le zeppe che si adoperavano prima dell' uso della polvere nella montanistica (cf. S. BREISLAK, Saggio di osservazioni mineralogiche sulla Tolfa, Oriolo e Latera, Roma, 1786, p. 29).
Torna su(3) Ad una miniera di ferro esercitata già nella prima metà del Quattrocento ci fa pensare il nome (Ferraria, ferriera) di una tenuta, ricordata fra le terre dipendenti dal castello di Tolfavecchia in un documento del 1451 (cf. innanzi, p. 8, nota 3) ; tanto più che nei pressi di codesta rocca vi sono tracce di escavazione dei filoni di ferro in epoca remota (cf. PONZI, p. 908).
Torna su(4) Vita di Paolo 11 di Gaspare da Verona, per cura di G. ZIPPEL. (Città di Castello, 1904), p. 52.
Torna su(5) Nelle Deliciae eruditorum del LAMI, t. V, Firenze, 1879, p. 148.
Torna su(6) WUESTENFELD, Regesta &c. von Corneto (nell'Iter Italicum dello PFLUGK—HARTTUNG, Bonn, 1901) : p. 564 (Odo Guitti « de dominis Tulfeveteris fa atto di sudditanza al comune di Corneto), 1293, febbr. 27); p. 570 sg. (il comune di Corneto autorizza «Rainerium Tebaldi de «Tulfanova» a vendere i propri diritti sul fiume Mignone, 1295, marzo 3);  p. 574 (in un atto del 1297 sono ricordati «filii ol. Tebaldi ex dominis «Tulfenove » con altri condomini) ; p. 577 sg. (gli abitanti di Tolfavecchia devono prestare giuramento di fedeltà a Corneto, 1299, sett. 3); pp. 581, 582, 606 (altri atti concernenti rapporti giuridici tra Corneto e i signori di Tolfavecchia e quelli di Tolfanova, anni 1300-1310).
Torna su(7) C. CALISSE, Storia di Civitavecchia, Firenze, 1898, p. 199.
Torna su(8)     CALISSE, p. 217, nota I.
Torna su(9)     LITTA, Famiglia Orsini, tav. XXII (ramo dei duchi di Gravina). Cf. Regesti Vaticani, 395, c. 135 B : Nicolò V conferma il dominio a Francesco Orsini «Tolfanove, cum possessionibus Vallismarine, et Monticastagne Ferrarie (sic) castra, in provincia nostra Patrimonii  b. Petri in Tuscia consistencia et Camere apostolice certo tunc expresso modo applicata », dal suo predecessore concessi all’ Orsini «in per « petuum honorificum et nobile feudum» (1451, aprile 12). Questa bolla parla di più castelli: osserviamo come uno dei colli tolfetani, vicino alla costa di Montecastagno, porti al presente il nome di «Roccaccia» (PONZI, p. 908), che forse deriva dal ricordo di antica rocca, oggi del tutto scomparsa, la quale sia stata dipendenza dei signori di Tolfanuova.
Torna su(10) N. DELLA TUCCIA, Cronaca di Viterbo (in Cronache e Statuti della città di Viterbo, ediz. CIAMPI, Firenze, 1872), p. 265. La S. Sede non riconosceva i nuovi detentori del feudo, per il quale gli Orsini continuarono a pagare il censo, come appare dai libri Introitus et Exitus della Camera apostolica (archivio Vaticano), n. 458, c. 104 B: «a magnifico d.no Baptista Ursino, fl. 10 pro valore I00 librarum (cere), pro censu Tolfenove, videlicet presentis anni &c. »; 2 giugno 1463.
Torna su(11)    Cf. sopra, p. 7, nota 4.
Torna su(12)    Regesto delle pergamene Anguillara nell'archivio storico comunale di Roma, in Archivio d. R. Società romana di storia patria, vol. X, 1887, p. 246 sg.
Torna su(13) Cf. innanzi, p. 26. Dalla cronaca Viterbese di Francesco d'Andrea (ed. P. EGIDI, in questo Archivio, XXIV, 235), appare che anche il comune di Viterbo aveva sottomesso, nel 1211, «la Tolfa »; non ci è nota la durata di codesta dominazione.
Torna su(14) Il PONZI, pp. 877 e 913, il quale studiò quei luoghi mezzo secolo fa, la chiama « Tolfaccia o Tolfavecchia ». Se quest’ultimo nome è nell' uso degli abitanti, starebbe a dimostrare come non sia spento colà il ricordo di un altro castello che recava il nome di Tolfa. Perché poi si chiami ora Tolfavecchia il luogo che vide sorgere il castello nominato Tolfanuova, si può spiegare ammettendo che gli abitanti abbiano inteso di alludere in tal modo a un edificio abbattuto prima di quello, a cui veramente spetta il nome di Tolfavecchia. Persone assai pratiche della regione Tolfetana ci hanno però assicurati che Tolfavecchia e Tolfanova sono vocaboli del tutto scomparsi dall' uso ai giorni nostri.
Torna su(15) BREISLAK, p. 40 sg.
Torna su(16) W. HEYD, Histoire du commerce du Levant au moyen–age, Leipzig, 1885–86, p. 565 sgg.; A. SCHAUBE, Handelsgeschichte der romanischen Vóiker des Mittelmeergebietes, bis Zum Ende der Kreuzzuge, Munchen, 1906, pp. 165, 384; G. YVER, Le commerce et les marchands dans l'Italie méridionale aux XIIIe et XIVe siècles, Paris, 1903 (Biblioth. des écoles francaises d'Athènes et de Rome, fasc. 88), pp. 90, 133; NOEL, Histoire du commerce du monde, vol. I, Paris, 1891, p. 232. In una raccolta di notizie e documenti attinenti alla produzione dell'allume nel regno di Napoli (arch. Vaticano, arm. XLIX, lib. I, c. 19 A) Si parla di decime spettanti al vescovo di Pozzuoli per l'allume estratto nelle terre della sua diocesi, all’anno 1343; in un documento del 1442 (loc. cit.) si parla del prodotto dell’allumiera « della città di Pozzuoli ». A codesta diocesi appartenevano, oltre alle allumiere d’Ischia, quelle di Agnano nei Campi Flegrei, che venivano sfruttate già nell'epoca sveva; cf. G. CESTARI, Anecdoti istorici sulle alumiere delli Monti Leucogei [Napoli, 1790], cap. I.
Torna su(17) HEYD, p. 570. I cronisti che parlano della scoperta dell’allume a Volterra nel 1459 (vedi le note seguenti) sono concordi nell'asserire che per lo innanzi gl’Italiani acquistavano tale merce esclusivamente dall’Oriente. Pio II (Commentarii rerum memorabilium quae temporibus suis contigerunt, Romae, 1584, p. 340) ammette, invece, che una piccola quantità di allume producessero ancora le miniere d’Ischia e di Vulcano.
Torna su(18) HEYD, p. 565. Nell’atto di compera di allumi di Focea, fatto nel 1437 da mercanti fiorentini, i venditori genovesi sono chiamati « apaltatores aluminum tocius Turchie, Grecie et tocius insule Mitheleni et Marronie partis Grecie» (Documenti sulle relazioni delle città toscane coll'Oriente cristiano e coi Turchi, ed. G. MULLER, Firenze, 1879, p. 169).
Torna su(19) HEYD, p. 570; cf. Pii II Comment. p. 340.
Torna su(20)    IACOPO BERGOMATE, Supplementum Chronicarum, Venezia, 1483, p. 173; SANUDO, Vite dei dogi in Rer. &l. Scriptores, XXIII, 1168. Ambedue questi autori notano la scoperta sotto l'anno 1459 Riguardo al Sanudo, si deve ricordare ch'egli non era contemporaneo alla scoperta; forse egli trasse la notizia dalla cronaca del Bergomate, di cui giova riferire qui le parole: «Alumen rochie, quem greci Pharon vocant, hac tempestate primum a quodam Genuensi, in Italia insuetum, in agro Volaterrano inventum est; quo optime decotto et probato postmodum in Italia multis in montibus effodi ceptum est. Antea enim Itali nostri usque in presens eiusmodi fodinas in usum non habebant, sed ex Turcia a negociatoribus alumen vehebant ». Il cronista non era esatto: nello stesso territorio volterrano (dove l’esistenza del minerale era nota due secoli innanzi, cf. REUMONT; Lorenzo il Magnifico, Leipzig, 1883, I, 314, 333 sg.) si esercitavano, per lo meno fin dal 1447, le miniere di allume, come risulta da documento autentico presso il CECINA, Notizie istoriche di Volterra, Pisa, 1758, p. 232. Trattasi quindi, per Volterra come per Napoli, non già di prime scoperte, ma di rinnovata attività nello sfruttamento di tali giacimenti.
