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Il sagrestano amato da tutti L'ALLEGRIA UNICA DI «CENCIRINELLA»

Se Vincenzo Bartolini è un fenomeno di bontà, Cencino è simpatia, Cencirinella è addirittura allegria. Allegria che piace, che il Cielo auta, diversamente non stare o qui a parlare di lui, dopo l'avventura dell'occupazione tedesca. Cencino fu investito da un motociclista tedesco col side-car, mentre tornava con la carrozzella, zeppa di fascine per il forno. Fu travolto, e le sue ossa con i suoi muscoli furono raccolte col “capagno». Fu sfigurato, fu disarticolato, in una parola lo scheletro di Cencino non tornò più in squadro. Aveva allora 13 anni. S. Pietro lo aveva respinto e lui più felice che mai dopo la fine guerra, andò a far vita comune con i passionisti, che lo nominarono cuoco e sagrestano, lasciando Tolfa e l'arte di ciabattino appena iniziata con Sesto di Cacarel la.
Da quel tempo Cencirinella riscosse amore e simpatia, perché più buono di lui e servizievole, i padri passionisti non Io potevano trovare su questa terra. Vi restò per quindici anni, poi venne via per trovare un'occupazione più remunerativa con una grossa ditta dove rimase il tempo necessario per acquisire la pensione minima dell'Inps. E trovò anche il tempo, la gioia e la fortuna di trovare una compagna la quale prima di lasciarlo su questo mondo, gli regalò una bambina, oggi giovinetta, che è la sua ragione di vita.
Eccolo allora tornare al suo antico e primo amore: la Chiesa, la sagrestia. Nel frattempo va a scuola di musica e dopo il necessario tirocinio esce con la banda comunale qui, nel suo paese, suonando il trombone tenore. Riprende e allaccia nuove amicizie e simpatie, sprigionando sempre più la sua carica di bontà e di semplicità. S. Egidio, la chiesa parrocchiale diventa la sua casa, le campane il suo secondo strumento musicale, le sue commissioni a Roma, un po' di libertà e di evasione, quando è libero dalle occupazioni parrocchiali.
Tutti gli vogliono bene, tutti scherzano con Cencirinella e lui lì, sempre pronto a ricevere ogni battutta, ogni amenità, ogni scherzo, quasi avesse il mandato di rappresentare la serenità, la docilità la mansuetudine, su questo mondo strano e curioso alla ricerca dei beni materiali, i quali sono necessari, ma che non bastano, per avere la pace nel cuore.
La pace lui ce l'ha e la trasmette con i suoi movimenti sconnessi, con il suo eterno sorriso, come se fosse senza pensieri e magari incapace di pensare. Invece non è così: Bartolini Vincenzo, o Cencino. o Cencirinella, vive pensa e soffre come ogni mortale di questo mondo, con la sola differenza di aver ricevuto una grazia dal Cielo: donare allegramente il perdono a tutti coloro che gli hanno fatto del male, ieri, oggi e magari anche domani.
Quante cose mi ha raccontato, Cencino, fino a scatenare le lacrime dai miei occhi! Non lo sapevo prima d'ora. Credevo che il male e la cattiveria si accanissero contro le persone di rango e importanti invece no: colpisce tutti, buoni e cattivi, belli e brutti, ricchi e poveri, con la sola differenza che quelli semplici e puri come te, so­no refrattari, sanno ridere, sorridere, farsi una bella risata alla barba di tutti e di tutto.
Sempre allegro, Cencino, e trasmetti la tua allegria!