Torna su (21)    Cf. HEYD, p. 568; CESTARI, p. 18 sgg. Cf. sopra, p. II, nota
Torna su(22)    Vedi innanzi, p. 39, nota 2.
Torna su(23) È di questo anno la prima concessione della miniera suddetta, fatta dal duca Sigismondo del Tirolo a due mercanti veneziani; cf. Archiv fur ósterreichische Geschichte, vol. 5 3°, p.348.
Torna su(24) « Patavinus » è chiamato dagli scrittori contemporanei; suo padre era, infatti, vissuto lungamente a Padova, e quivi Giovanni aveva sposato Bianca della illustre casata dei Capodilista. Però Pio II (Comm. p. 341) dice espressamente che Castro era la sua patria. Di questa città era, in ogni modo, nativo il padre suo; Corneto fu la patria di sua madre, Ancarano quella dell'avo suo (cf. A. GUGLIELMOTTI, Storia della marina pontificia, Roma, 1886, II, 319): tutti luoghi (di Ancarano e di Castro, sorti presso le rive della Marta e della Fiora, non esi¬stono più che le rovine) compresi nella Tuscia romana.
Torna su(25) Il PONZI, p. 920, aggiunge alla narrazione dei Commentarii qualche particolare non privo d’interesse, tolto da un trattato manoscritto de alumeriorum inventione, di proprietà privata, che venne usufruito anche dal Guglielmotti nella sua Storia della marina pontificia. Mentre il da Castro trovavasi in Corneto, un tal Domenico Padovano astrologo, che stava con lui, gli rivelò che nei monti della Tolfa erano nascoste grandi ricchezze. Messer Giovanni vi mandò un suo garzone, tal Teodoro, o Francesco di Westfalia, a raccogliere minerali; e costui, scopriva la pietra alluminosa, che trasportò a Civitavecchia, dove venne per la prima volta fabbricato l’allume di Tolfa (cf. GUGLIELMOTTI, op. cit. IV, 320). Il racconto è confermato, riguardo alla parte che nella scoperta avrebbe avuta 1’astrologo, dalla testimonianza del contemporaneo Gaspare da Verona (Le vite di Paolo II, pp. 41, 52), il quale ne attribuisce il merito anzitutto a Domenico Zaccaria da Padova, e lamenta che Pio I1 non 1’abbia riconosciuto. (Il papa senese, non dividendo la fede del cronista veronese nelle divinazioni astrologiche, aveva, infatti, dapprincipio ritenuto che la vantata scoperta dell' allume altro non fosse, se non effetto di « inanes astronomorum fabulae »; cf. Commentarii, p. 340). Quanto al personaggio teutonico (probabilmente un minatore westfaliano, all’uopo chiamato dal Castrense), si può forse ravvisarlo nel « giovine Cornetano» che insieme a Giovanni avrebbe rinvenuto la pietra alluminosa, secondo il Della Tuccia (cf. PASTOR, ll, 236, nota I).
Torna su(26) PII II Comm. p. 339: « Paulo ante id temporis », cioè prima del bruciamento di Sigismondo Malatesta in effigie, avvenuto in Roma, per ordine del papa, verso l'aprile del 1462; cf. L. PASTOR, Geschichte der Pàpste seit dem Ausgange des Mittelalters (3' e 4' ed.), Freiburg i. B.,1906, II, 99.
Torna su(27) Intr. et Exitus, 447, c. 156 B: il 20 gennaio 1461 si pagavano fl. 56 «Iohanni de Castro, pro suis expensis in eundo ad certa loca pro factis s.mi d. n. pape»; non abbiamo trovato notizie di pagamenti al de Castro negli Exitus degli anni precedenti. Ma la presenza di messer Giovanni nella provincia del Patrimonio dopo il forzato ab¬bandono dei paesi d’Oriente ben si spiega, all’infuori dell’ufficio conferi¬togli da Pio Il, col fatto che quella era la patria sua e de’ suoi antenati (cf. sopra, p. 14, nota 2).
Torna su(28) A. THEINER, Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis, vol. III, Romae, 1863, p. 429. Questo contratto concerneva, come si vede, l'esercizio delle miniere in tutto lo Stato della Chiesa ; ciò prova che messer Giovanni aveva scoperto, o sperava di trovare altre ric¬chezze minerarie, le quali furono oggetto di varie e intense ricerche nei monti tolfetani, negli anni seguenti; cf. innanzi, p. 22 sg.
Torna su(29) Lo Spinola era stato, assai probabilmente chiamato a dirigere la miniera dell’allume del Tirolo, di cui sopra, p. 14, nota I.
Torna su(30) THEINER, p. 423. La nomina era fatta per venti anni, con il cospicuo stipendio di 400 ducati, e con  l'obbligo di un assegno di I00 duc. l’anno alla vedova e ai figli, se la morte di Biagio avve¬nisse prima del termine del contratto. Nella Depositeria generale della Crociata, 1467—72 (Archivio di Stato Rom.), cc. 122 B—147 A, Si possono seguire i pagamenti del salario allo Spinola fino al giugno del ‘67. Avver-tiamo, una volta per sempre, che codesto registro della Depositeria contiene anche atti di data anteriore agli anni indicati nel titolo del volume.
Torna su(31)    Regesti Vatic. 486, c. 24.
Torna su(32)    Cronaca di Viterbo cit. p. 286.
Torna su(33)    Il più antico villaggio sorto per effetto delle miniere di allume sembra sia stato il gruppo di case posto a brevissima distanza da Allumiere (dove oggi si scava il caolino), che, secondo la tradizione, ebbe nome La Bianca in onore della donna di Giovanni da Castro (GUGLIELMOTTI, p. 322; cf. sopra, p. 14, nota 2). Si ritenne quindi, che alla Bianca fosse fatto il primo trovamento della pietra alluminosa; mentre, in realtà, quivi non esistono né giacimenti né tracce di antiche cave di allume.
Torna su(34) Vedi la descrizione del modo di fabbricare l’allume di Focea nel medioevo, del Pegolotti, presso G. PAGNINI, Della decima &c. della moneta e della mercatura de’ Fiorentini, 4 voll., Lisbona e Lucca, 1756—1766, III, 368 sg. Per l’allume di Tolfa, cf. la minuta relazione del processo di escavazione e di fabbricazione scritta dal BREISLAK, op. Cit. p. 6o sgg., verso la metà del Settecento.
Torna su(35)    THEINER, p. 424; cf. A. GOTTLOB, Aus der Camera Apostolica des xv Jahrhunderts, Innsbruck, 1889, p. 287.
Torna su(36)    THEINER, p. 424 sg. Si noti, che in questo secondo contratto si parla di «alumina conficenda », mentre il contratto precedente sembra riferirsi a merce già pronta. Il prezzo é stabilito, in ambedue gli atti, in fior. 3; ai fabbricatori la Camera pagava I fior. per cantaro. Sono da aggiungere alle spese di confezione quelle per il contributo ai signori di Tolfavecchia (di cui discorriamo più innanzi) e le spese di trasporto, se l’allume veniva consegnato ai compratori nel porto di Civitavecchia.
Torna su(37)    GOTTLOB, loc. Cit.
Torna su(38) Cronaca cit. p. 268. Il GUGLIELMOTTI, p. 231, scrive che alla Camera toccò, nel primo anno di esercizio, il reddito netto di 95,000 ducati. Per la fonte di questo autore vedi sopra, p. 15, nota I.
Torna su(39)    Le Vite di Paolo II, p. 25.
Torna su(40)    La parità monetaria del ducato o fiorino d'oro si aggira, nella varietà dei tempi e delle zecche italiane, intorno ai 13 franchi; ma il valore effettivo si può considerare, per il secolo XV in rapporto ai tempi nostri, tre o quattro volte superiore a quello suindicato. Con ciò, il provento suddetto di 80,000 fior. corrisponderebbe, per l'età pre¬sente, a una somma fra i tre e i quattro milioni. II cantaro romano, di 150 libre grosse al pari di quello genovese, pesava 47.25 kg.; SCHAUBE, p. 814.
Torna su(41)    Intr. et Exitus, 447, c. 144 A: Si pagano fior. 20 « pro magistro B. de Framura scriptore ap.co, pro eundo ad certa loca pro factis s. d.  n. pape »; 14 nov. 1460.
Torna su(42)    Intr. et Exitus, 449, c. 37 A: riscossi dallo stesso fior. 140 «quos ipse recuperavit a quodam pirata &c. pro valore certi grani Camere ap.ce furto abstracti &c. », 5 genn. 1462.

Torna su(43) Intr. et Exitus, 449 cc. 30 B e 34A (dic. 1461).
Torna su(44)    Intr. et Exitus, 449 c. 169 B (maggio 1462).
Torna su(45)    PASTOR, II, 236. Il documento, a cui alludiamo, é il breve del 1° giugno 1462, cit. a p. 17.
Torna su(46)    Documenti, I. Nella ratifica del contratto non appare il Gae¬tani; ma che egli sia stato socio del Genovese risulta dal doc. II, 1, 3.
Torna su(47)    Archivio di Stato in Roma, Diversorum Cameralium, 1464, c. 74B: Si paghino fior. 15,000 a Giovanni, Bartolomeo e Carlo « pro manifattura 20 milium cantariorum aluminis dat. Ancone, XII augusti 1464 »). Depositeria gen. d. Crociata, 1468-72, c.122 A : Si paghino ai suddetti fior. 1562 1/2 «pro vecturis et conductis 25,500 cant. aluminis, ad rationem 5 baiocorum &c. » (9 ott. 1464 ; cf. GOTTLOB, p. 287).
Torna su(48)    Depositeria gen. d., Crociata, 1468-72, loc. cit.: si paghino a Carlo Gaetani «uni alumeriarum magistro fi. 40 pro magagenis ab ipso retentis in Civitavetula pro conservando alumine » (dat. c. s.).
Torna su(49)    La menzione della «alumiera de C. Gaetani» e di quelle dei Castro é frequente nei registri della Depositeria generale della Crociata; ne omettiamo per brevità le citazioni. Il GOTTLOB, p. 283, opina che ben quattro miniere fossero aperte nel 1463; ma é incerta supposizione (cf. Intr. et Exitus, 453, c. 204 A).
Torna su(50)    Cf. sopra, p. I6. Accennammo già (p. 7) alla probabilità che si scavasse il ferro nei monti tolfetani prima della scoperta dell' allume. Il PONZI, p. 920, asserisce sulla fede del noto ms., che nel I497 ebbe la concessione di miniere di ferro nei monti settentrionali della Tolfa Giovanni da Castro (in ogni modo non lui, che in codesto anno non era più vivo, ma i suoi discendenti o congiunti, dei quali trattiamo più innanzi).
Torna su(51)    Cf. Le Vite di Paolo 11, p. 53 sg. Al rinvenimento di filoni metallici alla Tolfa alludono i versi del Campano riprodotti da Pio II nei Commentari, p. 342, e inspirati dai fatti di cui discorriamo :
Parte alia [tellus] raucum aes, aliaque excussit alumen Datque allo argentum tertia vena loco. Abdita telluris gremio haec latuere tot annos &c.
Torna su(52)    Esse divennero attive al tempo di Paolo II: il 17 maggio 1466 un « Iohannes de Bosnia, magister et inventor minerarum», riceveva dalla Camera apostolica una sovvenzione di 4 ducati (Archivio di Stato Rom., Diversorum Pauli Il, 1464-66, c. 192B); il 19 maggio del '67 la Camera pagava fior. 30 « Francisco de Venetiis, de mandato s. d. n.  pipe misso ad minerias novas argenti » (Depositeria gen. d. Crociata, 1468-72, c. I46); il 3 agosto riscuoteva I00 fior. lo scudiero del papa Pietro Camps, «qui se de mandato &c. confert ad novas minerias argenti effodiendas» (ibid. c. 148 A). Troviamo quindi Francesco da Venezia quale commissario preposto alle miniere suddette (cc. 81A, 82A, 83A) fino all’aprile del ‘68 (ibid. c. 84B), quando il card. camerlengo ordinava, «nisi habuerit novum mandatum a smo domino nostro, cesset provisio »; nel febbraio precedente si erano saldati i conti anche con Giovanni di Bosnia «pro totali satisfactione et integro residuo et solutione omnium suarum operarum circa mineras seu fodinas argenti» (ibid. c. 83 B). Pare, quindi, che fossero svanite, per allora, le speranze di un fruttuoso lavoro nelle cave di piombo argentifero; ma i tentativi si rinnovarono due lustri più tardi, sotto Sisto IV, il quale nominava Giovanni Klug di Friburgo maestro ge¬nerale e conduttore di tutte le miniere dello Stato pontificio e in particolare della miniera « argenti et plumbi », che si era un tempo (« dudum ») cominciato a scavare « in locis proximis minere aluminis S. Cruciate» (breve del l0 marzo 1479, presso THEINER, p. 499 sg.). Con ciò é provato, come fosse nel territorio tolfetano la miniera nova (intendi noviter reperta), di cui parlano i documenti su citati: non si conoscono, infatti, altri giacimenti di piombo argentifero nello Stato della Chiesa. Esso esercitava, al pari di altri Stati italiani nel medioevo, il monopolio del prezioso metallo, per provvedere ai bisogni della zecca papale (cf. Intr. et Exitus, 453, c. 99A: nel giugno 1463 il castellano di Castel S. Angelo scopre un contrabbando dei Baroncelli, banchieri di Roma, i quali avevano tentato di esportare argento di lega. Per provvedimenti relativi a tale monopolio nel sec. XIV, nello Stato pontificio, vedi G. ARIAS, Il sistema della costituzione economica e sociale dell'Italia nell'età dei Comuni, Torino, s. a., pp. 178, 350).
Torna su(53) Le Vite cit. p. 4I. Supponiamo che il rinvenimento fosse fatto non nei monti tolfetani, deve non si sa che esistano solfatare, ma nella vicina collina braccianese di S. Vito (cf. RATH, p. 572).
Torna su(54) GOTTLOB, p. 29I sgg.; PASTOR, II, 359  sgg.

Torna su(55)    Intr. et Exitus, 453. c. 145 B (anno 1462). Ai due fratelli è dovuta la cerchia di mura che cingeva il borgo sottostante alla rocca di Tolfavecchia; cf. Le Vite di Paolo II, p. 52.
Torna su(56)    Vedi sopra, p. 17. Secondo le memorie mss. de alumeriorum inventione (cf. PONZI, p. 920) lo stesso Giovanni da Castro si era dovuto convincere, che per la sua intrapresa mineraria gli era necessario, più di quello di Corneto, il consenso dei signori di Tolfavecchia; e con costoro stipulò un contratto, del quale noi non trovammo alcuna traccia nei documenti. Corneto perdette, insieme con la sovranità e i diritti sulle miniere di Tolfa, qualsiasi vantaggio nel traffico degli allumi per l'avvenire; cf. Appendice, doc. IV, cap. 16. E della gelosia con cui codesto comune considerava lo incremento che da quella impresa ottenevano le terre vicine, specialmente il porto e la città di Civitavecchia, abbiamo le prove nella renitenza dei Cornetani a provvedere di grano e di bestiame la popolazione addetta alla produzione e al commercio dell’allume papale; cf. CALISSE, pp. 294, 295.
Torna su(57) Cf. ARNDT, nello Handwòrterbuch der Staatswissenschaften, vol. III, Iena, 1891, p. 365 sg.
Torna su(58)    Pii II Comm. p. 341; cf. Archivio di Stato Romano, Diversorum Cameralium, 1464, c. 49 A: Si pagano 40 duc. «magnifico domino Ludovico de Tolfa, pro solutione certe quantitatis aluminis» (30 maggio ‘64). Che tra la S. Sede e i signori di Tolfavecchia sieno intervenuti accordi fin dal tempo dei primi provvedimenti di Pio II per l'esercizio delle allumiere, lo fa supporre altresì la bolla data a Viterbo il 22 giu¬gno 1462, con la quale il papa nominava i due fratelli Lodovico e Pietro suoi scudieri onorari e commensali continui: « dum devotionis ardorem, quem tam genitores vestri quam vos dubiis etiam temporibus, erga nos et Ro. Ecclesiam ostendistis et continuo ostenditis ardentius, diligenter attendimus », e concedeva loro ampio salvocondotto per le terre della Chiesa, dovendo essi recarsi in diversi luoghi « tam pro nostris et Ro. Ecclesie quam pro vestris negotiis» (Reg. Vatic. n. 486, c. 309 B).
Torna su(59)    Intr. et Exitus, 453, c. 177 A: ducati 180 «magnifico dno Petro de la Tolfa ad custodiam aluminis deputato, in deducionem sue provisionis» (6 aprile 1463); c. 208 B: duc. I00, allo stesso, in deduzione c. s. (28 giugno ‘63).
Torna su(60)    GOTTLOB, p. 281.
Torna su(61)    Depositeria gen. d. Crociata, 1468-72, c. 123 A: ducati 30 «mcis dnis Ludovico et Petro de Tulfaveteri, pro eorum salario trium mensium» (2I nov. 1464); Dep. gen. d. C. 1464-75, c. 141 B: 300 duc. agli stessi, allo stesso titolo (16 genn. 1465). Dep. gen. d. C. 1468-72, c. 123 A: in occasione delle prossime feste natalizie si paghino fior. 500
«Ludovico et Petro de Tulfaveteri; qui ipsis donantur pro locanda seu maritanda filia Petri predicti » (24 nov. '64).
Torna su(62) LITTA, Famiglia Orsini, tav. XV. Il Litta ascrive questo personaggio della grande famiglia al ramo dei conti di Nola. Si noti l’errore del GOTTLOB, p. 282, il quale crede i signori di Tolfavecchia appartenenti alla famiglia Orsini, confondendoli con gli Orsini feudatari di Tolfanova, i quali discendevano, alla lor volta, da un ramo diverso da quello del duca di Ascoli.
Torna su(63)    LITTA, loc. Cit., dove è detto che Agnese (figlia di Orso Orsini e di Elisabetta dell'Anguillara) sposò nel 1465 « Lodovico Frangipane della Tolfa, signore di Seriano (sic) ». Osserviamo che Lodovico ebbe la contea di Serino soltanto dopo il 1469, come è detto più innanzi; e che nei documenti non abbiamo mai incontrato il casato dei Fran¬gipani unito al nome dei signori di Tolfavecchia.
Torna su(64)    PLATINA, Vitae pontificum, Coloniae, 1540, p. 307; I. BERGOMATE, Suppl. Chron. cit. p. 174; QUIRINI, Vita et vindiciae Pauli II, Romae, 1740, p. 83; GOTTLOB, p. 287. Narra il DELLA TUCCIA, p. 93, che l’Orsini aveva distaccato dall’esercito regio cento fanti, i quali penetrarono nella rocca della Tolfa « a dispetto del campo ». Nei Diversorum Pauli II, 1468–69, c. 107 (Arch. di Stato Rom.), vi è un mandato di pagamento per le spese di guerra dei 24 agosto 1468; cf. anche MUNTZ, Les arts à la cour des papes &c., Paris, 1879, II, 19, nota 1.
Torna su(65) L’atto di compera, del 2 giugno 1469, presso THEINER, p. 451 e sg.; vedi ibid. p. 459 sg., le assoluzioni di Lodovico e Pietro, nonché dell’Orsini, dal delitto di ribellione alla Chiesa.
Torna su(66)    Il di 4 dello stesso mese di giugno, Paolo II rilasciava il salvocondotto per gli Stati della Chiesa a Lodovico e Pietro, che volevano insieme con la famiglia « se ad diversa loca conferre »; e parimenti a Cola di Angelo Cesarini e a Giuliano Corsi capitano de’ fanti, con tutte le persone abitanti nella rocca venduta (Reg. Vatic. n. 540, c. 79). Le ultime menzioni degli spossessati signorotti nei documenti pontifici, le abbiam trovate sotto la data del 6 luglio 1469, quando il papa regalava 30 ducati al «magn. Lodovico di Tolfavecchia », per comperarsi un cavallo (Arch. di Stato Rom., Divers. Pauli 11,1469–70, c. 71 A); e sotto quella dei 17 ottobre 1471, in un breve di Paolo II che concedeva allo stesso Ludovico di procedere contro certi suoi debitori nella provincia del Patrimonio (Arch. Vat., arm. XXXIX, to. 12, c. 188 B
Torna su(67)    SUMMONTE, Storia del Regno di Napoli, ibid. 1640, to. III, 404.
Torna su(68)    Arch. di Stato Rom., Computa cubicularii, 1468-71, c. 49: il papa dà a mess. Antonello d’Albano, soprastante delle fabbriche pontificie in Roma, fior. I00 «pro fabrica Tulfeveteris» (1470).
Torna su(69)    Il 20 giugno 1469, Lodovico Boschetti « futurus castellanus  arcis Tolfeveteris » presta giuramento nelle mani del camerlengo. Dall' entità della cauzione (fior. I0,000) richiesta per questo ufficio si deduce, che la rocca era considerata fra le più importanti difese dello Stato ecclesiastico (Arch. di Stato Rom., Giuramenti dei castellani, 1464-70, c. 213 A).
Torna su(70)    La notizia trovasi negli Spogli Vaticani del CONTELORI (cod. Barber. Vatic. lat. XXIV, 22, p. 194): « Castrum Monterani et tenimentum Rotae Paulus II emit a Galeotto filio comitis Aversi et domino Tulphae veteris; ut apparet &c. in libro I° Capitulorum Sixti IV». La serie dei libri Capitulorum sembra non si trovi più nell' archivio Vaticano, né in quello di Stato di Roma; non possiamo quindi verificare se il Contelori abbia inteso di dire « a Galeotto.... et a domino», come è da supporre, dal momento che noi sappiamo bene a chi apparteneva Tolfavecchia prima che 1’acquistasse la Santa Sede. Per Galeotto, figlio naturale di Everso dell' Anguillara, cf. Archivio d. R. Soc. romana di storia patria, 1890, X, 235.
Torna su(71)    Giuramenti dei castellani cit. c. 52. Il primo castellano papale di Tolfanova giurava l’8 febbraio 1465; il 16 aprile ‘66 veniva ridotta la sua guarnigione da quindici paghe a otto; l'ultimo castellano giurò il 20 agosto 1467.
Torna su(72) Arch. Vaticano, Lib. I Diversorurn Sixti IV, C. 12 sg. (22 agosto 1471) : Si ordina la restituzione a Marino Orsini, arcivesc. di Taranto, e a’ suoi fratelli, della tenuta di Tolfanova, Valmarina, Ferraria e Montecastagno, eccetto la rocca, le cui suppellettili e munizioni saranno consegnate al castellano di Tolfavecchia. Il 3 settembre successivo, Orlando Orsini riceveva in consegna la tenuta. Intr. et Exitus, 487, C. 130 B : spese per la demolizione della rocca di Tolfanova (1472).
Torna su(73)    Cod. Barberin. Vatic. cit. p. 193 sg.
Torna su(74)    SCHAUBE, pp. 585, 607, 651, 704; YVER, p. 18o; GOTTLOB, p. 294. Per l’esercizio delle miniere dello Stato pontificio in generale, cf. sopra, p. 17, nota I.
Torna su(75)    Su questo argomento vedi la nostra edizione delle Vite di Paolo Il, parte II (in corso di stampa).
Torna su(76) GOTTLOB, p. 294.
Torna su(77) SCHAUBE, pp. 145 sg., 179, 181 sg.
Torna su(78)    KAYSER, Papst Nicolaus V und das Vordringen der Turken in Historisches Jahrbuch, 1885, IV, 210 sg.
Torna su(79)    Codesta intenzione desumiamo da una lettera della Signoria fiorentina al pontefice, del 7 settembre 1468, con la quale si cercava di giustificare una spedizione mercantile, che la Repubblica era in procinto di mandare in Oriente, e i rapporti commerciali di Firenze coi Turchi (Arch. di Stato in Firenze, Registro di lettere esterne, classe X, dist. I, n. 56, c. 204). Cf. anche GOTTLOB, p. 295 sg.
Torna su(80) CESTARI, Anecdoti cit. p. 24 sg.; ivi, pp. 26-32, i capitoli del contratto, per il quale messer Guglielmo non tardò a diventare straricco, benché dovesse cedere alla Camera regia la metà dell'allume fabbricato. Da codesto contratto apprendiamo, che al re era inoltre riservato il diritto di acquisto dell'altra metà del prodotto, spettante al Lo Monaco; questi poteva, quando il re rinunciasse ad acquistarla, vendere la merce nel Reame e fuori di esso (capp. 14-17). Nel capitolo I° é detto che messer Guglielmo attendeva da tre anni ai lavori per mettere in valore la miniera; vi si allude anche a un precedente contratto da lui stipulato con Ferdinando.
Torna su(81) Nei capitoli suddetti (CESTARI, p. 26), il re giurava di « observare i predicti capitoli et non contravenire né fare contravenire ad nissuna cosa fosse contra de ipsi tucte le alumere de quisto Regno, excepto quelle de Isca et Lipari». Ci pare che debba intendersi, che veniva riservata piena libertà di esercizio per le miniere regie, che nei documenti da noi citati più innanzi (p. 37, n. 3) sono costantemente chiamate « minerae Isclanae ». A queste sembra fossero annesse le allumiere di Lipari (cf. CESTARI, p. 66, n. I); di altri giacimenti di allume nella regione dei Campi Flegrei, probabilmente non sfruttati in codesto tempo, parla lo stesso CESTARI, pp. 65, 69 sg.
Torna su(82) Costui dovrebbe essere quell' « Anello Piroczo », che successe a Guglielmo Lo Monaco nello appalto dell'allumiera di Agnano; cf. CESTARI, p. 41.
Torna su(83)    THEINER, p. 525 sgg.; cf. GOTTLOB, p. 296, il quale riassume in poche parole il contratto, secondo il testo conservato in Depositeria gen. d. Crociata, 1464-75, c. I sgg., che é più corretto di quello del THEINER. Nel documento é detto che la concorrenza dell'allume napoletano impediva il commercio di quello di Tolfa e ne avviliva il prezzo, onde la necessità di questa convenzione (c. I A e B).
Torna su(84)    L'ultimo capitolo (c. 3B) della convenzione ammetteva però che, non potendo una parte fornire la metà del minerale, supplisse l'altra parte, e fosse compensata in proporzione.
Torna su(85)    Riproduciamo integralmente dall'originale il testo di quest'articolo, che il GOTTLOB, p. 296, ha interpretato, riassumendolo, erroneamente: «La dicta compositione» [tra il papa e il duca di Borgogna, di mantenere forniti dell'allume occorrente i suoi domini, e di non venderlo ad un prezzo superiore a L. 4 1/2 la carica] « se debbia observare in omnibus suis partibus, et similiter la compositione facta  cum certi marchadanti de soprasedere ad vendere de alume navicato fin questo dì, maxime a Bruza circa cantara 6o milia, a Venetia  circa cant. 20 milia, ne li quali loci la Mtà de Sre Re non ha soi alumi; se contenta la Stà prefata de nostro Sre ct Camera apca che ne li dicti loci, fino serà fornito vendersi dicti alumi, la Mtà de Sre Re debbia participare per la sexta parte de l'utile, detractone prima le vere spexe costano dicti alumi de cavedale ad epsa Camera apostolica, et fornito serà da vender essi alumi, se habbia a navicare in dicti lochi per mictà, et similiter vendasi per mictà, et questa conipositione principia haver locho a die stipulati contractus» (c. 3).
Torna su(86) PASTOR, Geschichte, II, 408 sg. L'accordo per il commercio degli allumi va considerato come un primo passo verso la lega stipulata fra il re e il papa nel dicembre dello stesso anno, in seguito alla caduta di Negroponte (cf. ibid. p. 412).
Torna su(87)    Nella convenzione del 1465 tra Ferdinando e il Lo Monaco si ammette (cap. I) che la miniera di Agnano possa produrre 200 cantari di allume ogni mese, ed é calcolato di 130 il numero degli operai impiegati nella fabbricazione. Per le miniere ischiane non abbiamo dati; soltanto si sa, che il loro sfruttamento era meno rimunerativo di quelle di Agnano (CESTARI, p. 73 sgg.).
Torna su(88)    Depositeria gen. d. Crociata, 1468-72, c. 101 B: 1470, dic. 21: Si paghino duecento ducati (salario di sei mesi) « spectabili viro domino Nanni de Vezano militi Bononiensi, s. m. d. n. pape in mineria regia apud Ischam commissario », e gli si restituiscano bol. 21. «pro totidem per eum expositis pro bulla dicte commissionis expedienda » ; l'ultimo mandato di pagamento per mess. Nanni é dell'ottobre 1472, a c. 113 A. Con breve papale dei 14 maggio 1471 (arch. Vaticano, arm. XXXIX, to. 12, c. L 54 A) al da Vezzano si dava incarico di sollecitare dal re Ferdinando la repressione dei pirati che infestavano le coste dello Stato pontificio.
Torna su(89)    Osserviamo, che la clausola del contratto del '70, relativa all'allume giacente a Venezia e nelle Fiandre, trovasi in vigore nei patti di cessione dell'allume papale alla Repubblica Veneziana del 1471 (cf. innanzi, p. 48), come pure in quelle di vendita dell' allume di Tolfa esistente in Fiandra ai Medici, dell'aprile 1472; ma non appare nell'atto di vendita successivo, del dicembre '74. Cf. il cap. VII del presente lavoro.
Torna su(90) Il BIANCHINI, Storia delle Finanze del Reame di Napoli, ibid. 1860, p. 235, dopo accennato a dissidi fra Ferdinando e Paolo II a proposito degli allumi, dice che «finirono tali questioni quando ascese al trono Sisto IV ».
Torna su(91) Arch. Vaticano, arm. XLIX. to. 1, cc. 50–52: copia della concessione fatta da Ferdinando II l'8 febbraio 1495 (« in nostris felicibus castris; prope S. Germanum ») al nobile napoletano Iacopo Salazar dell'allumera « que sita est in districtu Agnani », col territorio, pertinenze &c., e col diritto di affittare e di alienare; cessata la donazione della stessa allumiera fatta «per sereniss. Alfonsum patrem nostrum Petro de Medicis ». Questa donazione non poteva avvenire, durante il brevissimo regno di Alfonso Il, più in là dei primi mesi del 1494 cf. F. T. PERRENS, Histoire de Florence depuis la domination des Médicis &c., Paris, 1888, II, 6o sg.). Il nobile napoletano ch' ebbe la miniera altri non é, che il celebre Giacomo Sannazzàro, alla cui fami¬glia spettava, del resto, il possesso di quel territorio ab antiquo (CESTARI, p. 6 sgg.).
Torna su(92)    Arch. Vaticano, arm. XX XIX, to. 12, c. 13 B; breve di Paolo II, dei 12 genn. 1471, al vescovo di Volterra: « Intelleximus, mynera  aluminis in tue eplis mense tenimentis inventa, a quibusdam attentari ut tecum super hoc paciscantur, non sine aliquo damno ipsius tue mense ep.lis Volaterrane; in quo plurimun tibi advertendum est. Curabis igitur pro tua prudentia id, in huiusmodi negotio et caute et prudenter pro conservatione bonorum dicte tue mense te habere, ut proinde nullum ei detrimentum, nulla imminutio iuris sui eveniat; neve tu consequenter indignationem nostram merito incurras».
Torna su(93)Le vertenze tra la S. Sede e gli Appiano per il possesso delle allumiere di Piombino sono largamente esposte nella bolla di scomunica di Innocenzo VIII, dei 13 agosto 1485 (Reg. Vatic: 392, cc.: 37–145), dove vengono riassunte le bolle dei papi precedenti Paolo II e Sisto IV, intorno a codesta causa. Vi si accenna anche alla scoperta dell'allumite (c. 1 30 B) con le parole « comperta inibi minera aluminis », senza indicazione del tempo: risulta però dal contesto, che fu durante la signoria di Iacopo III, incominciata nel 1457. I tentativi per avocare alla mensa episcopale di Massa la miniera cominciarono sotto il vescovo Pietro dall'Orto (c. 137 A), il quale era già morto nell'agosto del 1467 (EUBEL, Hierarchia catholica medii aevi, II, 206); al vescovo di Massa era unito nel 1471, nella causa contro gli Appiano « occa sione certorum tenimentorum », il cardinale di Siena Francesco Piccolomini; cf. i brevi 4 aprile e 17 maggio '71, in arch. Vaticano, arm. XXXIX, to. 12, CC. 14 I A e 149 B.
Torna su(94) La compera avvenne il 30 agosto 1478, verso l'annuo censo di 400 ducati, che la Camera papale doveva corrispondere al vescovo di Massa (cf. REPETTI, Dizionario storico della Toscana, IV, 279); il 20 dicembre dello stesso anno i commissari della Crociata ordinavano il pagamento di 45 ducati a Evangelista de Gallesiis, sensale bolognese dimorante a Roma, « pro residuo et complemento solutionis  provisionis sensalie ei debite, ratione compositionis per eum facte inter Ca. apcam et ecclesiam Massanam super alumeria Massana» (Dep. gen. d. C. 1476-85, c. 19 B). È dubbio, però, se questa sen¬seria non si riferisca invece alla. miniera, di cui diciamo più innanzi, p. 42, nota I.
Torna su(95) Reg. Vatic. cit. c. 140 B sg. Sisto IV aveva dichiarato gli Appiani « de heresi suspectos », e accordato ai principi cristiani, che li avessero combattuti, le indulgenze consuete per la guerra contro gli Infedeli. Per la data di queste scomuniche e controversie, cf. in Dep. gen. d. C. 1476-85, cc. 57 A e 61 A, i mandati di pagamento in favore dei cursori pontifici, per le spese fatte «in publicatione bulle contra  dominos Plumbini, occasione alumerarium, in diversis locis» (19 marzo e 9 dic. 1483); e quello di fior. 115 bol. 15 ai depositari della Crociata, per spese sostenute « in causa litis Plumbini » (ibid. c. 54 A, 6 nov. 1482).
Torna su(96) Reg. Vatic. cit. c. 142 B.
Torna su(97)    In una clausola del testamento di Iacopo III (copia nell'arch. Vaticano, arm. XLIX, lib. I, c. 178), fatto il 6 marzo 1474, é scritto: « lasciamo Monthione, con la sua corte e distrecto e Valle, a mess. Gerardo et Belisario, nostri dilecti figlioli &c., et in caso la lumiera  non riuscisse, come suole avvenire, tunc et eo casu sii tenuto [Iacopo IV, a cui rimaneva la giurisdizione su dette terre] dare alli decti Gerardo et Belisario ducati 2000 di provisione all'anno». Il che dimostra, come all'industria delle allumiere di Montione non fosse ancora assicurato il successo, al tempo della morte di Iacopo III.
Torna su(98)    Dep. gen. d. C. 1489–90 (registro contenente atti anche degli anni seguenti al 1490), c. 80 A, I ott. 1491: i depositarii della Crociata paghino « eximio doctori domino Burguntio de Leolis, ill. dominorum Gerardi et Bilisarii asserto procuratori, ducatos 333 cum tercio, de carlenis decem pro quol. ducato, iuxta formam secundi capituli conventionum desuper [scil. super alumina] cum ipsa Camera facta «rum, et pro una sextaria [scil. pro duobus mensibus] ». La Camera si era, quindi, impegnata a risarcire i due Appiano della indennità che Iacopo III aveva assicurata ai figli cadetti, per il caso che la impresa mineraria non avesse sortito esito vantaggioso (cf. la nota precedente).
Torna su(99)    Nelle terre appartenenti alla mensa di Massa furono scoperti (oltre alla miniera di Montioni, per la quale la Camera apostolica cessò di pagare l'annuo censo nel 1484, sostituendolo coi beni della badia di S. Donato di Siena, cf. REPETTI, op. Cit. IV, 279) altri giacimenti di allumite, nel territorio detto «l'Accesa», dove si era cominciato a scavare il minerale per conto del comune e per conto del vescovo (cf. la nota seguente). Parrebbe altresì, che nuove allumiere fossero attivate in codesta regione poco prima dell'anno 1489, nel quale una miniera appartenente alla mensa Massana fu fatta chiudere, verso l'annuo censo di 600 ducati, da versare dalla Camera papale (Dep. gen. d. C. 1489-90, c. 3A; cf. c. 83 A, per il pagamento del censo nel 1491); il censo si pagava ancor nel secolo XVI (arch. Vaticano, arm. XXIX, tomo 99, c. 195 B . Cf. sopra, p. 40, nota I.
Torna su(100)  Dep. gen. d. C. 1489-90, c.39 B: si paghino 90 ducati a mess. Antonio Leoni da Tivoli, per altrettanti giorni che fu in missione « ad civitates Senensem et Massanam pro negociis aluminis, ex voluntate s. d. n. pape &e.» (4 sett. 1490). Il 14 luglio dello stesso anno Innocenzo VIII, avendo saputo che le miniere d'allume «tam mense episcopalis quam comunitatis Massane consistentes, sunt invicem contigue», e che i sorveglianti della miniera episcopale asserivano, i minatori del comune «transgressos esse terminos dicte minere et intra terminos luci de la Cesa nuncupati, ad mensam ecclesie Massane spectantis, ingressi iam fodere incepisse»; ordina a tutte le persone informate di deporre, dinanzi ai deputati del papa, intorno alla controversia (Reg Vatic. 693, c. 166 B sg.; cf. HAUPT, p. 89). Riguardo a miniere di allume nei domini di Siena nel secolo XV, e a questioni relative con la Santa Sede, nulla sappiamo: solo ricordiamo, come il BIRINGIERI, vissuto verso il mezzo del Cinquecento, enumeri nella sua opera Pirotecnica varie allumiere del territorio senese (cf. HAUPT, p. 97).
Torna su(101) Cf. sopra, p. 17 sg. Per Biagio Spinola (sul quale avremo da ritornare più innanzi) regalato da Pio II nel giugno 1462, vedi Intr. et Exitus, 449, c.183 A; per Eliano Spinola, v. la lettera a lui diretta dal cardinale Ammannati (s. data, nell'arch. Vaticano, arm. XXXIX, to. I0, c. 28), per annunciargli che Paolo II aveva destinato al figlio di lui un agnus dei, dono riservato solitamente ai principi. Un altro genovese, quel Meliaduse Cicala che fu poi potentissimo banchiere in Roma sotto Sisto IV, trafficava l'allume papale in Inghilterra. Depositeria gen. d. Crociata, 1468-72, c. 88 B: il 30 genn. 1469 Si ricevono da Meliaduse 925 ducati papali «pro parte et in deductionem pecuniarum s. Cruciate debitarum vigore aluminis, per ipsum empti  et sibi in Anglia consignati ».
Torna su(102) La petizione é pubblicata in appendice all'opera di A. SCHULTE, Geschichte des mittelalterlichen Handels und Verkehrs zwischen Westdeutschland und Italien, Leipzig, 1900, II, 168; cf. p. 170.
Torna su(103) Depositeria gen. d. Crociata, 1476-85, c. 38 A: «... solvatis spect. viro Gregorio Adorno, oratori dominorum Mahonensium civitatis et insule Chii, vel ad eius libitum promictatis fior. de Camera triamilia, quos s. d. n. papa &c. in subventione et auxilio ditte insule et contra Turchum donavit et donari mandavit » (12 maggio 1480). Cf. H. SIEVEKING, Genueser Finanzenwesen &c. nelle Volkswirtschaftliche Abhandlungen der badischen Hochschulen, I (1898), 185.
Torna su(104)  G. MONTICOLO, L'Arte dei fioleri a Venezia &c. in Nuovo Ar-chivio Veneto, 1891, I, 197.
Torna su(105)  B. CECCHETTI, nella Monografia della vetraria veneziana e muranese, Venezia, 1874, p. II. Alcuni Veneziani fanno società con un Tedesco per fabbricare specchi. Partitosi costui, rimane ai soci gran quantità «aluminis gatini compositi cum fuligine », di cui la Signoria concede lo smercio, in considerazione del divieto, di cui sopra (1317). Il divieto era stato decretato nel 1306; anche allora i fioleri avevano chiesto una proroga nella esecuzione, per il grave danno che sarebbe loro venuto dalla massa giacente di questo allume, chiamato catino e de fungine, denominazioni che non troviamo ricordate altrove. Cf. MONTICOLO, op. Cit. p. 198.
Torna su(106) CECCHETTI, op. Cit. p. 228; cf. p. 263.
Torna su(107)  Vedi sopra, p. 14, nota I.
Torna su(108)  Vedila nell'Archivio stor. italiano, I° serie, VII, par. I, p. 39.
Torna su(109)  Sulle enormi quantità di allume spedito da Civitavecchia a Venezia, sui trasporti, sui dazi esatti dal governo veneziano &c., offrono interessanti ragguagli i docum. VI e VII dell'Appendice a questo lavoro. Nel dicembre 1470, all'atto della convenzione tra il papa e il re di Napoli, giacevano nei magazzini di Venezia ventimila cantari di allume di Tolfa (cf. sopra, p. 35, nota 4).
Torna su(110) Arch. Vaticano, arm. IV, capsa III, n. I, cc. 92 A – 93 B; cf. GOTTLOB, p. 297.
Torna su(111)  Di più, il Giorgi prometteva « dare et pagare a ser Domenico di Piero cittadino veneziano, per conto et nome de la Ca. ap.ca,  ducati 4000 d'oro venetiani, a sconto de li noli de li alumi conducti et facti navichare per lui in Venetia »; e la Camera cedeva al Giorgi altrettanta merce de' suoi magazzini, al prezzo suddetto di tre ducati il cantaro, « et lui possa quelli, [allumi] obligare come cosa sua » (c. 93 A).
Torna su(112)  «... in Venesia, nel Golfo da terra et da mare, Friuli, Marcha  Trivisana, Lombardia et de là da le Alpe nel dominio de lo imperadore et del duca d'Austria, Romagna fino a Fano ; intendendosi tamen esser exceptuato el dominio del duca di Savoia de là da li « monti, el dominio zenovese subtracto li castelli si trovassimo nel  Piacentino et Parmesano spectanti ad epsi Zenovesi, et el dominio fiorentino il quale non si ritrovasse esser né in Lombardia né in Romagna; et similiter exceptuato la Marcha Anconitana principiando a Fano e successive venendo per le marine verso Ancona, Fermo, Ascoli et altri lochi apartinenti allo dominio della Chiesa» (c. 92 B).
Torna su(113) Il documento é stampato in CORNELIUS, Ecclesiae Venetae, doc. XII, 423 sg.
Torna su(114) Somma, che il Paruta aveva tolta dalle rendite del patriarcato Aquileense e del priorato veneziano dell'Ordine di Rodi; e che Sisto IV gli ingiunse più tardi di restituire al patriarca e al priore (breve dei 26 nov. 1471, presso CORNELIUS, op. Cit. dec. XII, 425).
Torna su(115) «... ne ipsa alumina aliquo modo ad partes occidentales navigio vel alias mercimonii causa quovis modo comportentur, propter capitula que cum dil. filio nob. viro Karolo duce Burgundie solenni stipulatione desuper inita sunt, et propter intelligentiam quam habemus in Anglia, que per huiusmodi distributionem et consumptionem turbari nolumus ».
Torna su(116) Archivio Vaticano, arm. XXXIX, to. I, c. 3I : breve di Paolo II a Bartolomeo Paruta, dei 2 novembre 1470.
Torna su(117) Ibidem, c. 60 A : breve dei 12 dic. 1470 al Paruta. Il papa, non avendo ancora i Veneziani pagato a Domenico di Piero la somma pattuita per i noli e i trasporti dell' allume papale, « nec facturi cito « videntur », ordina all' abbate « ut qua meliori potes conditione et pretio tantam quantitatem ipsius aluminis vendas, que satis sit ad solutionem expensarum et nauli predictorum, et non ultra &c., et dicto Dominico satisfacias»; di quest'ordine ricevuto l'abate darà, prima di eseguirlo, avviso alla Signoria veneziana.
Torna su(118) Nel breve di Sisto IV al Paruta, citato di sopra (p. 49, nota I), si ricorda la donazione fatta da Paolo II dell'allume della Crociata ai Veneziani, e gli obblighi assunti da quest'ultimi; ma non é detto che la Signoria li avesse adempiuti, per quanto riguardava le spese di carico e di dazio. È certo, però, che la vendita nei domini di Venezia venne esclusa anche dai successivi appalti generali del commercio dell'allume concessi dalla Camera apostolica alla Società dei Medici; cf. Appendice, doc. VII.
Torna su(119) THEINER, Cod. diplom. cit. III, 45I. La partenza di mess. Luca era già stabilita nel febbraio: vedi il mandato del I° marzo 1466, di duc. 120 da pagare «ven. viro dno Luce de Tolentis &c. in Burgundiam pro negociis Cruciate misso», in Dep. gen. d. C. 1478-72, c. 131 B. Essa venne procrastinata fino al 29 aprile, nel qual giorno si ordinava il pagamento al Tolenti di altri 60 duc., per indennizzo di spese fatte «retinendo equos et famulos » già fissati per il viaggio (Dep. gen. cit. c. 33 B).
Torna su(120) I capitoli della convenzione sono pubblicati presso THEINER, III, 452 sgg.; l’editto del duca per la proibizione degli allumi di altra provenienza nelle Fiandre (cf. GOTTLOB, p. 298) é del 24 giugno successivo; ma vi si avverte ch'esso aveva effetto dal 5 maggio precedente.
Torna su(121)  Non é facile determinare esattamente questo peso, diversa essendo la carica (come anche il cantaro) nei differenti paesi. Sappiamo che la « carica » di Marsiglia corrispondeva a circa 166 kgr. (cf. SCHAUBE, op. cit. p. 207); che alle fiere di Sciampagna la carica equivaleva a 43 rotoli di Cipro, mentre a Parigi era calcolata = 74 1/2 ro-toli, e a Bruges = 8o rotoli (PAGNINI, III, 90). Da questi dati si può arguire che il peso della carica di Fiandra, superiore a quello delle cariche di Francia, si aggirasse intorno ai I80 kgr. ossia quattro volte il peso del cantaro romano (= 47.25 kgr.). È quindi errata l'affermazione di H. SIEVEKING, Die Handlungsbucher der Medici (in Sitzungsberichte d. phil.—hist. Klasse d. K. Akademie d. Wissenschaften, vol. 150, Wien, 1906), p. 53, che il prezzo fissato all'allume papale in Fiandra nella convenzione suddetta fosse triplo del prezzo di compera.
Torna su(122)  « Interdicere omne commercium terre specierum et aliarum mixturarum, quas loco aluminis opifices introduxerunt, ac ipsis sub «gravissimis penis prohibere, ne deinceps huiusmodi mixturis utantur» (THEINER, loc. cit.). Nel 1459 il governo fiorentino aveva aiutata l'iniziativa di un cittadino, «il quale dice aver trovato una materia che farebbe in tutto o in parte quel medesimo effetto che fa l'allume, e viene a Firenze dalle parti di Levante, in alluminare lane, panni, seta» (DOREN, Studien aus der Florentiner Wirtschaftsgeschichte, vol. I, Stuttgart, 1901, p. 371). Cotesti surrogati saranno da porre in relazione coi vari tentativi (cf. sopra, cap. I, p. 12 sg.) fatti per sottrarre la industria e il commercio d'Occidente alla dipendenza della produzione delle miniere asiatiche, dopo la caduta dell'Impero greco.
Torna su(123) Nelle istruzioni mandate dai commissari della Crociata al Tolenti (Dep. gen. d. C. 1464—75, c. 20 A) si raccomandava di stringere l'accordo «per sex, octo, decem annis, et pluribus si fieri potest », e di promettere che la merce si venderebbe al prezzo di quattro libre la carica « et non ultra». Con istrumento del 14 marzo 1468, la Camera aveva stabilito in 1. 3, sol. 15 il prezzo che i Medici di Bruges dovevano esigere per l'allume papale (arch. Vatic. arm. XLIX, to. I, c. 190 A). Pare perciò inesatta l'asserzione del GOTTLOB, p. 298, che il prezzo fissato nella convenzione col duca rappresentava una diminuzione dell'alto costo dell'allume papale venduto per lo innanzi negli Stati di Borgogna.
Torna su(124)  E. VAN BRUYSSEL, Histoire du commerce et de la marine en Belgique, to. II, Bruxelles–Paris, 1863 p. 237
Torna su(125)  Il 27 febbraio 1469 si accreditavano i depositarii della Crociata di duc. 3483, spesi « in consignandis, remensurandis et onerandis in portu Civitevetule cantariis aluminum 44 milia versus Flandriam et Aquam Mortam et alia loca, que in buttis 107, sacchis 9 milibus, suprastantibus sex, salariis et expensis eorum et multis aliis circa hoc necessariis rebus &c.» (Dep. gen. d. C. 1468–72, c. 90 A). Il 24 marzo successivo si ordina il pagamento a Biagio de Lignamine di duc. 221 «expositi in onerandis tribus navigiis missis versus civitatem Burgensem cum cantariis aluminum 21,270» ; le navi sono indicate coi nomi « navis de Agliis », « navis Grimalda » e « triremis mag.ce domine Sabaudiensis » (Dep. gen. cit. c. 92 B ; cf. a c. 91 A, un mandato dei 25 febbraio per duc. I00, in favore di Cristoforo Goffrey « patrono triremis m.ce d.ne Sabaudiensis, portantis alumina s.Crusiate versus Flandriam, quos s.mus d.nus noster eidem Christoforo donari mandat, ultra omnem mercedem et premium pro dicta vestura debitum »). Le tre navi suddette andranno comprese nella spedizione di quarantaquattro mila cantari, di cui sopra. Cf. anche la notizia sui noli, a p. 427, e il doc. VI della nostra Appendice.
Torna su(126)  Cf. il breve di Paolo II, dei 7 febbraio 1471 (arch. Vatic. Brevia, to. 12, C. 92 B), che conferma il sequestro ordinato dal duca, dell'allume forestiero introdotto nelle Fiandre da un mercante catalano, il quale indarno erasi recato a implorarne il ricupero dal papa.
Torna su(127) Cf. i brevi di Paolo II al duca, al vescovo di Tournai e ai grandi dignitari dello Stato borgognone, del 18 febbraio 1471 (arch. Vatic. Brevia, to. 12, c. I00 sg.) nei quali il papa enumera. le varie dilazioni, si lamenta che da ben ventiquattro mesi non si vendano più allumi della Crociata in Fiandra, e annuncia l'invio del De Vincenti, «qui una cum electo Sibinicensi [il De Tolenti, eletto vescovo «di Sebenico] rem aluminis curet» (c. 100 B). Cf. anche GOTTLOB, p. 299.
Torna su(128)  Nei Regesti Vatic. to. 538, cc. 58 B–61 B (21 febbraio 1471).
Torna su(129)  Il commissario aveva facoltà di prendere in consegua le due terze parti dell'allume giacente e di quello che fosse inviato in Fiandra durante il tempo della commissaria (l'altro terzo spettava al Tornabuoni e soci appaltatori, cf. innanzi, p. 405); nella vendita poteva essere ammessa anche la parte degli appaltatori «si illam addere velint vel imponere, ut vera sotietas et apposita conditio predicta, si voluerint, servetur » (Reg. cit. c. 6o A).
Torna su(130) Cf. sopra, p. 393, nota I e Appendice, doc. IX.
Torna su(131)  Il 18 aprile mess. Tomaso trovavasi ancora in Roma; cf. innanzi, p. 408, nota 2.
Torna su(132)  Dep. gen. d. C. 1468-72, c. 105 A (Io sett. 1471): «Solvatis ven. d. Thome de Vincentiis preposito Fanensi, seu Philippo Mar-tello mercatori Fiorentino, pro eo recipienti, duc. a. de c. 400 pro complemento ducator. 600 pro salario unius anni, finituri die .XIII. martii 1472 prox. futuri, ipsi deputato». Ai 4 di luglio si ordinava il pagamento del salario per sei mesi (360 ducati) a Domenico Albergati, chierico della Camera, «cinti commissario &c. in Burgundiam pro negociis aluminum »; Dep. gen. cit. c. II0 B.
Torna su(133)  Dep. gen. d. C. 1468-72, c. 100 B : i cardinali commissari accreditano il 31 ottobre 1471 ai depositari della Crociata 1500 ducati, pagati « infrascriptis superonerariis, pro eorum provisionibus itineris,  missis cum variis navigiis versus Flandriam cum aluminibus s. Cruciate, videlicet :
« Benedicto Bonaparte cum navi de Alliis   duc. auri de cam. .CL.
« Nicolao de Piscia    » » Maripetra » »     »        .C.
«Cosme Martello      » » Squarza   » »     » .    C.
« Francisco Tornaboni » » Ferandína        » »     »    .C.
« Petro Ingheramio » » Sabauda    » »     »    .CL.
« Guillermo Ghucci » » Grimalda    » »     » .   C.
«Petro Tornaboni      » » Burgunda » »     »    .C.
«Hieronymo Rucellai » » Portugallensi » »  »    .C.
« Nicolao Forlivensi cum alia navi Portugallensi »  »     .CL.»
Per la entità dei carichi delle navi adibite al trasporto degli allumi, cf. la nostra Appendice, doc. VII.
Torna su(134) GOTTLOB, 299; cf. MARTÈNE et DURANO, Vet. Script. &c. II, 1520.
Torna su(135)  Cf. G. Vox DER ROPP, Zur Geschichte des Alaunhandels im 15. Jahrhundert, in Hansische Geschichtsblàtter, Jahrg. 1900, p. 191; SIEVEKING, Handlungsbucher cit. p. 53 sg.
Torna su(136)  VAN BRUYSSEL, Histoire du commerce &c. cit. p. 237.
Torna su(137)  Nella bolla di scomunica, del I° ottobre 1507, è detto : «Cum  dil. filii heredes Mariani Chisii, proventium eiusdem Cruciate et r.rum d.rum cardinalium collegii depositarii, quos cure fabbricando «rum eiusmodi aluminum prefecimus, ad partes Flandrie diversis vicibus alumina prefata in maxima quantitate devehi fecissent &e.; iussu, ut dicitur, magni consilii dil. filii nobilis viri comitis Flandrie  [Carlo d'Absburgo, successo al padre Filippo nel 1506] aut aliorum offitialium et presidentium partium illarum &c. ut hostium bona allumina ipsa arrestata fuerunt et deinde &c. impudenter dividi distrahique ceperunt» (arch. Vatic. Rerum diversar. to. 18, c. 323 sg.).
Torna su(138) Il 27 febbraio 1466 si ordina il pagamento «episcopo Lucensi» (Stefano Trenta; vedi EUBEL, Hier. cath. m. aevi, II, 199, e cf. Dep. gen. d. C. 1464-75, cc. I52 B e 154 B), «pro eius subventione, quem s. d. noster mittit in Angliam pro negotiis s. Cruciate» (Dep. gen. d. C. 1468-72, c. 232 B). La bolla delle credenziali (Regesti Vatic. 519, c. 211) ha la stessa data, «.XV. aprilis », di quella per l'inviato al duca di Borgogna. Lo stipendio si doveva pagare in Londra, per mandato dei commissari generali della Crociata del 14 marzo, soltanto a cominciare dal giugno prossimo futuro (Dep. gen. cit. c. 132 B); il 20 genn. 1467 Si autorizzava il pagamento di 132 ducati «ad rationem sterlingorum 49 pro quol. ducato», quale stipendio del mese di ottobre passato (ibid. c. 141 A); l'ultimo mandato (c. 149 B) è del 22 nov. 1467 per duc. 700 « ad bonum computum et in deductionem salarii ».
Torna su(139) Fatti i debiti rapporti con la misura e la moneta d' Inghilterra. Dep. gen. d. C. 1464-75,. c. 20B.
Torna su(140) Cf. sopra, p. 49, nota 2.
Torna su(141)  La notizia di questo contratto (per la somma di 21,000 ducati) si ricava da istrumenti dei 28 giugno e 10 luglio 1469 (Diversor. Cam. to. 34, cc.34-36 coi quali la Camera riconosceva al Cicala il diritto d'indennità per mancata consegna della merce nei termini pattuiti; l'obbligo di risarcimento, da farsi con altrettanta merce, spettava agli appaltatori delle allumiere. Cf. anche sopra, p. 44, nota I e Dep. gen. d. C. 1468-72, c. 83 A.
Torna su(142)  Cf. sopra, p. 390 sgg.
Torna su(143)  RYMER, Foedera &c. inter reges Angliae et alios &c. to. V, parte IV, p. 234: 15 dicembre 1506; è data licenza dal re ad Agostino Chigi di trasportare dalle Fiandre e vendere in Inghilterra 1300 quintali di allume della Crociata. Questo documento, male interpretato, fu invece portato dal VAN BRUYSSEL (Op. Cit. p. 238) come esempio della indipendenza del commercio inglese dal monopolio papale. Il Chigi (cf. innanzi, p. 434) era in quel tempo appaltatore degli allumi tolfetani